Bruno Bartoletti, Ma i veri viaggiatori partono per partire, Youcanprint, Tricase (LE) 2018, p. 150, € 12,00
recensione di Anna Maria Tamburini
Con la fine dell’estate inizia il ciclo della decadenza, conclusa la stagione della maturità e avviata la senescenza. Settembre è il mese in cui si colloca la narrazione; e settembre è anche il mese in cui l'autore colloca, inaspettata, dopo tanti anni, la visita del fratello partito improvvisamente da casa, giovane, partito di nascosto – per sempre – in un giorno tempestoso anche climaticamente, senza lasciare più notizie di sé.
Il fratello Carlo è il prototipo del viaggiatore: Ma i veri viaggiatori partono per partire, afferma il titolo del libro in forma meditativa, come riprendendo con quella congiunzione avversativa un discorso mai interrotto. È poi vero che ogni uomo sulla faccia della terra è un viaggiatore, che in extremis i morenti sono viaggiatori, che se ne vanno per sempre… dall'orizzonte di questo mondo… E il protagonista, all’opposto del fratello, l’anziano Antonio Tramonti, non è meno viaggiatore, se pure protagonista di un “viaggio immobile”, struggentemente attratto dall'infinito, dalle lontananze, da una solitudine a tratti metafisica…
Il libro porta in copertina una fotografia dall’alto, con un titolo: Verso la Valle dell’Uso. Persino il titolo della fotografia esprime l’idea di movimento, per quanto di ritorno: verso un luogo che è quello d'origine perché lungo la Valle dell'Uso si trova la località di Ponte Rosso, il nido dell'infanzia di Bruno Bartoletti. Ponte Rosso è in effetti una gola stretta tra irte colline preappenniniche, tra monti, parafrasando il cognome del protagonista.
Alcune immagini poi, che ricordano quelle della poesia di un autore amato e vicino di casa, utili a descrivere la propria casa, assumono valore simbolico: le tendine di raso bianche, i silenzi scanditi dal tic tac dell'orologio – chi abbia letto la poesia di Agostino Venanzio Reali la ritrova tra le pagine a più riprese.
Bruno Bartoletti si conosceva come poeta, avendo pubblicato già diversi libri: Trasparenze (1997), La radici (2000), Parole di Ombre (2001), Il tempo dell'attesa (2005), Sparire in silenzio ritrovando il vento delle strade (2012). Nel 2017, dopo alcuni anni dalla quiescenza dalla lunga attività di insegnante, prima, e di direttore didattico poi, ha scritto le sue memorie di scuola: memorie dall’infanzia a oggi, poiché l'attività scolastica non è mai conclusa per chi alla scuola ha dedicato con passione la vita e tutto se stesso. Nel maggio 2018 esce, ultimo, questo libro, in prosa come il precedente È sempre lunedì.
Tutto sommato quest’ultimo non è facilmente classificabile: è racconto? è storia? romanzo? difficile dire: sicuramente una narrazione in forma di prosa che tende alla poesia. Non c’è azione, non una storia vera e propria, non raccontata secondo un ordine cronologico o comunque secondo un ordine definito. Il solo movimento che si intende lasciare impresso nel lettore, perché si ripete, come i gesti che si ritualizzano negli anziani, è quello del settantacinquenne Antonio Tramonti che come ogni giorno, una mattina di settembre del 1995 passeggia lungo il mare –
Sarà sempre così. La vecchiaia non fissa mai appuntamenti certi e i giorni muoiono di malinconia, se non che a tratti uno spiraglio di luce arriva a prosciugare le ferite. Uno di questi momenti era per Antonio Tramonti quell'affacciarsi la mattina sulla spiaggia, di fronte al mare. Una brezza sottile che sapeva di salsedine soffiava dolcemente, increspando l'acqua…
– e mentre cammina pensa, ricorda, ogni tanto si ferma, punta il bastone sulla sabbia all'altezza di una conchiglia, la sposta, l'osserva, osserva la vita intorno: i rari passanti, i gabbiani, la luce all'orizzonte… tutto in una mattina, presto, forse poco dopo l'alba. È giorno, ma sotto un cielo grigio, in una estenuata malinconia. L'uomo ha 75 anni, l'età dell’autore oggi, ma tanto più anziano dalla descrizione, più affaticato e tristemente provato dalla vita. È solo. Una solitudine infinita, in uno spazio che per definizione evoca l’infinito, suscita i ricordi di tutta una vita. Così si ricompone una storia, dall'infanzia alla vecchiaia: è la storia di un anziano professore, rimasto vedovo da anni, con una figlia sposata, lontano, e un figlio perduto prematuramente. I ricordi affiorano a caso, non sono composti in sequenze cronologiche, come nel sogno affiorano per analogie in un moto ondoso, che è il medesimo movimento del paesaggio di sfondo: la barca, il molo, il grido rauco, il grigio…
Il grigio è il colore dominante. Passeggia una ragazza, in lontananza; a tratti si avvicina, a tratti si allontana; anche questa figura assume valore di simbolo: la giovinezza, la bellezza sfuggenti, la loro precarietà, la fuggevolezza del tempo –
La sua figura si stagliava contro il mare brumoso e un senso di pace entrava nel cuore dell'uomo. Ah il sogno! questo eterno nettare della vita! sogni sulla sabbia e voci. [...]
Vide la ragazza che camminava scalza nell'acqua, alzandosi con la mano la gonna sopra le ginocchia, il sole la fasciava di profilo, esile e bruna.
Fu in quel momento che il senso luminoso della bellezza, accanto alla malinconia dello scorrere del tempo, scivolò su quello spazio e lentamente penetrò nel mare. La guardò con il senso struggente delle cose perdute.
Così in questa lunga meditazione sullo sfondo dominante del grigio, affiorano i ricordi di vita, a ogni stagione, in un'alternanza di ora e allora, passato e presente; e insieme ai ricordi, le parole degli autori che paesaggi, gesti, pensieri, suoni...portano con sé. Anche i libri rifluiscono con lo stesso moto ondoso ritornante del mare. –
Quella quercia abbattuta era rimasta per molto tempo dentro il suo cuore, segnale di un tormento a lungo soffocato. E sulla strada quella quercia scheggiata provocava ferite e ricordi. E sarebbe stato sempre così, come cantava Walt Whitman
altri vedranno le isole piccole e grandi
di qui a cinquant'anni, altri le guarderanno mentre solcano
il fiume, il sole ancora mezz'ora sull'orizzonte,
di qui a cent'anni, o anche a parecchie centinaia d'anni, altri
le vedranno,
e si godranno il tramonto, l’urger dell'alta marea, il ritrarsi
del mare alla bassa marea.
– Con questo libro Bruno Bartoletti compie un passo in avanti nella sua esperienza letteraria, perché tenta la prosa poetica, e lo compie nella forma lirica e autobiografica, che è quella sua più consona, dopo un lungo percorso attraverso la poesia. Anche la vicenda che vi si narra, le cui pagine erano rimaste alcuni anni chiuse nel cassetto, lo segnala al lettore. - Non è la sua propria, ma porta tanto di sé nei personaggi nelle situazioni nei contesti evocati...- La poesia era stata lungamente compagna ed è anzi venuta crescendo nel tempo sino a una produzione che stilisticamente si è progressivamente affinata sino a una discorsività scorrevole e essenziale. Ora questo libro sembra riaccogliere tutto della vita, delle esperienze letterarie, delle letture... A tratti si riconoscono versi o passi delle precedenti opere. E insieme tutti i libri letti, tutto un bagaglio di poesia e narrativa rifluisce in questa lirica che in ultima analisi non ha neanche una stratificazione intertestuale perché l'esperienza letteraria altrui affiora per ampie citazioni intorno ad analogie di contesti, percezioni, riflessioni e ricerca di senso nel libero corso del pensiero che si arrovella sulla vanità del tutto, sulla utilità e il significato ultimo della conoscenza, sulla «continua ricerca delle cose perdute».
È un libro, questo, che tenta di ricomporre tutto un percorso, facendo rifluire tutta la precedente produzione letteraria sino a È sempre lunedì, in un’ampia meditazione intorno al sentimento del tempo in compagnia degli autori scelti, che non si manca di indicare in una ampia nota bibliografica riportata in calce.
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