Presentazione
alla Casetta di via piacentino, 30 gennaio 2017
Dialogo sull'antologia "Poeti della diaspora italiana"
Discussione sull’antologia Nove
poetesse afroameriane tradotte e a cura del prof. Adeodato Piazza Nicolai
Tempo
permettendo, discussione sulla poesia ladina di Adeodato Piazza Nicolai
Profilo
autobiografico del prof. A.P. Nicolai
Per “POETI ITALIANI DELLA DIASPORA” si intende quei
poeti nati in Italia e poi emigrati in un altro paese, sia nel continente
americano, che in Europa eccetera. Portando con loro una educazione e la
cultura italiana, si sono inseriti nel contesto del paese che li ha ospitati.
La maggior parte di loro hanno preso la doppia cittadinanza, mantenendo quella
italiana e assumendo quella del paese che avevano scelto come seconda patria.
Questa antologia, curata dai professori Luigi
Bonaffini e Joseph Perricone (insieme a tanti altri collaboratori e
ricercatori), ha richiesto un lavoro
costante durato 15 anni. È un’opera pioneristica, che ha usato varie discipline
come la semiotica, la cronistoria e geografia dove ogni poeta della diaspora
era emigrato e ha scritto le sue poesie. Undici nazioni sono state inserite:
Argentina (5 poeti), Australia (11 poeti), Belgio (2 poeti), Brasile (3 poeti),
Canada (8 poeti), Croazia e Slovenia (14 poeti), Francia (2 poeti), Germania (9
poeti), Svizzera(4 poeti), Stati Uniti (20poeti), e Venezuela (2 poeti). Per
ogni paese c’è una introduzione generale, seguita da una prefazione per ogni
poeta.
In questo studio i paesi dell’Est Europeo, dell’Asia e
dell’Africa non sono stati inclusi, per l’ovvio problema di spazio. Già questa
antologia è di 1532 pagine. Ed è stata pubblicata dalla prestigiosa università
di Fordham, nel 2014.
Un futuro studio potrebbe concentrarsi sull’età
dell’autore, sull’età della sua emigrazione, sulle condizioni di vita che ha
lasciato alle spalle e su quella che ha trovato nella terra di adozione. Sono
tante le varianti.
Per l’antologia Poeti
della diaspora italiana, il professore Francesco Durante ha scritto una
panoramica intitolata “Sette Punti sulla poesia della diaspora italiana” (“Seven
Points on Poetry of the Italian Diaspora”) dove elabora le principali premesse
sulle poetiche della diaspora.
1.
L’emigrazione è, senza alcun dubbio, un processo
drammatico. L’impatto sofferto dagli emigranti offre loro un certo grado di
autorità poetica. Le loro memorie e riflessioni richiedono una documentazione e
i risultati meritano una valutazione critica che finora è stata ignorata.
Certamente, nella sfera letteraria del paese di adozione, le loro opere vengono
dichiarate di una qualità inferiore, Tuttavia esiste la necessità di indagare
le loro opere usando altri metodi, alti metri per stabilire nuove connessioni
fra la poesia del migrante e la classica analizzata dai critici standard.
Bisogna considerare i loro prodotti come una nascente esperienza della nuova
cultura che alimenta la “melting pot” di ogni paese. Se queste creazioni
migrate dalla patria di nascita, cioè l’Italia, sembrano essere inferiori agli
standard italiani tuttavia creano un nuovo humus, sospeso fra quello dalla
terra di nascita e il nuovo paese che li ha ospitati. Scrivere in questo territorio ambiguo e
spesso poli-linguistico segna nuove
identità, spesso ibride: un mix di nazionalità italiana e del paese adottivo.
Il punto essenziale è che in questo processo di ibridazione le parole
acquistano novelli significati e peso.
2.
L’essenziale necessità di esprimersi è alla base di
questi autori. Sono poeti che non hanno seguito una carriera letteraria. Al
contrario, sono stati spesso persone che hanno dovuto trovare un lavoro che
nulla aveva a che fare con la letteratura: manovali, meccanici, muratori,
operai sulle catene di montaggio, ecc., e il loro bisogno di esprimersi è
sfociato in poesie, racconti, romanzi basati sulle esperienze vissute sulla
propria pelle. Da qui nasce la loro originalità di espressione. Le verità vissute diventano verità
trascritte in essenziali opere d’arte. E’ un processo che attutisce la
brutalità delle loro esistenze, forse un sogno desiderato e mai realizzato, ma
tuttavia verbalizzato anche per future generazioni.
3.
Anche se a volte le emigrazioni accadevano en masse,
dove tanti emigranti da uno stesso paese partivano per l’ignoto. L’atto di
espatriare rimane sempre un gesto personale, privato, che differenzia una
persona da ogni altra persona. Una volta scritta una poesia, esisteva la
necessità dell’autore di condividerla con paesani e altri emigrati. Cos’ diventava
un atto di comunicazione e di comunione. Ecco perché una antologia come questa
segna nuovi orizzonti, nuove aperture, nuovi ponti fra la gente di ogni lingua
e stato economico.
4.
Per lo scrittore diventa anche una spinta nel tempo reale, per superare i limiti
economico-sociali e verbali. Anche se le poetiche all’inizio sono basate
sull’italiano, pian piano aprono le ali in un multi-linguismo spiccato e
originale. L’autore si abbandona in un abbraccio delle varie lingue che sente,
che lo circonda e che penetra nella sua mente e nel suo sangue. Diventa un
modus vivendi dove lei/lui si stacca dai residui linguistici della terra madre
per assimilare quelli che sente quotidianamente, sul posto di lavoro, nei bar,
nella chiesa, nel contesto sociale. Le tematiche del poeta cambiano dall’essere
auto-biografiche per inglobare le esperienze dell’Altro, delle persone e cose
che sono all’esterno della sua realtà. In questo processo amplifica le pos-sibilità
e potenzialità di condividere con gli altri, con un pubblico più vasto.
5.
Questa apertura produce una specie di poesia
“idiolettica”, [neologismo: l’idioma più il dialetto] dove il dialetto di
nascita si unisce agli altri idiomi e dialetti che ascolta ed assimila ogni
giorno, creando così una nuova poetica, separata dalla poesia tradizionale
ascritta ai poeti “nativi”. Crea un mondo verbale sospeso fra due mondi: Italia
e l’Estero, l’Altro. Sembra come l’invito di Nietzsche a costruire una casa ai
piedi di un vulcano: azione coraggiosa ma anche pericolosa. Diventa tuttavia un
passo verso la costruzione di una nuova identità sempre più ibrida.
6. Dal tedesco Gastarbeiterliteratur, il concetto di
“lavoratore ospite o letteratura ospite”,
aiuta a definire, anche se in un modo di ghettizzare, il fulcro, l’ubi consistam, della poesia e la
letteratura della diaspora . È una definizione provvisoria ma aiuta a definire il poeta “fuori casa”,
l’alieno che è andato in quel paese specifico per trovare lavoro; è perciò un
estraneo, un extracomunitario la cui presenza è sia instabile sia stagionale.
Crea ostacoli che possono soltanto essere conquistati attraverso una complessa
eredità culturale che passa da generazione a generazione. Una collisione
linguistica diventa inevitabile quando l’immigrante scarta la lingua madre
italica per legarsi, necessariamente, a quella del paese che lo ospita. E un
processo che necessita la sradicamento dall’italiano per acquisire l’altra
lingua, processo che causa disorientamento e perfino shock fisico e
psicologico. La persona si sente solo ed abbandonato, in un territorio bilingue
caotico ed incomprensibile, in una “no man’s land”—una terra di nessuno. Come
uscire?
Come
crearsi una nuova identità? Ciò si applica a multiple strutture storiche,
valide sia per il diciannovesimo che il ventesimo secolo.
7.
Precarietà, rischi, conflitti d’identità e, di
conseguenza, nature ibride: tutte queste cose fanno parte del carattere
sperimentale della poesia dell’es-patriato, anche quando questi tentativi
sembrano voler riappropriarsi dei modelli di scrittura italiani. Due cose sono
centrali a questo processo: stabilire
una nuova voce originale, e una voce che si consuma in nome di una desiderata
continuità. La poetica dell’espatriato inventa mondi nuovi mentre rinnova quegli
antichi, usando la memoria con ossessiva selettività, facendo grande quello che
è piccolo and diminuendo ciò che è grande. È una battaglia allo stesso tempo
valorosa ma valorosamente persa.
Aggiungo una nota ricavata dalla mia esperienza:
arrivato in America mi sono trovato in una terra di nessuno. Ritornato in
Cadore, dopo quaranta anni di esilio, ho
scoperto di essere diventato un Nemo
profeta in patria a Vigo di Cadore.
Il Professore e filosofo Peter Carravetta ha scritto
l’introduzione alla sezione dei poeti italiani della diaspora. Adottando uno
schema semiotico propone un quadrante temporal-spaziale con quatto punti
essenziali, come in una bussola: a nord pone (A), a sud (B), a est (C), a ovest (D).
TEMPO
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