venerdì 8 agosto 2025

LA SECCHEZZA, OVVERO L’INVOLUZIONE DELLA SPECIE

di Sandro Serreri


La secchezza dell’animo umano è molto pericolosa, nociva per la sua integrità fisica e le sue qualità spirituali. 

La secchezza è data dalla mancanza di quei necessari nutrimenti che si trovano e inter-agiscono in natura, che la tecnologia digitale esclude, elimina. 

L’animo umano si secca quando non è regolarmente innaffiato dall’esercizio quotidiano dei sensi, del corpo; quando tutti i sensi non si aprono alla vista del mondo, all’udito dei suoni, all’olfatto delle realtà presenti, al gusto, al tatto degli oggetti più vari, alla mobilità corporea della corsa, del gioco. Si secca l’animo del bambino seduto, concentrato su un video digitale e, pertanto, isolato da tutto il resto. Il digitale che tiene tra le mani non richiede nient’altro che il movimento dell’indice e dei pollici. Non occorre altro tatto, non serve né l’olfatto né il gusto e la vista è, insieme all’udito, ristretta, confinata.

Il digitale esclude, emargina, un intero universo perché fa a meno dell’intero orizzonte, campo, dei colori, dei suoni, degli odori, dei profumi, dei sapori, dei gusti, delle materie. I sensi accantonati, addormentati, non vivono, non sperimentano, non aderiscono alla realtà tutta; non lavorano e, dunque, non producono sensazioni, emozioni, sentimenti, fantasia, creatività, conoscenza, comprensione, intelligenza. 


Privo di questi umanissimi prodotti l’animo umano si secca, è destinato alla secchezza, a morire nelle sue funzioni fondamentali, quelle proprie che lo caratterizzano e lo elevano, che possono fare di lui un fruitore di bellezza, di senso, di vita piena; un artista che plasma, modella; un nuotatore nel grande mare del creato, del tutto che lo avvolge. 

Che cosa è l’uomo se non cammina, corre, gioca sin da bambino? Che cosa è l’uomo se non guarda e osserva; se non annusa e non mette il suo naso dappertutto; se non assaggia e gusta; se non tocca e ritocca, mille e mille volte; se il tutto non sperimenta e dal tutto si lascia immergere? 

Immaginiamo un bambino in un giardino, dentro un parco giochi: ha tutto quel che gli occorre per essere umano, per veramente vivere, per stimolare e attivare i suoi bellissimi sensi, per essere attore e non spettatore del mondo che è lì tutto per lui. 

Se sta seduto, fermo, col suo gioco digitale, non è umano, ma secco.


La secchezza è un impedimento, ostacolo, verso le virtù sociali più alte, quali: l’attenzione verso l’altro, lo sguardo verso il creato, il rispetto per tutte le persone che entrano dentro e fanno parte della nostra vita quotidiana, la cura per l’habitat.

Lo stare immobili, concentrati sulle funzioni di un digitale, distoglie e isola i sensi dalla realtà presente, rende estranei. La secchezza impoverisce e questo povero non inter-agisce, non partecipa, non contribuisce, ma vive svogliatamente, annoiato, apatico, insensibile. 

Il danno per la persona e la società è veramente enorme. Siamo alla presenza di uomini e donne già resi secchi, aridi, non umidi, non assetati. Li vediamo, sono sotto i nostri occhi!


Dunque, già ora siamo di fronte a una vera e propria involuzione della specie umana.

L’evoluzione della specie umana non sta tanto nel progresso della tecnica e delle scienze, quanto e soprattutto nel progresso del pensiero – del mondo delle idee –, dello sguardo e osservazione riflessiva, dell’intelligenza – dell’intelligere –, della spiritualità, della sensibilità, dell’interiorità, di tutte le forme d’arte. 

Il vero progresso è passare dalle pitture rupestri di Altamira in Spagna al ciclo pittorico di Giotto ad Assisi e alla Cappella Sistina di Michelangelo a Roma, dalle tombe dei giganti e pozzi sacri nuragici in Sardegna alle cattedrali gotiche in Europa e alla cupola di Santa Maria del Fiore del Brunelleschi a Firenze. Queste sì che sono state evoluzioni!


L’evidente involuzione della specie umana è il risultato dei sensi assopiti, perché accantonati, non stimolati, non posti a contatto con il creato, non in relazione con altro da se stessi. 

Se si cresce senza sviluppare i sensi, che sono porte e vie, si tende a sentire fastidio per l’altro, per gli aspetti sociali della vita quotidiana; a manifestare intolleranza, mancanza di rispetto; a non considerarsi parte del tutto.

Chi in questi ultimi anni sta vivendo il tempo della infanzia e della adolescenza sta manifestando sintomi di disagio sociale, squilibrio psico-fisico, dissociazione, chiusura mentale, disturbi nella sfera cognitiva, comportamenti a-morali, difficoltà nella gestione della affettività e dei sentimenti.


L’attuale dominio della secchezza è oggettivo. Basta fermarsi e osservare. È chiaro chi siano i secchi, se li si avvicina e si entra in relazione con loro. Non foglie verdi desiderose d’acqua, aria, luce, ma foglie secche, statiche, inespressive, notturne. 

Così l’infinita tavolozza dei colori; l’enorme laboratorio di suoni, odori, profumi, gusti; il grande mondo delle forme solidi, delle materie, restano non sperimentati, non vissuti, sin dai primi anni della infanzia, se il digitale sostituisce il giardino, la mobilità, l’esperienza diretta personale, la relazione. 

L’impero del digitale ottunde la ragione, narcotizza i sensi; impedisce il confronto tra l’Io e il mondo delle realtà e delle verità, dei principi e dei valori, delle diversità, delle alterità. Questo dominio restringe e chiude, confina l’orizzonte e conduce inevitabilmente alla tristezza dell’Io paralizzato.


La secchezza mette sulle nostre strade individui che non stanno bene né con sé stessi né con gli altri della collettività; infelici, tesi, squilibrati, arrabbiati. Da questi individui: violenza (domestica e scolastica), auto-distruzione, esperienze limite, anarchia, uso del proprio Ego senza limiti e misure. 

La mancanza dell’altro vissuto anche attraverso il gioco, il creato, il confronto e la meraviglia, porta in campo individui non maturi umanamente, mancanti di quelle essenze che fanno dell’uomo un fruitore del Tutto. 

Chi non cresce e non passa attraverso le porte della società degli uomini e non percorre i vasti campi della vivente creazione, difficilmente sarò in grado di vivere una vita bella e buona, piuttosto manifesterà e soffrirà di mal-essere. 


Quel che è secco non può essere innaffiato. L’ho impedisce, lo rende inutile la sua secchezza. Questi individui hanno perso la possibilità di attingere dalle relazioni umane e dal quotidiano contatto con il creato, quanto necessario per produrre beni immateriali quali quelli che solo chi si è lasciato stimolare nei sensi naturali può offrire a sé stesso e agli altri: fra tutti, quelli dell’arte. 

Questi beni sono utili e necessari per la sopravvivenza del genere umano. Senza questi, l’umanità si riduce a consumo, tecnologia, scienze disincarnate prive di etica. 

Dunque, è in corso una gravissima sciagura, una catastrofe. Questo solo perché sin da bambini non abbiamo giocato, non ci siamo sporcati; non siamo cresciuti anche dentro i giardini, i parchi, le campagne; non abbiamo tenuto svegli e produttivi tutti i nostri sensi.

Qualcuno ha posto nelle nostre mani strumenti digitali e noi ci siamo seduti.


Questa generazione è ormai quasi in-capace di usare i sensi naturali per vedere, ascoltare, annusare, gustare, toccare la totalità del Tutto, dell’altro, dell’oltre. Resi quasi in-capaci (quasi, perché forse resta ancora un piccolo, tenue spiraglio, possibilità) dall’uso senza misura delle tecnologie digitali ormai alla portata di tutti sin dai primi anni di vita, già ora non possiamo più produrre le opere d’arte racchiuse, custodite, fruibili, ammirabili nei nostri musei. 

Queste opere sono anche il frutto di quel che uomini e donne sono stati capaci di esprimere partendo dall’uso quotidiano di tutti i sensi. 

Avremmo avuto gli Impressionisti, se questi non avessero dipinto all’aperto, immersi nella natura, come Vincent Van Gogh? Avremmo avuto le poesie di Arthur Rimbaud senza le sue instancabili camminate per campagne e boschi? Avremmo avuto le musiche di Wolfgang Amadeus Mozart senza la sua goliardica frequentazione delle feste campestri popolari? Avremmo avuto le sculture di Michelangelo Buonarroti senza il suo febbrile bisogno di toccare e ritoccare le materie, gli oggetti? Tutti costoro lavorarono grazie all’uso dei sensi.


Questa generazione è tristemente malata di secchezza. Si tratta di una malattia molto grave, che conduce a povertà interiore e degrado intellettivo, a insensibilità sentimentale e affettiva, a sicura morte spirituale. 

Quando lo spirituale, che si nutre dell’esercizio dei sensi, si appassisce e si secca, questo è destinato naturalmente a morire. E una volta sepolto lo spirituale, che cosa resta nella mente e nel cuore dell’uomo? 

Ed ecco, nel nostro orizzonte, avanzare la legione dell’intelligenza artificiale. Ma l’intelligenza non era solo, esclusivamente umana? Proviamo a immergere nella natura un robot programmato con l’intelligenza artificiale e vediamo se riesce a dipingere come Claude Monet. 

L’intelligenza artificiale, come il mondo digitale, è anche questa un prodotto della secchezza.


Correre ai ripari? Non si può! Ormai è troppo tardi! 

Allora i pochi sopravvissuti, presto! diventino compagni e amici, stringano una forte alleanza, si accordino e con passione non temano di sudare e di sporcarsi le mani, perché, ecco, i sensi ci sono ancora, tutti. 



Giugno 2025

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