sabato 27 dicembre 2025

La Terra promessa di Montale

Alberto Fraccacreta, Eugenio Montale. Il tu e la cultura ebraica, Quodlibet Studio 2025

recensione di AR



Il libro è strutturato come segue:

Introduzione. L’errante nel Canaan: l’identità con la cultura ebraica

I. L’arca delle muse attàh (אַתָּה) e il Femminile cabalistico

    1. «Il sospiro del frangente»: il dono e la grazia in Casa sul mare
    2. Lo slang “mistico” nelle Lettere a Clizia: la ricerca della propria identità nell’altro 
    3. Chi è Pilar? Storia di una musa montaliana

II. Il senso di confraternity

    4. Il “simbolismo autoriflesso” in Montale traduttore e tradotto
    5. Temi e lemmi montaliani nel Conte di Kevenhüller di Giorgio Caproni
    
III. La via: l’altrove e la fede

    6. Per un Montale siriano e gerosolimitano
    7. Appunti per un commento a Ho tanta fede in te negli Altri versi

Procedo a ritroso. 
Da III.7: “Ho tanta fede in te è una lirica fondamentale per tirare le somme non soltanto della tarda silloge, ma dell’intera scrittura montaliana, soprattutto se integrata con il ritorno bruciante di Arletta/Capinera nelle poesie finali.” (p. 132); “Scrive Franz Rosenzweig: l’ebreo «non crede in qualcosa, è fede egli stesso».” (p. 135); “L’io sfibrato ritorna alla possibilità di una pienezza d’esistere grazie alla presenza del tu. La fede nel tu è rafforzamento dell’io, attàh.” (p. 137).
Da III.6: “Luce d‘inverno è una considerazione sulla prossimità della vita e della morte, sul fatto che esse coincidono, «poiché l’evento che fa nascere a nuova vita» il poeta «è quello definitivo: è una scintilla che lo rende ’nuovo’ e ’incenerito’.(…)».” (p. 111, citando dal Commento di I Campeggiani e N. Scaffai a La bufera e altro); “A Gerusalemme Montale si confronta con il Cristo come mai aveva fatto prima.” (p. 119); “Sembra quasi che sia avvenuto il passaggio dalla pietas alla caritas, che coincide appunto con il salto dal ’sacro’ al ’santo’, tma presente in Montale già dei tempi del preziosissimo Quaderno genovese.” (p. 122).
Da II.5: “Fondamentale è sottolineare come il livornese, avviatosi al cammino pneumopoetico da una prospettiva ’errante’ del tutto montaliana, cerchi la trascendenza in uno scarto di negatività affermativa (la cosiddetta teologia negativa, (…). La via di Dio è, prima di ogni altra cosa , via negationis, patologia del divino, presunta inesistenza che deve esistere oltre la barriera inscalfibile ed evanescente del nulla, del mysterium iniquitatis, per conferire senso alle cose.” (pp. 92-93).
Da II.4: “Ciò che vorrei dimostrare è che il poeta-traduttore cerca nel testo in via di traduzione, più o meno consciamente, le immagini e le tracce di sé stesso (di ciò che caratterizza la sua individualità lirica) fino a riprodurle ed evidenziarle al di sopra della lettera.” (p. 69).
Da I.3: “Pilar, non identificabile in nessuna delle ispiratrici e al contempo comprendente ognuno dei caratteri essenziali di esse, rappresenta non soltanto la presenza paradigmatica della Virgo (Bernadette) e di una femminilità perfetta e assoluta, ma anche il luogo stesso dell’infanzia (il beccafico, Sylvia borin), i virgiliani Saturnia regna che riadducono il tu e l’io stesso verso una completezza biblica-prelapsaria ora negata, un’integrità della natura umana in senso sottinteso e più profondamente mariologico. Le muse sono così racchiuse in un’arca – il Nome-della-Madre – che le preserva dal diluvio dell’oblio.” (p. 63).
Da I.2: “Come dirà in L’immane farsa umana, poesia del Quaderno di quattro anni (OV 596), il tu è un «calco» dell’io. Importante notare che questo intuarsi presupponga infine una ricaduta nel me, a causa della mancanza di riflessione nel divino (agirebbe insomma la forclusione del Nome-del-Padre, l’assenza del Terzo).” (p. 43).
Da I.1: “Sospiro e patto, frangente e destino. Tutto sembra già scritto. Ma il varco è un’assenza di sospiro, un momento di dispnea che rompe l’andamento regolare del divenire, l’amor fati. Uno stacco improvviso, verticale, unico. Il Montale di questa poesia [Casa sul mare] è ancora decisamente il giovane lettore degli apologeti cristiani (Ernest Hello, in particolare), la cui presenza ricorre spesso nel Quaderno genovese.” (p. 31).
Dall’Introduzione: “(…) è quindi un ebraismo di identità, un dialogismo io-tu (colpa-salvezza) che costituisce il termine fondante del cosiddetto soggetto lirico.” (p. 17).

Alberto Fraccacreta interpreta al più alto livello la missione del critico letterario, mettendo a frutto le sue ampie e appassionate ricerche con una sapiente capacità di mettere assieme pezzi e frammenti, fili contorti o spezzati… che risultano di fondamentale importanza per indagare personalità assai complesse coome quella di Montale. Con l’ardire e la curiositas di un navigatore, Fraccacreta ci conduce nei meandri creativi ed esistenziali del poeta ligure con un approccio amicale e al contempo rigoroso, ciò che riscalda questi saggi irrorandoli di una umanità che affratella e cattura chi li legge. Questi saggi sono davvero una miniera per conoscere l’officina (anche con i suoi angoli in ombra e meno edificanti) di una grande anima del Novecento contraddittoria e al contempo illuminante, forse fiduciosamente scettica, in costante ricerca, come tutti, di un tu pregnante e mutevole che possa sostenerci, completarci, migliorarci e magari avvicinarci a un Tu indefettibile eppure sfuggente, che possa davvero salvarci. 

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