lunedì 24 settembre 2018

News d'inizio autunno 2018 da Adele Desideri

di Adele Desideri 

Gentili lettori, segnalo quanto segue

*Il prezioso saggio a cura di Vincenzo Guarracino, Roberto Sanesi. Un poeta del secolo scorso, puntoacapo Editrice, 2017.
La relativa recensione di Tiberio Crivellaro è consultabile al link https://www.altrogiornalemarche.it/2017/12/un-bel-saggio-roberto-sanesi-un-poeta-del-secolo-scorso-cura-vincenzo-guarracino/

*Poeti cristiani latini dei primi secoli. Tradotti da poeti italiani contemporanei, a cura di Vincenzo Guarracino, Mimep-Docete, Pessano con Bornago, Milano, 2017.
Recensito da Marco Roncalli, ne La Stampa, 24 luglio 2018.
Al link http://www.lastampa.it/2018/07/24/vaticaninsider/la-fede-in-versi-quei-poeti-cristiani-dei-primi-secoli-r45XNLJEcwh2JOkM7OICgN/pagina.html
E ancora, recensito da Marco Roncalli, nel Corriere della Sera, (edizione di Brescia), il 9 agosto 2018.



*Racconti Teatrali (1978-2017) di Roberto Bencivenga, Book Sprint Edizioni, 2017.
L’autore dimostra una stupefacente capacità di immedesimarsi nella voce narrante, talora dolorosamente dubbiosa come quella di un soldato che rifiuta, in cuor suo, la guerra; talora angosciata e ossessiva come quella di un’adolescente anoressica. Scompare lo scrittore: in primo piano resta, appunto, la sola voce narrante. Ogni storia giunge dritta allora, al cuore del lettore (Adele Desideri).
La scheda del libro è consultabile al link https://www.booksprintedizioni.it/libro/Racconti%20brevi/racconti-teatrali-1978-2017
Nota biografica dell’autore al link http://assopalcoscenico.it/pagine/Roberto%20Bencivenga.html

*La poesia inedita 18 marzo 2009, Salotto Bianchi di Adele Desideri è risultata terza classificata al Premio Nazionale Il Fiore, XXII Edizione, a cura del Comune di Chiesina Uzzanese, ed è stata pubblicata nel sito http://comune.chiesinauzzanese.pt.it/aree-tematiche/premio-il-fiore/poesie/poesia/adele-desideri.
Motivazione: l'autrice con l'abilità di una pittrice, riesce con poche pennellate date al punto giusto, a sintetizzare la tragicità del momento. Una poesia che spinge il lettore a una riflessione interiore profonda.
Primo classificato Roberto Bencivenga
Fiore d’argento Eros Pagni
Intervento di Gianni Giannini
La cerimonia di Premiazione si è tenuta il 27 luglio 2018, in Piazza Vittorio Emanuele II, Chiesina Uzzanese (Pistoia)

*Recensione di Vincenzo Guarracino al romanzo di Adele Desideri La figlia della memoria, prefazione di Davide Rondoni, nota critica Franco Loi, Moretti&Vitali 2016, in Fermenti, Anno XLVII, N. 247, Fermenti Editrice, Roma, 2018.

Adele Desideri, La figlia della memoria, Moretti&Vitali, Bergamo 2016, pp.165, 15,00 euro
La figlia della memoria è una specie molto particolare di narrazione, un saggio auto/biografico su un’esperienza di vita, che si sviluppa per così dire in tempo reale, avvolgente, che promette di seguire e accompagnare un processo di crescita che non delinea una parabola se non per lanciarla oltre le barriere della cronaca. Auspicando anzi che l’affabulazione sia fascinosamente infinita. Anche se il come va finire è molto importante e intrigante. Ha un senso e una necessità: fa capire che, se il libro è assiomaticamente autobiografico, il finale sconfessa questa facile etichetta.
Franco Loi e Davide Rondoni scrivono di una saga familiare, e dicono che Andreina, la protagonista de La figlia della memoria, somiglia molto all’autrice.
Ma noi sappiamo che Adele Desideri forse non somiglia nemmeno a se stessa, visto che il suo è un nome d’arte. E del resto, nessuno somiglia a se stesso. Nemmeno l’autrice. Rimbaud del resto diceva: “Io è sempre un altro”. Nella vita, e ancor più nei libri, è sempre un altro, quello che agisce rispetto alla storia e le parole, sforzandosi di aderire alle cose, dando forma e vita a un fantasma che somiglia forse al mondo dei sogni e dei desideri, a quello che l’Ariosto chiamava il Castello di Atlante, pieno di risorse e inganni fantastici. 
Una sorta di “educazione sentimentale”, dunque, che ci fa pensare a qualcosa che si modella su un archetipo della nostra coscienza letteraria contemporanea, che risale all’Ottocento, e da lì lo rilancia nel nostro quotidiano come un esemplare paradigma. Perché parla di educazione ai sentimenti da parte di un personaggio che, se anche concretamente viene accompagnato per mano dai primi anni della sua infanzia, vissuta con un debito di ossigeno, di amore, fino a una davvero difficile e turbolenta adolescenza, riflette tensioni e comportamenti che somigliano a quelli degli innumerevoli attori della vita quotidiana: come dire che i patemi d’animo provocati e patiti dalla protagonista delineano una mitografia del personaggio che ha le stigmate della realtà sulla scena della contemporaneità, a partire da anni cruciali, dalla fine degli anni ’60 ai nostri giorni.
Lo scenario è quello di una grande Metropoli, della Milano in preda alle inquietudini e agli spasmi della crescita: una Milano che fa da teatro alle peripezie del personaggio, che somiglia alle infinite figure di donna che la popolano. 
In questa Milano c’è una domanda di riconoscimento di sé, da parte di Andreina: riconoscimento, inteso come bisogno di darsi una forma, e esigenza che tale forma venga riconosciuta dagli altri, a costo anche di molteplici errori.
All’interno di ciò, ci sono tutta una serie di vicende e di personaggi che ostacolano o secondano tale domanda, dicendo della difficoltà di essere donna di Andreina. 
La conclusione è molto singolare, è una scelta. Come dire che dal male, viene fuori una scelta determinante, clamorosa, di vita… Diversa da tante altre, come lo erano tanti esiti di vicende, negli anni Settanta, e in anni vicini a noi, al di là del Sessantotto. 
Una scelta diversa, che probabilmente l’autrice non condivide in pieno con Andreina, o che condivide in una maniera diversa da come l’ha realizzata la sua protagonista…
È forse qui che si annida anche il senso del titolo del libro, La figlia della memoria, quanto mai intrigante.
Andreina è figlia solo di se stessa, del modo in cui si è sviluppata. Memoria viene dal greco μνήμη, rimanda alla razionalità, più che al ricordare (al re-cordari, connesso etimologicamente al cor, al cuore, che è l’ambito dei sentimenti).
Come dire che Andreina, figlia di se stessa, è anche figlia di una scelta razionale, fredda, non di una scelta dettata da un impulso del sentimento. Ed è per questo che tale scelta si capisce come maturi lentamente, grazie a tutta una serie di fattori, non ultimo un prete, il cui merito precipuo è quello di saper ascoltare. L’ascolto – è questo se si vuole il messaggio del libro - è imprescindibile nella maturazione di un’adolescente, all’interno di un’educazione sentimentale. L’ascolto, più che il parlare.
C’entra la Psicoanalisi, in questo? Qui di Psicoanalisi non si parla, non si accenna. Ma il rapporto tra il prete e Andreina è simile al rapporto tra il paziente a l’analista. 
Illuminante a tal riguardo è l’attività che l’autrice svolge nella vita, quella di insegnante in una scuola. In un contesto urbano e sociale quanto mai difficile: un’attività delicata ed essenziale, sapendo ascoltare. Questo è l’elemento che raccorda vicenda narrativa e autobiografia: Adele, che è figlia dell’ascolto, costruisce, attraverso il corpo a corpo con gli altri, alcuni percorsi possibili, efficaci, per quelli che si trovano a essere posti sotto la sua guida, la sua tutela.
È lungo questo filo rosso che si dipana un percorso che parte da un modo faticoso di riconoscersi, che si realizza “sentendo”, riconoscendo gli altri, e lo dice in una lingua elegante, spesso forbita, intessuta di sapida gergalità toscana, che dà il senso di una colloquialità affabile, evocativa e provocatoria, creando un orizzonte narrativo che avvince il lettore. 
Vincenzo Guarracino

Pubblicata in Fermenti, Anno XLVII, N. 247, Fermenti Editrice, Roma, 2018    


A colei che mai sono stata
ma che avrei voluto incontrare.

A colui, che, disertore di se stesso,
non si ascolta
e in un chissà dove
continua a cercarsi.

A noi pensanti,
al tempo che perdiamo
perdendoci nel tempo che siamo.

(Francesca Anselmi, Il tempo delle parole, Gazebo, Firenze, 2018)


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