Prefazione di Rita M. Astolfi e Guido Lucchini
Postfazione di Alessandro Ramberti
Collana Sia cosa che
Poesia
ISBN 9788895139609
Prezzo € 10,00
Pace
Scorta appena tra i filari delle viti
intravista nei grappoli succosi
che mi porgi con le dita
e di cui gravi la mia mano
piena di tutto ciò che è
niente.
…
Le foglie di novembre
Vivo solo di parole
aria e fumo
son le foglie di novembre
sui marciapiedi colorati
dell’autunno.
…
Nebbia
I miei occhi respirano nebbia a pieni polmoni
con tutto il fiato che la bicicletta
mi lascia.
…
Che un poeta veda diversamente dagli altri è più che mai ovvio, perché l’osservazione in lui non è mai fine a sé stessa, ma è l’inizio di un processo di spesso inconscia ricerca dentro di sé. È così che in poche parole giunge l’immagine dell’autunno, venata da una malinconia propria dell’incedere di questa stagione, oppure il velo lattiginoso assume consistenze materiali, grevità ed affanni che si inspirano pedalando.
La poetica di Stefano Bianchi, pur inserita nel presente che la sua ancor non veneranda età giustifica, è però il risultato di esperienze che sempre accompagnano gli uomini dagli albori della vita.
A scorrere questi versi, proposti e mai imposti, mi sono sovvenuto degli Amores di Ovidio; è stato un attimo, un imbarazzo improvviso, il paragone mi è sembrato eccessivo. Eppure, a pensarci bene, ci sono comuni elementi, a parte il linguaggio ovviamente diverso che può farli sembrare distanti anni luce. No, i sentimenti non sono mutati e il poeta continua a interrogarsi sui perché dell’esistenza, sull’irrazionalità delle emozioni, oggi, come allora, incapaci dopo così tanto tempo di dare una definitiva risposta razionale.
Ma tutto deve essere ridotto a logica? I numeri devono prendere il sopravvento su di noi? No, fino a quando ci sarà poesia.
Bianchi sposta nel tempo l’espressione delle emozioni, ma si avvale di iscrizioni antiche, ricorre perfino all’epigramma come in Frammento (È difficile a volte / stare nel presente / i ricordi ed i sogni / costano meno).
Verrebbe da dire che non vi è nulla di nuovo sotto il sole e invece balza agli occhi la forma espressiva, un verso libero, scevro da regole metriche, costruito però in un disegno di organicità dell’intero testo in grado di ottenere un risultato equilibrato ed armonico.
E una certa ironia di Stefano Bianchi evidenzia, a dispetto delle apparenze, la capacità di non prendere mai tutto troppo sul serio, perché Le voci, di Nino Pedretti – A volte da per me / nel letto, in un corridoio / in un treno per Milano / ascolto le voci. / E allora mi faccio / più grande / perché risuonano dentro / di me / come campane.
Quanta verità in questi versi, sicura fonte d’ispirazione per l’intera silloge, perché sono sicuro che Bianchi abbia sentito queste voci.
Da leggere, non c’è il minimo dubbio.
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