Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query gaetano failla. Ordina per data Mostra tutti i post
Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query gaetano failla. Ordina per data Mostra tutti i post

lunedì 20 settembre 2021

Un’altra realtà è possibile: un narratore dal “fiato cosmico”

Sul libro di racconti di Subhaga Gaetano Failla La casa sul molo di Nantucket  (Ensemble 2018)
 

Recensione di Battista Trapuzzano

Subhaga Gaetano Failla è uno scrittore  singolare, complesso. Sicuramente suggestivo. I suoi racconti raccolti in questo bel libro dal titolo  La casa sul molo di Nantucket  ci aprono davanti il viaggio, l’inizio d’un cammino o d’una astrazione ideale. Dal molo di Nantucket sembra muoversi un’ombra silenziosa e memorabile. È l’ombra avvolgente della letteratura. Da quel luogo reale, da un’isola degli Stati Uniti d’America, erano già partiti due grandi scrittori: Herman Melville e Edgard Allan Poe. Il primo per assecondare i fantasmi  della mente  nella ricerca ossessiva di sé stessi nel nome della Balena Bianca; il secondo per dare luce alle profondità indistinte del mistero, dell’orrore, dell’angoscia ineluttabile che  è dentro  ogni  essere umano.  
Ho voluto fare questa premessa semplicemente per dire che tutto il libro di Failla, dalla prima pagina all’ultima, è intessuto delle medesime trame suggestive, dello stesso clima mutevole e immaginifico. Il “fiato cosmico” che si respira in questi racconti è governato da un’atmosfera metafisica, surreale.  La narrazione è cinematografica, filosofica, favolistica. In questi trentacinque racconti tutto sembra muoversi su due realtà parallele: una onirica che ospita i viandanti del dell’effimero in una nebulosa sospesa tra lo spazio remoto del tempo in espansione;  l’altra terrena, pragmatica che tenta di protegge gli uomini dalla violenza quotidiana dell’indifferenza.
Subhaga Gaetano Failla da sempre, almeno da quando lo conosco, ha fatto della sua vita erratica  una grande scatola colorata dentro cui  sono conservate in gran segreto le felici parole del gioco letterario; le parole festose e seducenti che a lui servono per  raccontare e costruire storie anche impalpabili, a volte infelici, a volte ossessive.  Le sue storie sono una specie di vocabolario minimo delle “circospette” illusioni;  un vocabolario minino dove si può  sfogliare la definizione giusta per ogni sentimento o per ogni  emozione; dove si può facilmente precipitare rischiando di perdere oltre alle tracce la meta, la supponenza del viaggio. Questi racconti sono misteriosi e realistici nello stesso tempo. Le pagine dentro cui si muovono i suoi personaggi sono affollate di luoghi, di persone, di odori, di sospiri, di voci convinte, sonanti che ci aiutano a venir fuori dal labirinto dell’esistenza. La lettura è l’unica forma di vita possibile, sembra dirci Failla. E questo per noi potrebbe essere  il messaggio: usare i  suoi racconti come chiave segreta per passare di là dal muro, di là dal confine che ci separa dal sogno, dall’utopia e dalla nostalgia d’un altro mondo possibile. Il mondo degli angeli lacerati dai miracoli della scrittura, dalle sfere celesti del pensiero, che si congiunge agli spazi affollati del nostro vuoto.
Failla  stesso è come se fosse vissuto da sempre tra le pagine dei libri più belli della  letteratura mondiale. Ne cito qualcuno fra i tanti: le novelle orientali de Le mille e una notte, La foresta incantata di Mary Stewart, Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne, i Quarantanove racconti di Hemingway,  Le menzogne della notte di Bufalino. È come se fra le pagine dei tanti autori da lui amati Failla si fosse costruito il suo rifugio da esule, da spiaggiato della vita ma soltanto per  discutere di linguaggi, di speranza con Bukowski, con Bonaviri,  con Tabucchi, con Kafka, con Borges, con Leopardi.
Ai suoi futuri lettori  vorrei  suggerire che non c’è scrittore più lettore di lui e non c’è lettore più scrittore di lui, in questo esempio che non va mai al di là della compiacenza.
La vocazione ossessiva della scrittura coinvolge forse tutti gli scrittori di storie ma in Failla questa ossessione non è semplicemente suggestiva né tantomeno autoreferenziale né meccanicistica, né  autolesionista. In lui, questo aspetto filosofico,  retorico  della scrittura è  impastato con la materia pulsante della poesia.
Infatti i protagonisti di questi suoi racconti sono soggetti  della sfuggevolezza. Zio Pino elegante, sofferente, straniata apparizione fugace nell’adolescenza dello scrittore; la madre fievole, forse destrutturata che muta espressione col mutare delle parole; il padre, magrissima, nostalgica figura che rema veloce sul mare della tenerezza per condurre in salvo suo figlio,  fuori della realtà ossessa.
Soprattutto ci sono gli “angeli necessari” che ci proteggono: vite del dopo vita  di ritorno dal Paradiso. E quei racconti fulminanti di A casa dove, Il fiato comico, L’odore del fango: ritrovata sostanza poetica nel ricordo d’un altro mondo certo in uno dei numerosi pianeta Terra. E poi  il sentimento forte dell’amicizia; l’amicizia che fa eco e che Failla richiama a sé con un grido lievissimo; quasi un sussurro consegnato fra le braccia di Manu, di Emilio, di Battista, di Giacinto, di Salvatore, di Mimmo. Le sue lezioni astratte d’una vita oltre la vita.
Come ricordavo, bisogna leggere e rileggere questi trentacinque racconti. Ci aiuteranno (mentre il tempo ci ha ridotti carnefici e vittime  delle  paure) a superare le difficoltà e le incomprensioni; ora che alle grida di speranza rispondiamo con il disprezzo delle diversità; ora  che alla conoscenza  reagiamo con  l’ostruzione dell’ignoranza, la letteratura  potrebbe, davvero, strapparci da noi stessi e consegnarci agli altri con meno diffidenza e meno rancore. Tanto questa è  la sola vita che ci è stata data in prova e non ne conosciamo un’altra con cui sostituirla.
Subhaga Gaetano Failla, in questi bellissimi trentacinque racconti, ce ne suggerisce, parallelamente, un’altra di vita: quella dell’immaginazione e della poesia.
Seguiamo il suo consiglio e tutto, come diceva Pascal alla fine della sua esistenza nello straordinario racconto di Failla, ci darà gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia.
 


venerdì 15 gennaio 2010

Su La signora Irma e le nuvole di Subhaga Gaetano Failla


Scritto da Dario Falconi in Malicuvata
Martedì 05 Gennaio 2010

Autore: Subhaga Gaetano Failla
Titolo: La Signora Irma e le nuvole
Edizioni: Fara Editore, Rimini 2007
Pagine: 177


La lettura della raccolta di racconti La Signora Irma e le nuvole (Fara Editore, 2007) di  Subhaga Gaetano Failla ha sortito un insolito effetto sulla mia persona. Una paradossale sensazione di straniamento e sospensione, un afflato di leggerezza surreale, un temprante anelito d’evasione hanno contraddistinto il mio percorso attraverso il libro, conducendomi in limbi onirici distanti dalla contingenza narrativa, violentando la mia volontà raziocinante d’apprendista critico. Credo di non far torto all’autore se ritengo la sua scrittura (sinuosa, colta, musicale) una scrittura che distrae. Un’asserzione del genere non adeguatamente argomentata può sembrare una provocazione o, piuttosto, per i più maliziosi, un’esecrabile offesa. Non è né l’una né l’altra cosa, nel modo più assoluto. Failla declina le sue storie con grazia stilistica e sottigliezza di contenuti muovendosi intorno ad una quotidianità stravolta che s’eleva a scenario sublimante d’una realtà accogliente, poetica emancipazione dalla sconfortante e paludosa evidenza visibile. Lo scrittore deflagra la sua tacita indignazione in una raffigurazione sognante della condizione umana esaltando l’opportunità salvifica d’un universo cognitivo fantastico e visionario. Il lettore viene fagocitato da uno strano sortilegio che è conseguenza di queste intenzioni e si lascia irretire dal flusso calmo, mai caotico, delle parole che disegnano orizzonti d’abbacinante chiarore, offrendo rifugi di sollievo e abbandono. Oasi di riparo dal deserto. “La signora Irma e le nuvole” è lettura che implica un doppio viaggio: uno nell’avvicendarsi vorticoso ed accattivante delle vicende narrate, alcune delle quali memorabili come “Storia vera” e “La pensione”; l’altro in uno spazio altro, intimo, che rimanda a considerazioni personali e a luoghi che, per disattenzione o superficialità, si era disimparato a frequentare.
Ecco, la degna conclusione alla mia vacillante dissertazione. Failla è uno scrittore che distrae dalla distrazione. Invita all’attenzione di frontiere nuove. Che sapremmo e vorremmo sempre percorrere se solo ci accorgessimo della loro esistenza. La signora Irma e le nuvole ci offre mappa e passaporto.
Il resto sta a noi.

lunedì 1 settembre 2014

Cuentame L'onda - Parole scalze a Empoli 5 settembre

Venerdì 5 settembre alle ore 21.15

presso

Cuentame Libreria e Arti Varie

Piazza Farinata degli Uberti 18, 50053 Empoli

Si proverà a raccontare, a raccontare dell’onda che accomunerà lettori e ascoltatori in tarda estate. Tra poesia e prosa Massimiliano Bardotti La Minima Parte), Subhaga Gaetano Failla e Lucia Grassiccia leggono e si leggono
  
Lucia Grassiccia
Subhaga Gaetano Failla 

Massimiliano Bardotti


Bio

Lucia Grassiccia dice: «Da tutti gli anni che ho, mi sfamo di letture e mi disseto di scritture. Sono arteterapeuta e attualmente vivo a Milano ma la mia terra è la Sicilia, e Modica la città che nel 1986 mi riversò sul mondo. Inizio a scrivere articoli per il progetto Hzine, presso l’Accademia di Belle Arti di Catania, e per il quotidiano web Ondaiblea. Collaboro con le testate Artribune e Look Lateral per interrogarmi e interrogare sull’arte. Nel 2013 pubblico il mio primo romanzo ebook, Elevator (Prospero Editore). Non credo nei pettini.» 

Subhaga Gaetano Failla è nato a Scalea (CS) nel 1955. Laureato in Sociologia a Urbino, ha pubblicato saggistica sociologica. Ha fatto parte di gruppi teatrali. Libri di racconti: Logorare i sandali (Aletti 2002), Il coltello e il pane (Aletti 2003), La signora Irma e le nuvole (Fara 2007). Suoi testi sono presenti in numerose riviste e altre pubblicazioni, in e-book, siti online italiani ed esteri e in antologie dei seguenti editori: Perrone, Azimut, Aletti, Morrone, Opposto.net, Historica. Ha pubblicato racconti con Delos Books in diverse antologie e nella rivista WMI. Altri suoi testi con Fara in: 3x2 (con il racconto lungo Il seminario di Vinastra), Lo spirito della poesia, Storie e versi, Salvezza e impegno, Chi scrive ha fede?, Scrittura felice, Letteratura… con i piedi. Poesie nelle antologie in lingua inglese, tradotte in francese e tedesco, Zen poems (Londra, 2002) e Haiku for lovers (Londra, 2003). Ha collaborato con «Orizzonti», con la rivista inglese «Hazy moon» e con il blog Letteratitudine. Collabora con «La Masnada» e i blog di Fara. Vive in Toscana.  Ha appena vinto il concorso Insanamente 2014.

Massimiliano Bardotti cura per la Toscana la “Collana poetica itinerante” di Thauma edizioni. Nel 2011 con Thauma è uscito il suo libro Fra le Gambe della Sopravvivenza (finalista al Premio Mario Luzi, Arezzo Poesia Sergio Manetti, Premio Sulle Orme di Ada Negri, Premio Città di Sassari e Premio di poesia Annuario Giulio Perrone ed., terzo classificato al Premio Città della Spezia e vincitore del Premio città di Manfredonia Re Manfredi). Nel febbraio del 2013 esce Ne abbiamo fin sopra i capelli dell’umano, scritto con Luca Pizzolitto e Serse Cardellini, edito da Thauma nella collana “Poethree”. Il libro è tradotto anche in polacco. Nel mese di maggio 2013 esce A Cieli Aperti (Thauma, “Collana poetica itinerante”). È vicepresidente dell’Associazione Culturale Assenzio, nata con l’intento di divulgare il linguaggio poetico e di contaminarsi con ogni forma d’arte. Con Giacomo Lazzeri (musicista) ha formato il duo La Minima Parte, la poesia che incontra la musica e diviene spettacolo, teatro, concerto.
Ha appena vinto il concorso Insanamente 2014
Web: www.facebook.com/la.parte.3 
  

giovedì 7 giugno 2018

C'è un perdono per gli “scarti umani”?

Subhaga Gaetano Failla: “Poesia dei sacchi e dei cuori freschi”, in  Perdono: dal rancore al ricordo, a cura di A. Ramberti, Fara 2017 

recensione di Vincenzo D'Alessio


Annualmente “i pellegrini della poesia” si recano all’eremo di Fonte Avellana, caro a Dante Alighieri, ai piedi del Monte Catria, nel cuore dell’Apennino umbro/marchigiano, per rispondere all’invito rivolto dall’aedo Alessandro Ramberti sui temi di attualità e di fede.
I poeti a convegno sono tanti e provengono da diverse regioni della nostra penisola: nord-sud-centro, isole, si ritrovano a dialogare nella stessa lingua, ognuno con il proprio background.
Lo scorso anno il tema trattato, riportato poi in un’Antologia curata dall’Editore (2017), era Perdono: dal rancore al ricordo.
L’intervento dello scrittore Subagha Gaetano Failla è certamente singolare e risponde al tema proposto in modo incisivo.
Si parte dall’introduzione dove sono citati le parole del poeta J.L. Borges: “Io non parlo di vendette né di perdoni: la dimenticanza è l’unica vendetta e l’unico perdono.”
Assunta questa premessa lo svolgimento del l’intervento procede attraverso versi brevi, disposti lungo una verticale come una discesa lungo una scala ripida verso l’esito finale, dove il lettore ritrova la coscienza del letterato che trasmette le sue singolari emozioni: “(…) Leggerò i versi simulando una voce sintetica, da robot, per enfatizzare il nostro vivere inconsapevole e automatizzato” (pag. 260).
Il soggetto è un anonimo “povero” alla ricerca nel sacco nero della spazzatura, di “qualcosa” che appaghi la sua dolorosa ricerca.
La ricerca stessa assume l’identità di un videogioco al quale si partecipa oppure si diviene osservatore partecipante( vedi B. Malinowski).
Il dolore portato avanti nell’indifferenza della società civilissima, che non perdona agli ultimi il diritto di essere lì, di vivere per strada ingombrando della loro presenza il fluire veloce della quotidianità, di essere soggetti da eliminare è riportato in questi versi: “(…) Eliminare gli specchi, / please, / e fare silenzio, / non dire, / dimenticarsi, / dimenticare.” (pag. 262).
Forzatamente il perdonarsi di non volere intervenire a mutare il corso degli eventi osservati si trasforma in rancore verso quei soggetti che li procurano: “(…) Oblio / non / io / né / tu / ed / essere qui.” (pag. 263).
Contrapposto al perdono la maschera ironica della società dei consumi che non ricorda (o non vuol ricordare) i danni procurati dallo sfruttamento inesorabile delle risorse naturali e umane del pianeta.
Il poeta gioca con i versi volutamente, sospinto ad interpretare il vuoto sacro del meccanicismo e dello scientismo assoluto, che nulla cede ai deboli: “(…) Corda / che lega / rilega / riunisce/ un / core / universale, / ricordo / ammore / che unisce / universi / e / le pagine / del libro / rilega.” (pag. 264).
Non c
è altra scelta che continuare a mentire a sé stessi e procedere senza voltarsi; correre dietro al vessillo del “fresco” benessere materiale, dove la parola dialettale napoletana “core”, che compare in questa poesia, richiama i versi della rinomata canzone scritta nel 1944 dal notissimo cantautore partenopeo Peppino Fiorelli che il Nostro prende in prestito: “scurdammoce o passato”. 
Il rancore dovuto alla Guerra Civile, allora, si trasformò in volontario ricordo per sedare il dolore degli affetti persi, dei giovani trucidati dei fascisti convinti di uccidere i comunisti/ partigiani: memorabile il film dei fratelli Taviani La notte di San Lorenzo del 1982 ispirato allo stesso periodo, 1944, nelle campagne toscane.
Il perdono si spegne lasciando, però, il segno nero del dolore subìto nei meandri della memoria singola e collettiva. Esercizio non sempre facile, difficile per la violenza insita in ogni essere umano.
Subagha Gaetano Failla dà prova della lunga carriera di scrittore in questa composizione utilizzando metafore intense come “il sacco nero” ( permanere in uno stadio di intenso dolore/mortificazione della carne); “le dita” parte nobile e creativa del corpo umano che rovistano nella spazzatura invece che dedicarsi ad un onesto lavoro; “scegliere” che indica esattamente il contrario dello stadio della propria condizione sociale.
Oltre al dialetto napoletano, l’autore utilizza anche il fonosimbolismo: “(…) e quo e qua e uak!” (pag. 265) scherzando sul verso che la gallina compie nell’emettere l’uovo “fresco di giornata”: paragone dell’incomprensibile esasperazione dell’umana società attuale di rincorrere l’avere ad ogni costo.

lunedì 12 luglio 2021

Elisa Re e Giorgio Massi vincono il Faraexcelsior 2021: i più vivi complimenti!

Grazie di cuore ai giurati Claudio Fraticelli, Maela Bertazzo, Paola Spigarelli, Stefano Martello e Subhaga Gaetano Failla della sezione Romanzo/racconti/saggi del concorso Faraexcelsior 2021 (per la sez. Poesia v. qui) che hanno così deliberato:

I class.

Un fiore per Isabella
di Elisa Re (Macerata)


Elisa Re è nata il 20 gennaio 2004 a San Severino Marche e vive a Macerata con i suoi genitori. Frequenta il quinto anno al Liceo Linguistico Giacomo Leopardi di Macerata. Ha partecipato a due concorsi letterari, “Racconti marchigiani 2019” (che ha vinto ottenendo la pubblicazione di un suo racconto La distanza di un sogno per i tipi di Historica Edizioni), e La Rocca in cui ha vinto nella categoria poesie in inglese con la poesia Far away. Inoltre recentemente la sua poesia Ombre è stata selezionata al concorso internazionale “Parole in Fuga” per una pubblicazione con Aletti Editore prevista per il mese di Ottobre 2021.

«Questo romanzo breve dal bel titolo mi ha molto commosso. È la storia di una donna che decide, dopo molto tempo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, superato il terrore del ricordo e l’atroce e paradossale senso di colpa di essere una sopravvissuta al lager, di narrare in numerosi incontri scolastici eventi storici astratti e impersonali, e infine, durante l’ultimo incontro, quel che è accaduto proprio a lei, a Isabella. Racconta allora la sua storia famigliare, di ebrea italiana a Roma tra gli anni Venti e Quaranta, le persecuzioni razziali, i tentativi pedagogici di una scuola elementare clandestina, l’educazione sentimentale forgiata nell’inferno nazifascista, lo strazio di una scelta disumana, la deportazione in un campo di sterminio, la rinascita dopo la guerra e l’ulteriore rinascita, quando la donna ha ormai 98 anni. La scrittura è lineare e semplice, risultato pregevole di un’ardua composizione. Il lettore si trova quasi inavvertitamente, in un lento e progressivo crescendo emotivo, a essere coinvolto fino alle lacrime dall’atmosfera del romanzo. Un fiore per Isabella è fondamentalmente una storia sulla gratitudine:  “Una, due, tre lacrime percorsero il mio volto, ma mi stupii nel dire ‘Grazie!’. Non so a chi fosse diretto quel ringraziamento, se a Dio, all’Universo o ad altro…» (Subhaga Gaetano Failla)

«Questo racconto è proprio come quel ramoscello di lavanda che Ludovico regalava a Isabella da bambina per calmarla. Ci serve per sapere che tutto si ricomporrà, al di là dei tempi duri, della paura e delle incomprensioni. La storia di questi due fratelli, ben scritta, ci catapulta in tempo di guerra e di discriminazioni, ma, col suo profumo, ci accompagna fino al presente, dove la conciliazione è sempre possibile.» (Paola Spigarelli)

«Il tempo più buio del secolo breve ha posto l’umanità avanti ad incredibili assalti del male, capace di sconvolgere i più profondi legami di fratellanza. Di quel tempo ogni racconto sembra incredibile, eppure è avvenuto.» (Claudio Fraticelli)


II class.

Da galeraaa
di Giorgio Massi (Ascoli Piceno)

 
Giorgio Massi è nato ad Ascoli Piceno nel 1973. Giornalista pubblicista, laurea in Giurisprudenza. Ha portato in stampa, nel 2008, una raccolta di poesie dal titolo Il Sole freddo (Giraldi 2008). Dal 2013 alcuni suoi racconti sono stati pubblicati da Fara Editore: Borgo di piombo (in Opere scelte, 2015), Terraaagònia (secondo classificato al concorso Faraexecelsior e miglior autore locale al Premio Città di Grottammare 2019), Riviera. Invisibile (menzione speciale al concorso Città di Grottammare 2020) e Adele allo specchio (segnalata al Faraexcelsior 2020 e Menzione d’onore al Premio Città di Grottammare ’21). Ha preso parte a diversi progetti culturali e artistici promossi da Enti pubblici in veste di comunicatore istituzionale. Si occupa, attualmente, di tematiche legate all’informazione e alle politiche attive del lavoro. Appassionato di tennis, musica rock, cinema e, ovviamente, di gatti.

«Adoro le pagine di sport soprattutto quando vengono utilizzate come sottofondo di una vita su cui ci si ostina a riflettere. Non necessariamente per trovare una via d'uscita ad un presente deludente. Spesso, solo per comprendere chi siamo, dove stiamo andando e perché.  Il tennis, in questo senso, è lo sport perfetto per decodificare non tanto i nostri obiettivi quanto piuttosto lo stile che adottiamo nel tentativo di raggiungerli. Scritto magistralmente, con parole mai casuali che restituiscono al lettore immediatezza, riflessione e azione. Declamato su di un palco teatrale, andrebbe a ruba.» (Stefano Martello)

«Queste pagine telegrafiche non si possono lasciare in un cassetto. Il loro pregio, al di là di un ottimo stile, è la capacità di sintesi che non significa scrivere poco ma scrivere in modo diverso. L’originalità caratterizza infatti quest’opera. Realistico perché frutto di una pausa obbligatoria, è intriso di ironia e ci strappa non di rado risatine, come quel “Svolazzammo sul campo come foglie obese”. Un plauso all’autore per la capacità di appassionare chi, come me, non conosce nemmeno le regole base di questo sport. È una questione di tennis, ma non solo, e nel mio ruolo di spettatrice attenta, mi sono sentita – in “una serata umida di girasoli”– a modo mio felice, un po’ come la pallina che saltella finalmente in piena libertà.» (Maela Bertazzo)

«Il tempo pandemico trova la sua metafora con la possibilità di riprendere a maneggiare la racchetta da tennis. La ripresa, un training di allenamento, il torpore delle relazioni,  difficoltà, mancanze e affanni trascinati dall’orgoglio della passione di chi non vuol mollare.» (Claudio Fraticelli)


Opere votate

La Città di Dio. Prolegomeni alla nuova dottrina
di Gualtiero Lelli (Roma)

Gualtiero Lelli è nato a Roma, dove abita, il 15 novembre 1971. È stato insegnante supplente per circa dieci anni nella scuola primaria dell’infanzia. Ha pubblicato La linea gialla (Montedit 2019) e la raccolta di racconti La morte è un tonfo secco dall’altra stanza e il rumore di una teiera che si infrange sul pavimento (Montag 2020), Non ricordo nemmeno più che nome abbia (Fara 2020). Web: twitter.com/GualtieroLelli

«Alla base di questo romanzo breve c’è “uno strano libro”, “un insieme di pensieri deliranti”, scritto da un maestro originario della Patagonia, la cui data di nascita non ci è indifferente. Un testo rubato più di una volta, quindi non più disponibile, il cui contenuto viene alla luce grazie a vecchi appunti e alla memoria. Ed è proprio la memoria a giocare un ruolo fondamentale nelle pagine che andremo a leggere. Insieme all’autore e al suo stile impeccabile, intraprenderemo un viaggio diretti a Caeles, la città di Dio. In questo luogo di cui non conosciamo le coordinate geografiche, ma che potremmo collocare ovunque, dobbiamo staccarci da tutto ciò che appartiene al passato e immaginarci cittadini nuovi, con un’unica ragione di vita: il raggiungimento di uno “status di assoluto benessere”. Scopriremo che Caeles è una città circolare, come i “raggi di una ruota”. Qui le persone si muovono obbligatoriamente in senso orario, quasi a rincorrere il tempo. Sono reali o solo ombre? Cosa si nasconde dietro l’ordine ristabilito? E soprattutto quanto è costato il processo rivoluzionario? Ciò che non dobbiamo mai dimenticare è che non esiste un paradiso senza il suo opposto, e anche qui, a Caeles, tutto è orchestrato da entità superiori, non importa se divine o in carne e ossa. Infine, dovremmo guardarci allo specchio, consci che “entrambe le immagini sono reali perché nessuna può esistere senza l’altra”.» (Maela Bertazzo)

«Una distopia labirintica e onirica, una vertigine platonica, dantesca e borgesiana. La Città di Dio. Prolegomeni alla nuova dottrina è inoltre una feroce metafora del nostro oggi e un omaggio alla letteratura e alla filosofia di tutti i tempi. Afferma con disperata amarezza un personaggio di questo romanzo breve dalla struttura complessa: “Se nella parola ‘umanità’ è contenuta l’intera esperienza umana, sin dall’atto simbolico della creazione a questo momento preciso in cui sto scrivendo, essa andrebbe cancellata da questo foglio e dal pianeta”.» (Subhaga Gaetano Failla)  

«Un racconto che si nutre degli echi e dei topoi della grande letteratura (da Tommaso a Borges, Kafka) e sottopone al lettore il catalogo delle presunzioni dell’uomo mascherate in una nuova dottrina.» (Claudio Fraticelli)


Biglietto per la morte e altri racconti
di Sandro Serreri (Nuchis, SS)


Sandro Serreri (1963) vive e lavora in Gallura. È autore della raccolta di poesie Nelle stanze remote (Edizioni Cantagalli 2014) e del romanzo Mio fratello (Albatros 2017). Con Fara ha pubblicato La porta socchiusa (racconti, 2016) e Quel che resta (poesie, II class. al Narrapoetando 2018). Suoi testi sono presenti nei blog narrabilando e farapoesia.

«Racconti legati dai profondi percorsi dell’anima umana, immersi nell’onirico mistero di sogni inesplicati. Occasione di riflessione per una umanità smarrita.» (Claudio Fraticelli)

«Una scrittura lieve ci accompagna in territori con atmosfere surreali, incantamenti favolistici, emozioni infantili, gaie avventure, commoventi storie di formazione e delicati realismi. Questi nove racconti lasciano nel lettore il gusto di una tenerezza mai perduta che può persino ingannare “una brutta e cattiva signora”, come scopriamo in Biglietto per la morte: “La storia che stai per leggere, per l’appunto, è il racconto di uno scherzo fatto da un ragazzino e la sua banda a una brutta e cattiva signora. Questa signora si chiama: Morte”.» (Subhaga Gaetano Failla)

 

Disincanto. Silloge in prosa
di Roberto Morpurgo (Bulgarograsso, CO)


Laureato in filosofia, Roberto Morpurgo ha pubblicato fra l’altro Pregiudizi della libertà I (aforismi, Joker 2006), L’azzurro del mare (poesie, Joker, 2007), El Djablo (racconti, Puntoacapo 2009), Pregiudizi della libertà I-II (aforismi, Puntoacapo 2010). Ha diretto per la scena e per la radio i suoi atti unici Tubor e L’Autoritratto (edito poi in volume da Falsopiano nel 2013 e poi ripubblicato per gli stessi tipi in Tre atti unici, 2018). Al teatro Tordinona di Roma ha allestito e diretto le sue pièces L’Isola (2008), Bogey (2009), L’Appello (2010), Pioggerellina nella stanza (2011), L’Intervista (2012). Ha vinto il concorso La vita in prosa 2012 con il racconto Muette, con il libro Pregiudizi della libertà I-II il Premio Città di Como 2015 e (ex aequo) il Premio Torino in sintesi 2016. Monte Conero è inserito come finalista nell’antologia Racconti Marchigiani (Historica Edizioni 2016). Nel 2018 ha realizzato per il Museo Tattile Omero di Ancona due spettacoli tratti da L’Autoritratto (andati in scena a Fabriano e in Ancona nella sala sperimentale del Teatro delle Muse). Con Fara ha pubblicato in antologia (La forza delle parole 2012 e Scelte vincenti 2013) diverse prose a cavallo tra saggio e racconto e in volume Lodola – insonnie e sortilegi (2017) e Ondinotte (2020).

«L’opera riunisce numerosi piccoli racconti prossimi alla prosa poetica, all’apologo, alla fiaba, al frammento sapienziale, e vicini talvolta anche all’epistolario e a una sorta di oscuro diario intessuto di pudore, come accade più esplicitamente nella parte finale, dove troviamo una fulgida lettera claustrale (Mi giunsero) e mimetiche pagine diaristiche (Diario di un seduttore e Diario di sempre). Gli umori che attraversano i brevi testi sono molteplici: dalla vertiginosa indagine filosofica espressa con logica paradossale e conchiusa in un dubbio supremo, all’ironia, alla profonda tenerezza, al rapimento di un tempo immobile nella sua circolarità. La scrittura, misuratissima, è di inusitata eleganza. Il linguaggio è plasmato in sentieri sonori e lessicali sorprendenti e multiformi. Ognuno può trovare in Disincanto – Silloge in prosa piccole perle narrative in sintonia col proprio personale sentire. Dagli squarci aperti nelle  trame disorientanti giungono bagliori di una luce misteriosa che lasciano il lettore in una sospensione attonita. Può essere indicativo dell’atmosfera enigmatica e di grazia giocosa che pervade l’intera opera il seguente frammento, estratto dalla prosa intitolata La sfera: “Ma cosa so di questo essere? […] Tutto quel che ne so pare dunque ridursi a questo, che io con lui posso giocare”.» (Subhaga Gaetano Failla)

«Questa “silloge in prosa” come la definisce l’autore, è una raccolta preziosa. Un linguaggio colto, raffinato che un po’ intimidisce e ci fa chiedere permesso. Ogni storia è ammantata di poesia e ci troviamo a veleggiare, talvolta sfiorati dalla brezza, altre a lottare contro la tempesta dei sentimenti. Lo stile dell’autore? Lui stesso dice dipende. “Io trovo il linguaggio come trovo o perdo un amico, un ciottolo di fiume o una piuma caduta da un pulcino”. Ci sentiamo anche noi un po’ pulcini e, in silenzio, lasciamo che ci guidi in questo suo zigzagare. Aspettiamo che sia lui a riportarci sul sentiero, dal quale, per un attimo, ci eravamo persi. Attendiamo che “riacciuffi” i suoi attimi, i suoi segreti. È sveglio o sta sognando? Non ha importanza, “In fondo le parole non sono di nessuno: come le nuvole”. Che ruolo ha il tempo in tutto questo? “Non ho mai capito perché tutti noi diciamo ingannare il tempo, quando è così ovvio che è lui a ingannarci con la sua patetica ipnotica sfida a far finta di niente”. Non ci resta che metterci in disparte e, mentre lo lasciamo a guardare dallo spioncino il suo pezzo di cielo, raccogliamo – attenti a non perderne nemmeno una – le sue gemme.» (Maela Bertazzo)

«Pur nella esposizione di prosa, la ricerca poetica domina il testo. Un testo impegnativo per il lettore che si imbatte in dinamiche linguistiche aperte al desiderio del divino.» (Claudio Fraticelli)


Nota di lettura di Claudio Fraticelli

Racconti perduti di Franca Oberti (Cortebrugnatella, PC)


Nata a Genova, vissuta per trent’anni in Brianza, Franca Oberti si è trasferita in montagna, a un’ora dal mar Ligure, tra le valli strette dell’Aveto e del Trebbia. Dopo aver lavorato in diversi ambiti, ha affrontato la politica con la carica di Vice Sindaco per nove anni, mentre scriveva e partecipava a concorsi. In seguito impegnata in Parrocchia, ha continuato a pubblicare e a scrivere articoli per giornali locali. Attualmente Presidente dell’associazione SelvaticaMente di Corte Brugnatella, si occupa di organizzare eventi culturali in estate. Un marito, due figli, una nuora e ora una nipote, un cane e tre gatti, tanti amici in ogni parte del mondo. Vive con precarietà e gratitudine.

«Chi ha passione per lo scrivere non perde i suoi racconti. Piuttosto,  li lascia  sparsi,  in disparte ad attendere il loro tempo. Magari riemergono, così come in questo caso, per assumere le vesti di un “breviario” ove ogni accadimento richiama emozioni di una umanità, anche frugale, ma da raccontare.» (Claudio Fraticelli)

venerdì 29 agosto 2008

Su La signora Irma e le nuvole di Subhaga Gaetano Failla



recensione di Morena Fanti

Una raccolta di racconti da leggere con la giusta lentezza, quella di chi sa dedicarsi all’ascolto delle parole e delle immagini suscitate. Storie che si dividono in frammenti di sogni e in ricordi, in episodi di vita “normale” e sorprendente nello stesso tempo. L’autore si rivela tra le righe, spaziando tra passato e presente, tra cielo e terra, delfini di vetro verde e minestra di zucca. Lo stile e il linguaggio sono asciutti e lineari, ma Subhaga Gaetano Failla sa incantarci con frasi e angoli di pura poesia, con sillabe colorate che indicano i punti dove il lettore deve posare lo sguardo. La natura è molto presente in questo libro, a sottolineare come l’uomo non sia mai indipendente dall’esterno da sé, e a come certe visioni vengano plasmate dal contorno in cui viviamo.
L’atmosfera rarefatta di questi racconti dilata lo spazio in cui vengono vissuti e la narrazione diventa stimolo e pretesto per evidenziare come certi momenti di “nulla” quotidiano, siano altresì momenti in cui posare lo sguardo e puntare l’attenzione.
Frasi che sono poesie. La brevità non penalizza l’elegante scrittura di Failla, anzi la esalta e seduce il lettore: “La strada medioevale sotto casa ha negozi e panchine tra sole e ombra. D’inverno la neve ricopre tutto. Spuntano le teste dei passanti seduti nelle serate estive” e ancora: “Al tramonto il lago ha un occhio increspato. Una striscia di sole ne attraversa l’iride” (da “Otto”, pag. 138).

Penso che questi racconti, scritti in stagioni diverse della mia vita, possano parlare da sé, dialogando con coloro che li leggono. Nelle introduzioni, inoltre, generalmente vi è una eccessiva finzione di verità, si finge che l’autore sia davvero presente. Scrivo queste righe all’aperto, seduto su una panchina, di mattina, al sole, con il mio quaderno azzurro. La primavera è proprio vicina, vedo una magnolia con fiori di mani protese e, in quel campo in discesa, sparsi papaveri lievi di sangue. Talvolta scrivo i miei racconti lasciandomi rapire da visioni: sollevo la penna dal quaderno, chiudo gli occhi e resto in attesa.

L’immagine dell’autore che “scrive” sé stesso e scrive per noi, è già racconto e le parole di Failla ci accompagnano in viaggi visionari, tra valigie e nuvole con cui riempirle, per lasciare in cielo spazio ai sogni.

Vivo come un gatto. Lecco la mano e mi carezzo.

Pereira sosteneva che i propri sogni non vanno raccontati o svelati. La signora Irma tuttavia ha voluto narrarmi il sogno di questa notte e mi ha dato il permesso di raccontarlo a mia volta. […] L’indomani la signora Irma è in partenza. C’è la valigia da preparare… vuole lasciarci con una sua poesia:

Mi sfugge, vola al tuo sorriso un bacio sulle dita.

28 agosto 2008

giovedì 10 dicembre 2009

Su La signora Irma e le nuvole di Subhaga Gaetano Failla

recensione di Marco Scalabrino



Alessandro Ramberti e la sua casa di edizione FARA, in Santarcangelo di Romagna (RN), hanno messo a segno, negli anni recenti, parecchi ottimi colpi; ricordiamo, solo a mo’ di esempio, la pubblicazione dei lavori di Chiara De Luca, di Narda Fattori, di Antonietta Gnerre, di Antonella Pizzo.
Da tempo ero pure a conoscenza della pubblicazione del volume di racconti di Subhaga Gaetano Failla, La signora Irma e le nuvole, del 2007, ne avevo letto in RETE positivi commenti, ma non avevo ancora avuto l’opportunità di leggere il libro.
Tra quelli, Morena Fanti: «Una raccolta di racconti da leggere con la giusta lentezza, quella di chi sa dedicarsi all’ascolto delle parole e delle immagini. Storie che si dividono in frammenti di sogni e in ricordi, in episodi della vita normale e sorprendente nello stesso tempo. L’atmosfera rarefatta dilata lo spazio in cui vengono vissuti e la narrazione diventa stimolo e pretesto per evidenziare come certi momenti di “nulla” quotidiano siano altresì momenti in cui posare lo sguardo e puntare l’attenzione»; Annalisa Macchia: «Spesso calati in misteriose atmosfere, agili, privi di qualsiasi orpello letterario, questi testi rivelano l’amore per una prosa asciutta e dinamica. Non mancano spunti per riconoscere i maestri: Edgar Allan Poe, il cui fantasma fa capolino in ambientazioni ricche di suspence e ai confini della realtà, certe sfumature fantastiche e surreali [che] richiamano alla mente la prosa di Buzzati o le pagine di Borges, e altri infiniti autori che, dopo essere stati letti, amati, assimilati, si sono abilmente intrecciati alla prosa di Failla. Barriere tra sogno e realtà sono magistralmente abolite, anche quando la storia è ben ancorata a terrestri vicende e il tempo si configura come un indefinibile flusso di emozioni, fantasie e ricordi; Salvo Zappulla: «Misteriose atmosfere dove la tirannia del tempo viene annullata; simbologie che giocano con gli equilibrismi dell’immaginazione; una finezza stilistica che tende al magico realismo, al paradosso esistenziale. Failla è uno che ha letto molto, ha scandagliato gli incubi di Poe, ha metabolizzato i voli pindarici di Calvino, i sogni visionari di Borges.»
Osservazioni ampiamente sottoscrivibili; e dunque non mi pare il caso di insistere su tali salienti tematiche, quanto piuttosto di provarmi a proporre, benché succintamente, qualche ulteriore tratto dell’opera, a partire da un passo del racconto DI FOGLIE VERDI che sembra messo lì apposta per compendiare la stessa e che, con un atto di destrezza, volgo a nostro vantaggio: «il tentativo di riunire frammenti disordinati per comporre un’unica comprensibile logica esistenza.»
Nei tre principali ceppi che ritengo di scorgere in questo lavoro:
1. l’ottimo italiano, aspetto da non dare più per scontato di questi tempi;
2. le “lunghe” propedeutiche letture, ben testimoniate dalle molteplici citazioni/evocazioni di autori quali Tabucchi, Lovecraft, Poe, Molière, Hugo, Corneille, Bufalino, Dostoevskij;
3. il “progetto” di una propria originalità, da sostanziare oltre quanto detto altresì nella forma, in cui spicca DUE MINUTI e nella quale anche TREGUA DI NATALE e OTTO si distinguono, si innestano la partecipazione (sia alla storia che) alla attualità, «Grande Lazio: uno a zero. Quest’anno mettiamo a posto le pensioni. Non ti preoccupare, non ho l’AIDS e non ho più voglia di eroina», la propensione alla liricità, sotto forma di una sorta di haiku, della recita in sogno dell’idillio L’INFINITO di Giacomo Leopardi, del libro di poesie di William Blake posto sul comodino, eccetera, la soundtrack sulle note dei cari, gloriosi vinili dei Tangerine Dream e dei Jefferson Airplane, la amara/esilarante “penna” come nel passaggio: «Ho un fratello. Quando gli telefono, lui risponde “Pronto” e alla mia voce ripete ancora “Pronto! Pronto!” per alcuni secondi, poi riattacca.»


Dicembre 2009

venerdì 6 luglio 2007

Su La signora Irma e le nuvole di Subhaga Gaetano Failla


recensione di Annalisa Macchia su L(')abile traccia

Quest’ultimo libro di racconti di Subhaga Gaetano Failla, elegantemente realizzato in dimensioni ridotte e con la stampa raffinata di Fara Editore, si presenta con un’enigmatica copertina disseminata di nuvole, dove campeggia il disegno di una valigia e dove il titolo La signora Irma e le nuvole, tratto da uno dei ventotto racconti della raccolta, è in perfetta sintonia con le belle grafiche di Elvira Pagliuca.
Spesso calati in misteriose atmosfere, ma freschi, agili, privi di qualsiasi orpello letterario tendente ad appesantire la scrittura, questi testi rivelano l’amore per una prosa asciutta e dinamica, come testimoniano le numerose, rapide, ma non per questo meno incisive, descrizioni di una natura osservata sempre con amore. Il dialogo che caratterizza i personaggi è essenziale e allo stesso tempo fluido; tipico di certa letteratura americana che deve avere particolarmente inciso nella formazione di Failla.
Non mancano, però, spunti per riconoscere anche altri grandi maestri, il cui sapiente contributo si avverte in questa raffinata e personalissima maniera di narrare. Edgar Allan Poe, in particolare, il cui fantasma fa capolino in ambientazioni ricche di suspense e ai confini con la realtà. Certe sfumature fantastiche e surreali richiamano alla mente anche la prosa di Buzzati o le splendide pagine di Borges ed altri infiniti autori che, silenziosamente, dopo essere stati letti, amati, assimilati, si sono abilmente intrecciati alla prosa di Failla, senza dubbio un appassionato ed eclettico lettore. D’altronde, non ci può essere scrittore, credo, se prima non c’è stato un accanito lettore.
Ci si rende presto conto che in questi racconti i comuni “confini terreni” non hanno significato. Barriere tra sogno e realtà sono magistralmente abolite, anche quando la storia è ben ancorata a terrestri vicende e il tempo si configura come un indefinibile flusso tra emozione ed emozione, fantasie e ricordi. I tuffi nel “passato”, nell’“infanzia” sono frequenti, ma sempre intrecciati ad un avvenimento presente e, comunque, inscindibili dall’uomo che racconta. (…)

Il resto della recensione qui e qui

lunedì 23 settembre 2019

Parole Scalze - Reading a tre voci con Bardotti, Failla, Grassiccia


Torna l'appuntamento con Parole Scalze, il reading a più voci organizzato dal poeta Massimiliano Bardotti, e dagli scrittori Lucia Grassiccia e Subhaga Gaetano Failla, in quest'occasione presso la libreria Cuentame di Empoli (tutti i dettagli su luogo e ora sono indicati nella locandina).

Nude parole vi (in)vestiranno. Un reading dove la voce è poesia, la voce è prosa, la voce è racconto.
Con estratti da: La rivoluzione dei tarli (Prospero), romanzo di Lucia Grassiccia; La casa sul molo di Nantucket (Ensemble), racconti di Subhaga Gaetano Failla; Diario segreto di un uomo qualunque, appunti spirituali (Tau), di Massimiliano Bardotti.

Un appuntamento imperdibile per chi ama i libri, la poesia, i racconti, la lettura ad alta voce, il mistero, la bellezza.
Ma soprattutto imperdibile per chi proprio non li sopporta! Si può mai sapere, sia la volta buona che cambia idea...

Previste, durante la serata, brevi esecuzioni al violoncello.

 

lunedì 22 settembre 2008

La signora Irma in VDBD


La bella recensione di Morena Fanti alla raccolta di raccaontidi Subhaga Gaetano Failla è stata ripresa e commenta in VDBD

Una raccolta di racconti da leggere con la giusta lentezza, quella di chi sa dedicarsi all’ascolto delle parole e delle immagini suscitate. Storie che si dividono in frammenti di sogni e in ricordi, in episodi di vita “normale” e sorprendente nello stesso tempo. L’autore si rivela tra le righe, spaziando tra passato e presente, tra cielo e terra, delfini di vetro verde e minestra di zucca. Lo stile e il linguaggio sono asciutti e lineari, ma Subhaga Gaetano Failla sa incantarci con frasi e angoli di pura poesia, con sillabe colorate che indicano i punti dove il lettore deve posare lo sguardo. La natura è molto presente in questo libro, a sottolineare come l’uomo non sia mai indipendente dall’esterno da sé, e a come certe visioni vengano plasmate dal contorno in cui viviamo. (…)



martedì 18 agosto 2020

Vivere l'abbandono – Trento 23-25 ottobre 2020

Con Massimo Parolini, che stando a Trento è in contatto con la Mariapoli e si farà carico di tutti gli aspetti logistici e non solo, siamo partiti con la kermesse di ottobre. Il tema è bellissimo. 

Video della kermesse (grazie di cuore a Beatrice Ballarini del Centro Mariapoli)


Venerdì 23 ottobre 2020: interventi di João Manoel Motta, Luisa Gretter Adamoli, Subhaga Gaetano Failla, Gianpaolo Anderlini, Alessandro Ramberti, Massimo Parolini, Gianni Criveller, Giuseppe Bucco, Adalgisa Zanotto, Salvatore Ritrovato

Sabato 24 ottobre 2020
prima parte: Eleonora Rimolo, Massimiliano Bardotti, Gregorio Iacopini, Adalgisa Zanotto, Nino Di Paolo, Gianfranco Mattera, Claudio Tugnoli

seconda parte: Anna Maria Ercilli, Alberto Folgheraiter, Daniele Pigato (interpretato da Massimo Parolini), conclusioni di João Manoel Motta

Potete scaricare il fogliettone con le note degli autori qui FogliettoneAbbandono.pdf


Vivere l’abbandono a Trento
23-25 ottobre 2020
 
“Vivere l’abbandono”. A tutti capita di sentirsi abbandonati o di abbandonare situazioni o persone di cui non riusciamo a reggere il peso. Ci può essere anche un abbandono inteso come affidamento a chi ci ama, a persone di cui ci fidiamo, per chi crede, all’abbraccio del Padre, all’intercessione di Maria o di un santo… Ci si può abbandonare anche artisticamente alla poesia, all’ispirazione, alla fantasia, al flusso del proprio inconscio… insomma ci sono vari modi di vivere i momenti di abbandono e la vita è certo un percorso di preparazione anche in questo senso. Come sempre la kermesse è aperta a chiunque desidera ascoltare e ascoltarsi, credente o non credente, agnostico e scettico, e offre ai partecipanti la possibilità di interpretare il tema in libertà in un massimo di 20 minuti per dare spazio a tutti (se ne possono utilizzare anche molti di meno) con una testimonianza, una piccola performance, un reading poetico, un racconto, un’opera d’arte, un mini-laboratorio. 
 

VIVERE L’ABBANDONO
MARIAPOLI DI CADINE (TN)

centenariolubichtrento.it centromariapolitrento.it

Venerdì 23 ottobre 2020 p.m.

Sigla Centenario 14.25-14.30

14.30 Gesù abbandonato > João Manoel Motta, nato il 31 aprile 1947 a São Paulo, è focolarino da 49 anni. Filosofo e teologo, per 32 anni è stato redattore e poi direttore dell’editrice brasiliana di Città Nuova. Giornalista e editore è laureato in Comunicazione Sociale e in Filosofia; Bacca-laureato in Teologia; PhD in Scienze della Religione, all’Universidade Catolica di São Paulo (2003). È Co-responsabile del Centro Chiara Lubich presso il Centro Internazionale del Movimento dei Focolari, Rocca di Papa (RM).

15.00 L’invito > Nata a Trento, Luisa Gretter Adamoli ha trascorso la sua infanzia nel sobborgo di Romagnano, trasferendosi poi nel capoluogo trentino; ora risiede a Martignano. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie presso la facoltà di Magistero dell’Università di Padova. È stata per vent’anni insegnante elementare. Appassionata da sempre di scrittura, arte e storia, scrive sia in prosa sia in poesia e per la sua attività letteraria ha conseguito numerosi premi a livello regionale e nazionale. Sue poesie e racconti sono stati trasmessi dalle sedi RAI di Trento e di Bolzano e da emittenti private; pubblicati in varie antologie, alcuni suoi testi sono stati tradotti in lingua tedesca. Fa parte del gruppo “Cenacolo trentino di cultura dialettale” diretto da Elio Fox e del direttivo dell’associazione “Pro Cultura” di Trento. Ha collaborato con il periodico UCT di Trento. È autrice di romanzi, biografie e studi storico-artistici.

15.20 Valigie > Subhaga Gaetano Failla è nato sul pianeta Terra, dove attualmente abita. Ha pubblicato narrativa, poesia e saggistica, in italiano e altre lingue. Con Fara: Il seminario di Vinastra (in 3x2), La signora Irma e le nuvole e numerosi testi in volumi collettivi. Con Aletti: Logorare i sandali e Il coltello e il pane. Con Ensemble: La casa sul molo di Nantucket e Il sogno di Opale . Altri testi sono apparsi su riviste e con Delos Books, Perrone, Historica, ecc., e trasmessi da Rai Radio. Poesie in inglese, poi tradotte in francese e tedesco, in Zen Poems e Haiku for lovers. Con Routledge: un racconto su Pascal e un articolo su Pasolini. Ha intervistato Paolo Poli, Mario Rigoni Stern, Giuseppe Bonaviri, Roberto Amato, Suad Amiry. Ha collaborato con la rivista inglese Hazy Moon The Zen Review, con la rivista Orizzonti e il blog Letteratitudine. Ha fatto parte di gruppi teatrali. Collabora con la rivista La Masnada e partecipa ad azioni letterarie teatralizzate. Recenti un suo racconto in A tu per tu (Fara 2020) Congiunti (Ensamble 2020) e l'articolo introduttivo al volume Respiro (Fara 2020).

15.40 L'abbandono in Dio. La via della tradizione chassidica > Gianpaolo Anderlini si dedica da quarant’anni a studi sull’ebraismo e ha focalizzato il suo interesse sull’interpretazione ebraica dei Salmi. È redattore della rivista QOL che si occupa del dialogo ebraico-cristiano. Tra i libri pubblicati: Parole di vita(Giuntina 2009), Ebraismo (EMI 2012), I quindici gradini. Un commento ai Salmi 120-134 (Giuntina 2012), Per favore non portateli ad Auschwitz (Wingsbert 2015), Qabbalàt Shabbàt. Meditazione sui salmi del Sabato (Aliberti 2017). Con Fara: Giobbe. Opera in versi (2018), Distopie (2020), Versi di/versi. Diario poetico ai tempi del Coronavirus (2020). 

16.00 L'abbandono “sospeso” in una poesia di J.L. Borges > Alessandro Ramberti (Santarcangelo di R., 1960) laureato in Lingue orientali a Venezia, ha vinto una borsa (1984-85) per l’Università Fudan di Shanghai. Nel 1988 consegue a Los Angeles il Master in Linguistica presso l’UCLA e nel 1993 il dottorato in Linguistica presso l’Università Roma Tre. Ha pubblicato in prosa: Racconti su un chicco di riso (Pisa, Tacchi 1991) e La simmetria imperfetta con lo pseudonimo di Johan Thor Johansson (1996). In poesia: In cerca (2004), Pietrisco (2006), Sotto il sole (sopra il cielo) (2012), Orme intangibili (2015), Al largo (2017). Con l’Arca Felice di Salerno ha pubblicato la plaquette Inoltramenti (2009) e tradotto 4 poesie di Du Fu: Paese in pezzi? I monti e i fiumi reggono (2011). Con la poesia Il saio di Francesco ha vinto il Pennino d’oro al Concorso Enrico Zorzi 2017. Nel 2019 è uscita la raccolta Vecchio e nuovo. Ultima raccolta Faglia (giugno 2020).

16.20 Giuseppe, il Pascoli abbandonato > Massimo Parolini, laureato in Antropologia filosofica all’Università Ca’ Foscaridi Venezia, è stato addetto stampa del Centro Universitario Teatrale di Venezia (fondato da Gaber) per il quale ha scritto e rappresentato le commedie Il medico della peste e Svevo e Joyce. Con le poesie Non più martire in assenza d’ali ha vinto il Premio Speciale al Concorso “S. Marco-Città di Venezia”. Come giornalista ha collaborato alle pagine culturali di vari quotidiani. Dal 1997 insegna italiano e storia nelle scuole superiori. Nel 2015 esce La via cava (LietoColle), I al Concorso Nestore di Savona 2016 e II premio al Giovanni Pascoli-L’Ora di Barga 2017. Ha dedicato un poemetto a Gloria e Marco, i due giovani morti nell’incendio della Grenfell Tower. Nel 2018 pubblica con Lieto Colle #(non)piove, dedicato a D’Annunzio e alla Duse. Nel 2019 collabora con l’artista Giuliano Orsingher ad E-VENTO scrivendo il poemetto Lamento per lo schianto. Nel 2019 è stato selezionato al Premio Pagliarani con L’ora di Pascoli poi edito nel 2020 da Fara. Sempre con Fara ha pubblicato la raccolta di racconti Cerette vincitori al concorso Narrapoetando 2020.

16.40 Edith Stein scrive al papa > Gianni Criveller (Treviso, 1961), dal 1991 al 2017 è vissuto e ha insegnato a Hong Kong, Taiwan, Macao e Cina popolare. Sinologo, storico e teologo, insegna, ricerca e scrive di Cina, teologia, storia, letteratura e cristianesimo. È specializzato nella missione gesuitica in Cina, in Matteo Ricci e nella controversia dei riti cinesi. Tra i suoi titoli italiani: Vita del Maestro Ricci, Xitai del Grande Occidente (Brescia, 2010); Matteo Ricci, missione e ragione (Milano, 2010); Fede e culture nell’attualità cinese (Varese, 2019). Dal 2017 è preside dello Studio Teologico Internazionale del PIME di Monza (affiliato alla Pontificia Università Urbaniana). Ha recensito opere di poeti e scrittori contemporanei. Ha scritto su e tradotto in cinese opere di Primo Mazzolari e Lorenzo Milani. Ha scritto saggi su Maria Maddalena, Etty Hillesum, Simone Weil, Edith Stein, Sophie Scholl e Grazia Deledda, Francesco Guccini (in Respiro, Fara 2020).

17.00 Separazioni > Adalgisa Zanotto vive a Marostica (VI). Suoi racconti e poesie sono inseriti in diverse opere collettanee nate dalle kermesse fariane. Ha ricevuto vari riconoscimenti con Fara ha vintoil concorso Rapida.mente 2015 (sez. Racconto) con pubblicazione nella omonima antologia. Nel 2016 dà alle stampe la raccolta di racconti Celestina. Seconda al concorso Versi con-giurati, ha ricevuto la pubblicazione premio di Sussurri e respiri (2017) contenente la plaquette Scendo piano di Edoardo Gazzoni. Nel 2018 ha pubblicato l’opera poetica D’ora in poi (Menzione d’onore al Premio Montano 2018 e Menzione di merito al Premio Di Liegro 2019) con la Prefazione di Gianni Criveller premiata al Città di Forlì 2019. È inserita in Respiro (Fara 2020).

17.20 Impronte lungo la strada > Giuseppe Bucco è nato a Marostica (VI) è là vive con la sua famiglia, grato alle colline, ai ciliegi e agli ulivi. Dice di essere un artigiano, mentre in tanti lo definiscono un designer. Ha avuto prova di aver il dono della creatività e di fatto si ritiene fortunato perché gli piace il suo lavoro e mai lo cambierebbe. Ama creare opere dalle inconfondibili linee pulite, che possano comunicare emozioni e passione per la vita, armonia e libertà. Libertà anche nel limite. È inserito in varei opere collettanee come Preghiera (e… (2016), Perdono: dal rancore al ricordo (2017), La responsabilità delle parole (2018), Distanze (2018).


17.40-10.00 Saluti conclusivi degli oganizzatori nel Centenario di Chiara Lubich centrochiaralubich.org/it

 


Sabato 24 ottobre mattina

9.00 Sigla Centenario

9.05 Saluti Massimo Parolini

9.10 Che cos’è l'abbandono > Eleonora Rimolo (Salerno, 1991) è Dottore di Ricerca in Studi Letterari presso l’Università di Salerno. In poesia ha pubblicato: La resa dei giorni (Alter Ego, 2015 – Premio Giovani Europa in Versi), Temeraria gioia (Ladolfi, 2017 – Premio Pascoli “L’ora di Barga”, Premio Civetta di Minerva) e La terra originale (pordenonelegge – Lietocolle, 2018 – Premio Achille Marazza, Premio “I poeti di vent'anni. Premio Pordenonelegge Poesia”, Premio Minturnae). Con Giovanni Ibello ha curato Abitare la parola. Poeti nati negli anni '90 (Ladolfi 2019). Con alcuni inediti ha vinto il Primo Premio “Ossi di seppia” (Taggia, 2017) e il Primo Premio Poesia “Città di Conza” (Conza, 2018). È Direttore per la sezione online della rivista Atelier. È Direttore delle collane di poesia Letture Meridiane ed Aeclanum per la Delta3 edizioni.

9.30 Abbandonarsi al bello e al bene > Massimiliano Bardotti (1976), poeta e attore, presidente dell’associazione Sguardo e Sogno fondata da Paola Lucarini. Tra i suoi libri: Il Dio che ho incontrato (Ed. Nerbini 2017); I dettagli minori (Fara 2018); Diario segreto di un uomo qualunque, appunti spirituali (Tau 2019, recensito da Elena Buia Rutt sull’Osservatore Romano ). Dal 2014 propone a Empoli, Prato e nella sua Castelfiorentino il corso di scrittura “Cut-up”. Nel 2017 fonda la Scuola di scrittura “La poesia è di tutti”. Dal 2018 conduce L’infinito, la poesia come sguardo ciclo di incontri con poeti contemporanei al san Leonardo al palco di Prato. L'intervento viene presentato assieme a Gregorio Iacopini
(Poggibonsi, 1996) cresciuto a Castelfiorentino. Studente di Filosofia all’Università di Pisa, amante della poesia, frequenta la Scuola di Poesia “La poesia è di tutti” partecipando a varie letture pubbliche in Toscana. Nel luglio 2019 interviene alla kermesse avellanita
La via proponendo un dialogo poetico scritto con Massimiliano Bardotti dal quale nasce Il colore dei ciliegi da febbraio a maggio (Fara 2020). È inserito in Respiro (Fara 2020).

 

10.00 Un abbandono dietro l'altro > Nicola (Nino) Di Paolo, impiegato comunale a Pero, paese alle porte di Milano, animatore di iniziative letterarie prima come bibliotecario, ora come membro della Proloco, ha pubblicato con Fara, nel 2007 e nel 2008, due libri di narrativa: Anno Santo 1975. Da Milano a Roma a piedi e Il primato della pietà. Nel 2012, con Montedit, ha presentato il saggio in versi Anteprima della Stoffa dell’Universo. È presente in numerose antologie, frutto delle kermesse fariane. Nel 2018, insieme ad altri otto coetanei, ha pubblicato con Sensibili alle Foglie il libro Zaré, narrazione dell’adolescenza loro e dell’amico Walter Pezzoli, ucciso nel 1980. Nel 2019 è uscita con Fara La stoffa dell’universo.

 

10.20 La voce dei bambini 

> Gianfranco Mattera (Ischia 1975), ha vinto il primo premio del concorso di racconti inediti Grenzen Frontiere (2013). Ha pubblicato la raccolta di racconti Anna e i Burattini (Curcu e Genovese 2014), il romanzo di formazione I Fiori di Parigi (Alpha Beta Verlag 2016), il libro Brutte Storie Bella Gente (San Paolo 2018) vincitore del premio della critica al concorso internazionale Gian Antonio Cibotto (2019) e il romanzo a due voci Le due madri storia di una bambina in affido (San Paolo 2020). Nel settore sociale vanta una ventennale esperienza professionale come educatore ed assistente sociale. Ha lavorato in vari enti pubblici del Trentino dove attualmente risiede.

10.40 La contraddizione dell’abbandono > Claudio Tugnoli (Budrio, 1953), già docente di Filosofia e Storia nei Licei, è Professore Associato in Filosofia Morale dal 2005, confermata dall’Abilitazione Scientifica Nazionale nel 2014. In servizio presso l’IPRASE del Trentino nel periodo 1999-2003, ha curato una dozzina di pubblicazioni che documentano l’attività di formazione e aggiornamento dell’Istituto. Accademico degli Agiati, membro del comitato scientifico di ASES (Associazione di Studi Emanuele Severino) dal 2017, segretario della rivista Rosmini Studies, membro del Comitato scientifico del Centro Rosmini presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, presidente dell’Associazione Culturale “A. Rosmini” di Trento, tiene lezioni e seminari su logica ed etica dell’argomentazione presso il Dipartimento di Sociologia dell’Ateneo trentino. Collabora con le riviste: Dialegesthai, Filosofia e Teologia, Open Journal of Philosophy, Philosophy Study, Per la filosofia, QuiLibri. È autore di alcune decine di saggi, curatele e traduzioni (da tedesco, francese e inglese), nonché di numerosi articoli e recensioni critiche dedicati ad argomenti di filosofia morale, filosofia della religione e antropologia filosofica. Tra le ultime pubblicazioni: Il confine invisibile, Il Faro editore, Trento 2019; Filosofia del dilemma, Mimesis, Milano 2019; Filosofia del tempo e significato della storia, Tangram edizioni, Trento 2020.

11.00 I giorni del silenzio > Anna Maria Ercilli, è nata a Trento dove tuttora risiede con la famiglia. Soggiorna per alcuni anni in Liguria per lavoro e studio. Per un breve periodo lavora come impiegata. Riprende gli studi e si occupa nel Servizio Sanitario. Opera in varie associazioni culturali e nel volontariato. Pubblicazioni: Abbraccio,1983; Il dono inquieto, 1985; Piccole lame 1990; Dall’aria, alla terra, all’oblio, 1996; La porta di Tàriso, 2004; La stanza del colore provvisorio, 2013; Orlo blu, 2018. Antologie: La poesia nel Trentino-Alto Adige, Forum/Quinta generazione, 1988; Donne in poesia U.C.T. 1990; Controparole, Arca 1993; La conservazione dell’oggetto poetico, Laboratorio delle Arti 1996; La parola convocata, Laboratorio delle Arti 1998; Poesia in azione, Milanocosa 2002; Navigando nelle parole, Il Filo 2003; Hospite, Nicolodi 2004; Rane, quaderni di Correnti 2004; L’uomo, il pesce e l’elefante, quaderni di Correnti 2007; Con gli occhi di un cane, edizione Akkuaria 2007; E tuttavia ti cerco, Ancora 2008; d’Acqua è il mio nome, Akkuaria 2008; Viaggi diVersi, Assessorato alla Cultura Prov. Autonoma Trento 2010; Nelle pagine del tempo, EmmeTi 2011; Diario collettivo, Lua 2013, L’evoluzione delle forme poetiche, Kairòs 2013; Le stagioni per posta, a cura Circolo di scrittura autobiografica a distanza, Equinozi 2014,; iPoet, LietoColle 2018; Una lettera importante, Lua, Equinozi 2019; Quella volta, su un treno, Lua, Equinozi 2020. Riviste: Ghibli, Malvagia, R§S, Il Cristallo, Il Comunale, Poliscritture, La Mosca di Milano (2005, 2007), Il Monte Analogo (2009), Il furore dei libri, La Clessidra 2016. Collabora con la rivista R&S.

11.20 Il taglio delle radici > Nato a Trento il 27 settembre 1952, Alberto Folgheraiter – studi classici (liceo “Prati” e facoltà di Lettere Storia) – è giornalista professionista dal 1971. Ha svolto le mansioni di redattore presso il settimanale diocesano Vita Trentina, il quotidiano di Venezia Il Gazzettino e, dal 1979, presso la sede di Trento della RAI. Nella redazione trentina del telegiornale regionale ha svolto le mansioni di caposervizio e, successivamente, di vicecaporedattore. Ha curato servizi e collegamenti con le testate nazionali della RAI, per le quali è stato pure inviato in Africa e in America Latina. Nel 2007 è diventato Capostruttura Responsabile dei Programmi della sede regionale della RAI. Per quindici anni ha fatto il corrispondente dal Trentino-Alto Adige per il settimanale Famiglia Cristiana di Milano (1975-1990). Fra le sue pubblicazioni (che hanno ricevuto svariati riconoscimenti) ricordiamo: I santuari del Trentino (la devozione e la religiosità popolare di una comunità di montagna) 1998; La collera di Dio (sulle epidemie di colera nell’Ottocento trentino) 1992; I Dannati della Peste (sulle pandemie che in tre secoli devastarono villaggi e popolazioni) 1994; I Custodi del silenzio (la storia degli eremiti del Trentino) 1997, 2 volumi; I Sentieri dell’Infinito (storia dei santuari della regione Trentino-Alto Adige) 1999, due edizioni; I villaggi dai camini spenti (2 volumi, 2011 e 2013) I villaggi dai rami di rovo (3. vol. della serie I Villaggi, 2015). In preparazione: Il pane della vita, il sale della terra (riti e tradizioni del mondo contadino).

11.40 L'abban-dono nella malattia > Daniele Pigato (interpretato da Massimo Parolini). Daniele Pigato è Dottore di ricerca in fisica, attualmente collaboratore di ricerca presso il dipartimento di Fisica del Politecnico di Torino. Si occupa principalmente di fisica delle alte energie ed astrofisica. È coautore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali su riviste di settore (oltre 20) e direttore dell’Osservatorio astronomico biellese (OaBi). Si occupa anche di didattica e negli anni ha tenuto numerose conferenze presso scuole e istituti di ogni ordine e grado.

11.55 Intervento conclusivo di João Manoel Motta

12.05-12.15 Saluti conclusivi di Massimo Parolini e Alessandro Ramberti e Sigla del Centenario

Grazie di cuore al Centro Mariapoli Chiara Lubich per l’ospitalità.