martedì 25 aprile 2017

"I guardiani dell'isola perduta" e l'incontro con il popolo del mare

Dopo "La mappa della città morta", Stefano Santarsiere torna con un secondo, eccitante thriller: "I guardiani dell'isola perduta" ci riporta al fianco del protagonista Charles Fort in un'avventura che affonda letteralmente nel profondo degli abissi.

Prepariamoci allora a solcare i mari del tempo (e della memoria) per risolvere il misterioso enigma che l'autore ci propone, e che ancora una volta ci cattura come il canto ammaliante di una sirena.







Titolo: I guardiani dell’isola perduta
Autore: Stefano Santarsiere
Editore: Newton Compton Editori (Nuova Narrativa Newton)
Prezzo: 2, 99 € (ebook), 7,90 € (copertina rigida)
Pagine: 381
ISBN 10: 8822702085
ISBN 13: 978-8822702081


TRAMA


Una scossa improvvisa giunge nella vita di Charles Fort, giornalista appassionato di misteri. Il suo amico Luca Bonanni è morto in un incidente stradale e proprio lui viene convocato dalle autorità per riconoscerne il corpo. Ma le sorprese che lo attendono non sono poche: la compagna di Bonanni, Selena, sospetta un’altra causa di morte e lo contatta per chiedergli aiuto. Ha con sé una valigia lasciata dall’uomo piena di oggetti provenienti da relitti inabissatisi nel Pacifico e che nessuno, in teoria, potrebbe aver recuperato. Le domande sono tante: cosa lega il contenuto della valigia alle ultime ricerche di Bonanni? Da cosa dipendevano i suoi timori negli ultimi giorni prima dell’incidente? E soprattutto, chi o cosa sono gli hermanos del mar che cercava lungo le coste messicane e poi nell’arcipelago delle Fiji? Per risolvere i tanti misteri, Charles Fort e Selena si spingeranno dall’altra parte del mondo, trovandosi alle soglie di una scoperta scioccante che unisce le ipotesi sull’esistenza di misteriose creature degli oceani agli affari di una spietata multinazionale…


RECENSIONE

Uno stile scorrevole e secco, che tuttavia non lesina momenti più poetici, quello che Stefano Santarsiere usa nei suoi libri e, in particolare, nell’ultimo, I guardiani dell’isola perduta, che innalza le avventure del blogger Charles Fort a nuova saga letteraria. Charles Fort, infatti, era già stato presentato nello scorso libro di Santarsiere, La mappa della città morta (edito sempre da Newton Compton), ma solo con questo romanzo possiamo dire che il personaggio si consacra.
Un personaggio per molti versi anche fin troppo realistico: un blogger con un sito sul paranormale, a cui però non crede del tutto. Un sito rinomato anche ‘fuori dal giro’ per la qualità della scrittura di Fort, giornalista a tutti gli effetti e non un ciarlatano. Un giornalista che vorrebbe rimanere fuori dai guai, anche per i suoi problemi di salute, ma che nei guai ci si ritrova puntualmente.
A colpirmi, di questo romanzo, oltre alle cose sopra citate, anche una certa somiglianza – nell’incalzante ritmo narrativo, nelle atmosfere marine e nello sviluppo di teorie poco note (o alle volte completamente inventate, ma con tanto di “finto” supporto scientifico) – con uno dei miei scrittori preferiti, Clive Cussler.
Diventato famoso in tutto il mondo soprattutto con la saga di Dirk Pitt (e da uno dei suoi libri è stato tratto il film Sahara con Matthew McConaughey), Cussler è uno dei maestri assoluti del thriller archeologico e Santarsiere, da bravo allievo, sembra prendere il meglio da lui, rielaborandolo però a modo suo.
In altre parole, Santarsiere non ‘copia’ il Maestro, bensì crea un qualcosa di originale, pur rispettando quelle che sono le regole del genere.
Molto interessante è anche come le varie sottostorie e i vari intrecci si combinano nel romanzo. Questo, infatti, non parte subito con Charles Fort, ma va prima a prendere personaggi ed epoche differenti, che però poi ritornano in maniera intelligente per inserirsi nella trama principale. Uno svolgimento, insomma, costruito a tavolino e si vede, perché il risultato è la mancanza di buchi di trama, cosa non semplice in un thriller di questa portata.
La storia parte nell’era paleozoica, quando una creatura non meglio precisata muore mettendo al mondo quattro “figli”, e si dipana poi fino al 2010, anno in cui muore in un incidente stradale Luca Bonanni, reporter de La voce dei dannati, il blog di Charles Fort.
Il giornalista viene così costretto a recarsi in Calabria per riconoscere la salma (l’uomo infatti non ha parenti in vita) e incontra la sua donna, Selena, che gli rivela che Luca è stato assassinato…
I due si mettono così sulle tracce dell’ultimo reportage di Luca, che sembra riguardare delle strane creatura marine e una teoria che vorrebbe l’umanità discendere da un antenato acquatico, teoria pericolosa perché prevedrebbe anche l’esistenza di una seconda frangia di umanità, che però vive sott’acqua…



INTERVISTA CON L'AUTORE







Un thriller ricco di colpi di scena, I guardiani dell’isola perduta. Come ti è venuta l’idea di un ‘popolo del mare’?

È un’idea che ha galleggiato a lungo nella mia mente, talvolta più lontana, talvolta più vicina ai livelli superiori della coscienza. Di certo nasce dall’attrazione che ho per il mare, per la sua imponenza, i suoi misteri, insieme all’interesse verso le nostre origini come specie. Mi sono sempre chiesto quale traccia di noi sia rimasta nella culla biologica della nostra esistenza. E inevitabilmente questo pensiero mi ha portato a riflettere all’altro tema del libro, quello della memoria, sia individuale che collettiva.


Nel tuo romanzo, ci sono molti dati tecnici. Hai dovuto fare molte ricerche? Hai avuto qualche aiuto da oceanografi e ingegneri marini?

Sì, posso confermarti che il lavoro di ricerca è stato piuttosto lungo, più che per altri libri. Ho dovuto occuparmi di teorie evoluzioniste, di mitologia, di tecnologie marine, di farmacologia. Per me è un aspetto divertente della scrittura. Diciamo che stavolta ho fatto tutto da solo, tranne quando sono ricorso a mia moglie, che è un medico, per gli aspetti legati al funzionamento del cervello.


Nel tuo romanzo c’è qualcosa che mi ricorda Clive Cussler. Chi sono i tuoi modelli letterari?

Non ho un modello ben preciso. Cerco sempre di leggere molti libri, di generi diversi. E nel frattempo mi sforzo di adattare il mio stile al tipo di storia che sto scrivendo, sia per il genere che per il mood della vicenda. Il mio obbiettivo primario, comunque, è la scorrevolezza del testo, possibilmente senza sembrare troppo piatto o incolore.


Molti scrittori inseriscono qualcosa di autobiografico nelle loro opere, anche quando queste narrano di un mondo diverso dal loro. Cosa c’è di te in questo romanzo?

A parte l’interesse per i temi trattati e per alcuni aspetti del carattere di Charles Fort, non molto. C’è da dire che i luoghi descritti nel romanzo li ho visitati di persona.


I personaggi sono completamente inventati o si ispirano in parte a persone che conosci?

Probabilmente c’è qualcosa in essi di persone realmente conosciute, ma è un processo che avviene a livello inconscio. Non saprei sovrapporre nessuno dei protagonisti del libro, o di altri scritti in passato, a un amico o un familiare. E se devo dirla tutta è meglio così. Significa che forse riesco ancora a inventare i miei personaggi, senza ricorrere al ‘ricalco’ della gente in carne e ossa. 


Il soprannaturale è sicuramente un argomento che fa discutere. Qual è la tua idea in proposito?

Be’, qui c’è molto di me in Charles Fort. Come lui ne sono notevolmente incuriosito. È possibile che sia solo un grande inganno; potrebbe esprimere unicamente la nostra fame di Assoluto e fornirci l’illusione che esista una dimensione migliore di quella che sperimentiamo nella nostra realtà. Potrebbe essere tutto questo, ma in ogni caso il soprannaturale non mi lascia indifferente. Mi piace pensare che se ne possa indagare ogni aspetto con mente aperta e senza pregiudizi.


Qual è il tuo prossimo progetto? Ci sarà una nuova avventura di Charles Fort?

Ho diversi progetti già abbozzati e uno già concluso. Nel frattempo mi sto dedicando a una nuova avventura di Charles Fort. Mi sto interessando al rapporto fra l’intelligenza biologica e quella artificiale, e credo proprio che sarà il tema del prossimo libro.


 Quale consiglio senti di dare a un aspirante scrittore?

Di leggere, e soprattutto di scrivere, cercando incessantemente la propria voce e le proprie aspirazioni come narratore. Chiedersi sempre cosa valga la pena di raccontare, sapendo che la risposta non la fornisce il mercato ma è custodita nella parte più profonda di noi, tra i nostri interessi più radicati, le nostre paure, le necessità che percepiamo come più urgenti. E se tutto questo ha una corrispondenza con le aspirazioni collettive, be’, allora le storie che scriveremo avranno qualche possibilità di successo.



Recensione e intervista a cura di Olimpia Petruzzella



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