Estrocorti, Contest per corti e monologhi teatrali, prima edizione 2018
Estrocorti, secondo girone di qualificazione. Grandi anche i protagonisti del secondo girone di qualificazione del Contest Etrocorti. Alle simifinali, dalla somma dei voti dei giurati e del pubblico, accedono: Il corto del Collettivo Duende L'aspiratrice, e i monologhi di Veronica Milaneschi Storie di incroci e di anarchie e di Shara Guandalini Doppia Gi.
Ecco alcune pillole di recensione per i lavori in gara.
Storie di incroci e di anarchie
Di e con Veronica Milaneschi
Travolgente,
beffarda, mostruosa, ironica e trasformista Veronica Milaneschi, nel monologo Storie di incroci e di anarchie, sfoggia una capacità di mimesis
incredibilmente variegata. La forza espressiva dell’attrice trascina il
pubblico in un substrato di feroce inconscio, che sembra scaturire
dall’inevitabile confronto quotidiano con l’ingestibile traffico romano, e che fa
assurgere la protagonista a un predestinato ruolo di vendicatrice, per i torti
subiti nel contesto automobilistico. In realtà sarà proprio Nica, la donna che
cova il mostro del riscatto dentro di se, a raccontare che tale istinto le
viene già dai tempi dell’infanzia, forse ereditato dal comportamento del padre.
Ciò che emerge è un inquietante, quanto realistico, quadro d’insieme dove la
realtà, comunque, supera la fantasia accompagnando chi ascolta in un viaggio
interiore fatto di rabbia e reazioni a catena, che il logorio del feriale non
può controllare.
Le mani non sono vere
Di e con Eloisa Gatto e Davide Fasulo
Nell’epoca
delle apparenze, nel tempo dell’immagine e della velocità con cui cominciano e
finiscono le relazioni umane, risuona il controtempo stilistico e narrativo
proposto nel corto Le mani non sono vere,
dove nelle vesti della centralinista perfetta e sorridente – interpretata da
Eloisa Gatto – si celano le viscere di un borghese
piccolo, piccolo che deluso dall’inutile scorrere della propria vita si
appresta a compiere un gesto estremo che riscatterà la propria frustrazione e
il dolore che ne consegue. Il ritmo di scena, brillantemente scandito dai suoni
e rumori composti dal bravo Davide Fasulo, arricchisce l’andamento della
vicenda sottolineando l’interpretazione mimica e gestuale della protagonista
che il pubblico segue nel suo percorso
di distruzione dove le mani non vere
compiono un ultimo disperato rituale.
Il sequestro Moro
Di e con Marco Mittica
Molto
poetico il testo di Marco Mittica, sia per stile che per musicalità: di rilievo
le assonanze all’interno del racconto, le anafore e i rimandi, le similitudini.
In una traccia che ripercorre le vicende de Il
sequestro Moro, nei cinquantacinque giorni di prigionia fino alla morte
dello statista, l’attore porge in parallelo la vita di una famiglia qualunque -
forse la propria - dove i drammi e i problemi, ma anche lo scorrere del
quotidiano si affiancano e si accavallano ai fatti storici. Il percorso
proposto sembra così ricordarci che l’arte può raccontare ciò che la
storiografia - per suo genere - non dice, andando a scavare nella psicologia e
nei sentimenti di tanti piccoli protagonisti che, in parallelo alle grandi
vicende, producono tante piccole storie che contribuiscono a formare il
contesto in cui si realizzano.
Di Rita Pattuelli e Monica Dolci, con il Collettivo Duende.
L’operaia
che diventa ballerina, la donna che trasforma la sua vita senza rinnegare se
stessa. Potrebbe sembrare un classico della nostra letteratura d’inizio ‘900, L’aspiratrice, in un format dove
l’eroina finalmente libera dai vincoli retorici del Romanticismo si costruisce
un’entità completamente nuova a cui si affianca la propria personalità.
Ludolfa, la protagonista del corto portato in scena dal Collettivo Duende, è
ben presente nel contesto dove vive e lavora, dove ama ed è riamata, e forse
non ha aspettative maggiori. Ma, quando viene travolta dalle grazie delle
danzatrici di Pina Bauche, quando si scopre anch’essa con un corpo di possibile
ballerina, quando si toglie da dosso la polverosa - se pur soddisfacente -
coltre di una quotidiana routine, si scopre a desiderare la leggerezza del
ballo che sarà riflessa nel suo stesso vivere. Elegante gioco d’intersezione di
teatro danza e di teatro di parola, la performance risulta gradevole,
riempiendo il proscenio di una calda atmosfera d’altri tempi.
La doppia G
I
mille ruoli della donna, i mille volti di quei ruoli, le difficoltà di essere
sempre in grado di mantenerli tutti equidistanti dall’imperfezione, lo
sradicamento di un corpo che nasconde ancora, a detta dei più, le fragilità
connesse al genere. Come uscirne vive? Shara Guandalini ci prova - con una
bravura attoriale indiscutibile - raccontando la voglia di far emergere il lato
maschile che ognuno porta dentro di se. S’inventa un personaggio “Giggi”, il
maschio che è in lei, ovvero nella protagonista, lo presenta al pubblico in
tutta la sua simpatia, la sua energia, la sua caratterialità che lo fa da
subito amare, da subito percepire come uno di cui farsi amico, come uno da
amare così, per com’è. Ma, il lato femminile di lei non si capacita di questo e
distrutta dal confronto si rende conto che la
sua parte migliore sarebbe proprio quella che non può essere. Un lavoro
intenso e altamente performativo nella gestualità e nella mimica che certo
rende accattivante il Giano bifronte in cui ognuno può riconoscersi.
Bologna, 24 settembre 2018
C.D.
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