IL DIARIO AMANTE. Caro Carlo Vecce, sono io la Caterina che andavi cercando baldanzoso fra i testi ed i documenti accademici, quella dallo sguardo enigmatico e languido che inseguiva l'illusione di diventare libera e considerata, quella donna che desiderava tanto la liberazione da una tratta di esseri umani che volevano trovare una valida collocazione ed invece si sono ritrovati in catene senza nessuna speranza a dover accettare un posto di domestica in Inghilterra, a dover lasciare una figlia di 14 anni alle cure paterne senza porsi molti perchè, ma seguendo solo la propria irrequietezza di crearsi una posizione con cui competere il posto nell'affetto di una adolescente critica. Sono io quella Caterina fuggita dalle Barbados per cercare una soluzione di riscatto dopo una disavventura occasionale da cui è nato il frutto di un amore sconvolto dal basso istinto del momento. Sono io quella Caterina che ha voluto intrecciare la sua carica emotiva dentro a dei dipinti di angeli e demoni che annunciano un idealistico dono del cielo fra le torbide fantasie delle menti che si lasciavano condizionare dall'epica digitale e che con degli algoritmi artificiali pretendevano di mettere ordine ad un mondo sottosopra; sono io proprio io quella Caterina robotica che è sopravvissuta da una galassia malata dove la lebbra e le mani fredde, troppo fredde dominavano l'atmosfera generando incertezze e circostanti psicoastenie. Sì, te lo confesso sono io quella Caterina che nessuno potrà mai completamente svelare dentro un volto ripiegato fra l'enantiodromia, la conversione e l'estetica incosciente di giorni grigi o di notti cupe e tristi a cercare fra melanconie dei pezzi buoni fra l'anima distrutta e livida che cerca di risollevarsi fra soluzioni di un codice genetico o dentro ad un etica priva di pregiudizi. Sono qui per te che sei accademico e che fra le opere scultoree e museali conosciute da Giovanni Sassu sa ancora ritrovare giustizia e verità vereconda da una schiavitù di lavoro sbagliato, al momento sbagliato per modo tale che non rimanga più vittima schiacciata e straziata da inconsulti gesti dettati dall'insubordinazione. Sono qui ad implorare ascolto fra orecchi ronzanti di sfruttate prostituzioni e sessiste considerazioni che privano il femminile di ogni romanticismo, svilendolo e denigrandolo con ogni menzognera seduzione ed ipocrita convinzione di bene fra le mortificazioni e le umiliazioni di carne macinata, di merce avariata e di membra ributtate fra la melma maleodorante e gli escrementi di pulsioni ormonali, Sono qui, sono qui a cercare risposte a quelle grida di aiuto, mentre affondo, affondo e naufrago in un mare in tempeste di brutture dove io appartengo solo ai rifiuti fra i gemiti delle onde che si confondono con i miei. Sono qui, sono qui a cercare le braccia molli che mi possano accogliere, fra coperte calde e morsi di fame incolmabili come quella della mia stessa passione caucasica. Tu certo non potevi immaginarti Carlo che io ero fra il pubblico confusa e felice, camuffata in mentite spoglie fra le pagine scritte dalla mano ferma di un notaio che aveva scritto fin dai tempi dei tempi le mie origini: DONNA INTELLETTUALE. Ero lì con la mia poesia distorta, con quella catena che mi legava e che mi tratteneva ad un nuovo algoritmo di un cuore balzano, di un polso sveglio e di un diritto poco assicurato. Ero lì, ero lì impreparata a dover rispondere ad un professore senza sapere maki come ci si rivolge a chi se ne sta in cattedra con sostegni di visibilità garantista per comparire favorito da un pubblico interessato e colpito dall'eleganza di un racconto ben stirato. Scivolavo via dentro ad un inconscio freudiano di continue depressioni sfuggenti la realtà contingenti fra mariti e uomini mai aggiustati al mio ideale mitico di eroi passionali delle mie elucubrazioni. Ero lì per l'arte di saper figliare e di fare da balia, come un oggetto per divertirsi, uno screzio fra le pagine ingiallite di un diario qualsiasi dove potersi sfogare. Ero lì come molte delle tante Caterine ancelle pronta a servire le mie succulente pietanze prelibate nonostante momenti insipidi e poco forbiti che si confondevano in lingue d'oca di appercezioni poco istruite di epoche di vita nova e dolce stilnovo che poi è diventato gretto fra 4 balordi che su un palchetto tentavano di imitare i Manesking vicino allo scorcio del castello malatestiano, di un festival per voci canore per l'Europa dove c'erano degli squinternati adolescenti che tentavano di agguantarsi l'ambito titolo del successo con delle note calanti. Ero lì a fare lo spid di Spidy Gonzales per avere tutto più veloce e a portata di mano, per poter toccare il bonus con i soldi e magari potergli pure piacere. Ero lì ben disposta a vivere una natura intonsa fra gli animali e l'ambiente illuminato fra le pecore a belare ed i cani ad abbaiare insieme a quel cantastorie che strideva canzonette. Ero proprio lì per farmi conoscere nella mia compiaciuta ironia da ermellina, da donna funzionale multitasking e pure da vocabolaria e avrei voluto tanto dirti "Fai di me ciò che più vuoi, pure lucida scarpe basta che si guadagni uno stipendio buono, mi raccomando". Ero lì che non riuscivo a contenermi per quel fremito che mi pervadeva tutta alla visone della tua bianca barbetta, barbina così seducente fra le parole garbate che pronunciavi che arrivavano dritte al cuore mentre eludevi i controlli di una moglie gelosa ed invidiosa di me che ti attendevo nella smunta stanza a danzare quel can, can con la coda fra le gamb domandandomi giusto, giusto come mai non ci siamo conosciuti prima o guaiò?? Ero quella, ero quella che tu sognavi piccirillo donna vegetale mai-orca che ti attendeva da tempi immemori della tua agenda fra memory form su cui dormivi contando le pecorelle ed il sole a catinelle, quando mi rifiutasti fra l'indifferenziata o fetuso. Intanto la pancia è cresciuta, la passione libidica diminuita ed io non resisto, non resisto, non resisto se no mi tramuto nel gender fluid Egisto e poi entro nel tuo rubato registro come una nota di demerito: IMPREPARATA. Non vedevo proprio l0ora e questa è suonata tutta come me, o ti prego vieni appresso e compresso come un uomo in ammollo della EU che sì Na e della stimolante compressina che così ci svegliamo tosti e meno tossici domattina. Sono io quella Caterina, bellina, bellina, bellò e tu non lo sapevi che possedevo la sola poesia possibile: quella del friccandò. CIAO.
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