venerdì 15 ottobre 2010

Pregate sempre, senza stancarvi!

Omelia del giorno 17 ottobre 2010

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)


Quello che ci offre la Chiesa, oggi, da meditare, per dare 'senso' alla nostra vita, è proprio la preghiera. E ci offre subito un esempio di concreta preghiera nella lettura dell'Esodo: "In quei giorni Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim. Mosè disse a Giosuè: `Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio. Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo" (Es. 17, 8-13).

Sappiamo tutti che la preghiera è davvero il modo di dialogare addirittura con Dio. Incredibile solo a pensarci! ...noi che conosciamo per esperienza quanto sia difficile trovare 'un potente' che ci ascolti. Non hanno mai tempo o, forse, siamo poca cosa aì loro occhi... contiamo niente. Non così per Dio, l'Onnipotente!

La preghiera è, a volte, contemplare e ascoltare Dio, a volte aprire il nostro cuore a Lui, a volte depositare nel Suo Cuore chi o ciò che ci sta davvero a cuore.... è, insomma, un 'vivere insieme' la nostra esperienza di vita.

Per pregare non intendo certamente un 'ripetere' formule o parole, senza la partecipazione della fede e dell'amore. Quando il nostro è solo un 'parlare a Dio' senza confidenza e amore, sentendoci davvero alla Sua Presenza, non possiamo sicuramente ritenere di pregare, nel senso più vero e profondo del termine. Una vera preghiera è un 'modo di essere', di 'stare davanti a Dio', come Mosè: richiede anzitutto silenzio interiore, che faccia strada alla parola e ancor più all'ascolto.

Lo sanno bene le persone di fede quanto sia importante la preghiera, per vivere alla Presenza di Dio in continuità... come se non ci fosse stacco tra la vita concreta e i 'momenti' propri della preghiera, tanto che tutto diventa preghiera, anche il lavoro.

Così oggi Gesù parla a noi:

"Gesù disse ai discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarci. 'C'era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova che andava da lui e gli diceva: 'Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo, egli non volle, ma poi disse tra sé: 'Anche se non temo Dio e non ho rispetto per nessuno, poiché questa vedova è così molesta, le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi. E il Signore soggiunse: 'Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano ogni giorno verso di Lui e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc. 19, 1-8).

Il Signore ci offre un'indicazione di vita: 'Pregate sempre, senza stancarvi!'

E un richiamo, che ci fa meditare, se diamo uno sguardo a come oggi si vive, per lo più con poca o nessuna fede e rapporto con il Padre: 'Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?'.

Dobbiamo interrogarci: Preghiamo? Quanto preghiamo? Quale contenuto ha la nostra preghiera? Mi ricordo che un giorno, incontrando quel grande vescovo di Torino, che era il Cardinal Ballestrero, mi chiese a bruciapelo: 'Quanto tempo date alla preghiera?'.

`Abbastanza' risposi. 'Un vescovo, se vuole davvero fare bene la sua missione deve dare alla preghiera almeno tre ore al giorno'. Può sembrare un tempo lungo, ma, quando si esperimenta il valore dello stare davanti a Dio e dialogare o lodare o intercedere o, semplicemente, 'stare', il tempo scorre veloce.

"Naturalmente non si può giungere a Dio fisicamente, ma rivolgendogli le forze dell'anima: la mente, la volontà e le percezioni del cuore, mediante la purificazione della coscienza e la pratica dell'incessante preghiera, senza la quale non esiste nessun altro mezzo e nessun'altra possibilità reale per entrare nella regione della luce di Dio" (Schimonaco Ilarion).

Chi ama non conta mai il tempo che ha per stare insieme alla persona cara e trasmettere il suo cuore. Non pesano, non danno fastidio le ore che si trascorrono insieme, anzi. Quando ci si lascia, pare sia trascorso un minuto e si prova con la gioia anche un poco di tristezza e il desiderio di incontrarsi di nuovo presto.

È quello che vivono non solo i santi, ma quanti hanno imparato a pregare e sanno contemplare o parlare con Dio.

Madre Teresa di Calcutta, per esempio, nonostante la grande fatica che affrontava ogni giorno nel recuperare i moribondi nelle vie di Calcutta, per portarli a casa, pulirli e curarli, dava ampio spazio alla preghiera e chiese alle consorelle di dedicare ogni giorno almeno un'ora di adorazione a Gesù Eucaristia, perché solo così... la fedeltà agli ultimi era assicurata!

Pregare è davvero l'arte di chi 'vede', 'incontra' Dio nella vita, non si stancherebbe mai dal trovare felicità, forza di sperare di fronte ad ogni ostacolo, nel fissare gli occhi sul Suo Volto, come facciamo noi quando vogliamo bene, ma veramente bene a qualcuno.

Tante volte mi chiedo quale potrebbe essere il senso della vita quotidiana senza preghiera, senza la Presenza del Padre. Penso sia l'infelicità o l'amarezza di troppi.

Dobbiamo, ripeto, imparare non tanto e solo le formule delle preghiere, ma vivere la parola con parole nostre, con le nostre emozioni, pensieri, preoccupazioni: lasciare che il nostro cuore parli a Dio. Così ci interpella Paolo VI:

"Si prega oggi? Si avverte quale significato abbia l'orazione nella nostra vita? Se ne sente il dovere? Il bisogno? La consolazione? La funzione nel quadro del pensiero e dell'azione? Quali sono i sentimenti spontanei che accompagnano i nostri momenti di preghiera? La fretta? La noia? La fiducia? L'interiorità? L'energia morale? Ovvero anche il senso del mistero? Luci e tenebre? L'amore finalmente?

Dovremmo innanzitutto tentare, ciascuno per conto nostro, di fare questa esplorazione, e di coniare per uso personale una definizione della preghiera. E potremmo proporcene una molto elementare: è un dialogo, una conversazione con Dio.

E subito dipende dal senso di presenza di Dio che noi riusciamo a rappresentare al nostro spirito, sia per un istinto naturale, sia per un atto di fede. Il nostro è un atteggiamento come quello di un cieco che non vede ma sa di essere davanti a un Essere reale, personale, infinito, vivo, che osserva, ascolta, ama l'orante. Allora la conversazione nasce. Un Altro è qui e quest'altro è Dio. Se mancasse questa avvertenza che Dio è qui, la nostra preghiera si effonderebbe in un monologo. Ma non deve essere così per noi, che sappiamo che la preghiera è l'incontro con Dio, una comunicazione possibile ed autentica". (14.02.1973)

Restano infine da meditare le dure e dolorose parole di Gesù: 'Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?:

Se guardiamo all'ondata di materialismo oggi trionfante, ci viene da pensare che forse ne troverebbe poca, di fede. Ed è naturale, logico: quando tutta la nostra 'fede' è riposta nelle cose senza vita, nei beni materiali, è molto difficile lasciare 'spazio' a Dio. Che non sia così per noi! Vorrei saper pregare con le parole di Charles De Foucauld:

"Padre mio, io mi abbandono a Te, fa' di me ciò che ti piace.

Qualsiasi cosa Tu faccia di me, io Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto, perché la Tua volontà sia fatta in me e in tutte le creature. Non desidero altro mio Dio.

Ed è per me una necessità d'amore, donarmi e rimettermi nelle Tue mani, senza misura e con infinita fiducia, perché Tu sei mio Padre".

Antonio Riboldi – Vescovo –
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it

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