recensione di Subhaga Gaetano Failla
L’opera saggistica rischia di percorrere i
sentieri dell’algida geometria intellettuale, della logica che si pretende esprimibile
senza l’impeto del cuore. Nei tempi moderni, con la nascita del giornalismo,
tale rischio si è unito a un’altra corruzione dell’ambito letterario, a causa
della struttura giornalistica caratterizzata generalmente dalla semplificazione
e dal linguaggio sloganistico che cerca l’effetto grossolano e fugace. Nella
saggistica giornalistica italiana di certo spiccano delle eccezioni: nei
decenni più lontani Buzzati e Pasolini ad esempio, in quelli più recenti
Terzani e Fallaci, escludendo di quest’ultima la sua conclusiva “caduta”
rabbiosa. Scriverò di seguito, specificatamente, d’una ulteriore eccezione.
Sin dalle prime pagine di Saggiminimi (bel titolo, musicale) di
Graziella Olga Sidoli (Fara, febbraio
2018), una raccolta che riunisce diciassette saggi, la maggior parte già
pubblicati su ilsussidiario.net, ho sentito il pathos dell’autrice, il
coinvolgimento personale che dichiara esplicitamente la presenza di chi scrive,
opponendosi in tal modo alla finzione d’un distacco supremo, in sé illogico. E
proprio in tal senso, il saggio iniziale, dal titolo Migrazione, espatrio e nomadismo: scarti di valore, è completamente
autobiografico. Narra delle vicende esistenziali dell’Autrice coinvolta in
ripetuti passaggi da una zona all’altra del globo, con permanenze molto
prolungate nei diversi luoghi, dall’Italia della sua nascita all’Argentina e agli
Stati Uniti, con il ritorno infine in Italia, a Bologna, dove Sidoli vive
attualmente. Una sorta di nomadismo non privo di sofferenza e di crisi
identitarie, specialmente durante il periodo statunitense: “pensando che
quell’America mi avrebbe meglio accettata” scrive Sidoli “mi feci subito
chiamare Grace, per poi negli anni ’60, assieme a tutti i giovani ribelli,
tornare ad essere Graziella.”
L’Autrice
afferma un valore fondamentale, importante da evidenziare soprattutto durante i
nostri anni di crescenti nomadismi e di
drammatici, o addirittura ridicoli perché impossibili da attuare per la natura stessa delle cose, tentativi di chiusure
delle frontiere: il cosmopolitismo. I primi filosofi greci si dichiaravano
“planetari”, in sintonia con l’erranza della Terra (planetós in greco antico significa errante).
Nel saggio successivo, intitolato L’impossibilità della preghiera:
l’interlocutore assente, vi è una chiusa altamente poetica: “e io, in
quell’orare, scoprivo la delizia della mia voce, irriconoscibile e trasformata,
che diventava preghiera.”
Il brano seguente, sul perdono come dimenticanza, è
specificatamente letterario, seguendo le tracce della narrativa di Borges
attraverso un suo racconto su Caino e Abele. Assaporiamo inoltre in tale
saggio, nelle righe iniziali che riportano l’originale borgesiano, la lingua
eccelsa dell’autore argentino.
Troviamo
poi saggi sulla violenza diffusa nel mondo, da quella verbale descritta in un
episodio bolognese, in Aggressione mattutina, a quella
ferocissima e mortale d’una lapidazione d’una donna narrata ne Il suo nome non era Maria, fino a La “Madre di tutte le Bombe” e l’incertezza
di Amleto dove si parla della “più potente bomba convenzionale, non
nucleare, dell’arsenale americano. (…) A guardare le immagini, ci può sembrare
una grande buona balena.”
Da queste pagine in poi Graziella Olga Sidoli affronta soprattutto lo scandalo,
dall’Autrice fortemente temuto e forse previsto, dell’elezione di Trump, e le
sue ripercussioni interne ed esterne. E lo fa dunque non solo indagando gli
aspetti specifici degli Stati Uniti, “questa agonizzante e disperata America”,
ma anche immaginando dei possibili parallelismi politici e culturali, quando
Sidoli parla della netta spaccatura civile statunitense: “Ora dobbiamo stare
attenti noi, qui in Italia” scrive in un saggio del novembre 2016. “Le
patologie politiche sono contagiose.” Nell’altro saggio intitolato La grande marcia, relativa alla storica
manifestazione del 21 gennaio 2017 alla quale hanno partecipato circa mezzo
milione di persone nella sola Washington D.C., all’indomani d’un attacco di
Trump alla libertà di stampa, protesta scaturita spontaneamente da un
passaparola sul web, l’Autrice afferma: “Gli eventi di quest’ultimo weekend
hanno provocato spontanee proteste (…) forse i leader non servono più così
tanto. Perché nell’epoca digitale sembrano esserci un’indipendenza e una
coscienza civile così autonome che si organizzano e si propagano come il fuoco
con il vento.”
Tuttavia, lo sguardo di Graziella Olga Sidoli è carico di dubbi, sul
destino degli Stati Uniti e di conseguenza dell’intero pianeta. In riferimento
alla storica marcia guidata da Martin Luther King Jr., alle famose parole: “We have a dream…” e alla recente marcia
su Washington delle donne, l’Autrice scrive nel novembre del 2016: “… di
sognare non sembra che nessuno ne abbia più voglia, oggi”.
Infine, segnalo anche le belle illustrazioni dell’Autrice stessa, presenti
sia in copertina sia nel testo, che impreziosiscono ulteriormente questo libro importante,
stilisticamente suggestivo, dotato di impeto civile espresso con slanci
appassionati e lirici e capace di riunire armoniosamente in un corpus unico
tematiche diverse.
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