lunedì 10 aprile 2017

Un viaggio con Elial, il bambino di due colori

Pubblicato a novembre 2016 da Atene Edizioni, “Elial. Il figlio dei due popoli” di Giovanni Nikiforos è un incantevole fantasy per adulti e ragazzi, incentrato sulle avventure di un protagonista molto speciale: in un mondo pieno di magia ma purtroppo oscurato da un grave pericolo, Elial è l’unico che, con l’aiuto dei coraggiosi amici che si prenderanno cura di lui nel corso della storia, può sperare di salvare se stesso e tutti gli altri dalla malvagità di un Dio la cui avidità non ha limiti.






Sono parecchie le qualità che rendono Elial straordinario: i suoi poteri, per esempio, incredibili persino in una dimensione dove la maggior parte delle creature possiede Doni sovrannaturali; oppure l’aspetto fisico particolare, testimonianza tangibile dell’appartenenza del bimbo a due popoli diversi: una metà del suo viso presenta infatti capelli rossi e un occhio azzurro, mentre l’altra ha capelli scuri e un occhio nero. Ma forse la vera forza del ragazzino risiede nella saggezza che gli insegnamenti del padre gli hanno regalato malgrado sia così giovane, nella sua bontà d’animo e soprattutto in quella strana capacità che hanno sempre le persone “diverse”: la capacità di penetrare sotto la superficie delle cose, di riuscire ad amare tanto la piccola amica incontrata in una semplice campagna quanto l’uccellino che canta sopra la sua testa o gli animali che pascolano nei campi, o addirittura la sola idea di una madre che in realtà non ha mai conosciuto. Elial è libero di trovare una parte di sé in tutto ciò che gli è caro, forse proprio perché è sempre stato un ibrido la cui identità non è segregata all’interno di confini netti.

In un periodo storico in cui troppo spesso sono le separazioni a prevalere, qui l’autore ha saputo creare un personaggio in grado di dare armonia anche all’unione di colori all’apparenza contrastanti.

Giovanni Nikiforos è infatti un esperto nell’arte delle sfumature, in senso letterale (oltre a essere scrittore e saggista lavora anche come illustratore) e metaforico, dato che talvolta nelle sue opere ama trattare argomenti delicati quali le difficoltà dei Paesi in via di sviluppo: un autore di ampie vedute, insomma, capace di scorgere le aree grigie laddove altri trovano solo bianco e nero; le stesse aree grigie che fanno la differenza, nella realtà quanto nella storia di Elial.





Perciò mi ritengo molto fortunata ad avere avuto la possibilità di intervistarlo: ecco come ha risposto alle mie domande! 


Ciao, Giovanni! Grazie per aver accettato di fare quattro chiacchiere con me a proposito del tuo nuovo libro, Elial. Il figlio dei due popoli.
Leggendo la tua biografia ho notato che ti piace molto viaggiare: anche tu ti senti un “figlio di popoli diversi”, un uomo che appartiene a tutti i luoghi che ha visitato anziché a un solo Paese?

Per me il viaggio è formazione, istinto, esigenza, respiro. Da ragazzo amavo molto i libri di autori come Chatwin, Bonatti, Clark, eccetra. Per rispondere alla tua domanda, potrei dirti che appartengo effettivamente a due popoli, in quanto sono metà italiano e metà greco, ma sarebbe una risposta fuorviante. In realtà io negli altri, al di là delle differenze fenotipiche e culturali, scorgo soltanto degli esseri umani par mio. Quando guardo una persona, vedo due occhi e non una razza. Al limite cerco di comprendere se siano occhi buoni o malvagi, sensibili o aridi, ma non catalogo mai in base all'etnia di appartenenza. Cerco di comprendere, di capire se posso essere arricchito o meno, di rendermi conto se valga la pena imbastire un rapporto oppure convenga lasciar perdere, ma non mi lascio condizionare da schemi precostruiti. Quindi, molto semplicemente, mi sento un uomo, non un appartenente a questo o quel popolo.  Ai luoghi mi affeziono, ma fino a un certo punto. Tendenzialmente in me prevarrebbe lo spirito nomade, ereditato di certo dalle popolazioni di raccoglitori-cacciatori preagricole.


Passiamo ora al romanzo. Uno dei primi personaggi che incontriamo nella storia è Medoro: si tratta di un caso oppure questo nome richiama volutamente quello del giovane guerriero dell’Orlando Furioso

     Quando scrivo, mi diverto sempre molto a giocare con nomi o citazioni più o meno velate, talvolta con intenti d'omaggio, talvolta con intenti di sberleffo, talvolta con intenti semplicemente ludici. Lo faccio anche nella toponomastica, quando lavoro sul fantastico. In Elial non ho espresso molto questa mia caratteristica, ma ho comunque sparpagliato qualche semino secondo tale costume. Medoro è sicuramente un nome scelto per omaggiare quel meraviglioso autore che è l'Ariosto. A titolo d'esempio, potrei citare il fatto che il fiume Bordighog è un bacio dato alla mia città, Bordighera, oppure che il nome del dio che si spegne pari a un embrione e poi è nuovamente partorito, cioè Zegeo, è una lieve trasformazione di Zagreus, il Dioniso che muore e poi rinasce nella mitologia greca. Un dio che muore e risorge c'è praticamente in tutti i corpus mitologico-teogonici delle grandi tradizioni religiose. 

     Come si vede dall’immagine di copertina, il volto del protagonista Elial ha due fisionomie diverse, segno della sua appartenenza a popoli distinti. Anche nella realtà le persone possono portare su di loro i tratti caratteristici di etnie differenti: che cosa pensa Elial quando si guarda allo specchio? 

     Sinceramente non saprei. Magari glielo domando e poi ti faccio sapere... Scherzi a parte, credo che questa domanda si riagganci alla prima. Sentirsi diversi, nell'accezione deteriore che spesso si dà a questo termine, è indubbiamente doloroso. Elial ne patisce, dapprima. Quando poi scopre l'esplosiva varietà che lo circonda, si sente rinfrancato e supera il proprio senso di non-appartenenza.    

     Leggendo il brano in cui viene spiegata la teogonia degli Dei della tua storia, ho notato una vaga somiglianza tra il Dio che Deforma e le divinità animali del lungometraggio Principessa Mononoke di Hayao Miyazaki: nel film il Dio è presente in ogni creatura vivente, ma quando una di queste muore per morte violenta il suo potere divino “impazzisce”, diventando malvagio e infettando tutto ciò che tocca. Anche il Dio che Deforma è frutto della corruzione di un essere dapprima puro e diventato maligno a causa della violenza? Secondo te la violenza è come un morbo infettivo?

     Confesso la mia ignoranza: non conosco il lungometraggio. Per la verità, il Dio che Deforma è un comunissimo espediente letterario: mi serviva, anche per esigenze di temi stabiliti con l'editore, un cattivo che fosse cattivo sul serio, proprio una vera carogna. Nel brano della teogonia, fra le altre cose, ho voluto tributare un piccolo omaggio a Esiodo e richiamarmi ad alcune teorie del filosofo Empedocle, ma con molta leggerezza. Il tema della violenza, invece, lo trovo complesso, al di là di quello che potrebbe essere una risposta di comodo. Gli studi sull'aggressività, a partire da quelli di Lorenz raccontati ne "Il cosiddetto male", per arrivare a quelli successivi, evidenziano come l'aggressività sia una componente fondamentale nei rapporti intraspecifici. La violenza ne è purtroppo una delle espressioni peggiori. Per disinnescarla su scala globale bisognerebbe iniziare ad affrontare quello che è il vero problema del mondo odierno, da cui in buona parte derivano gli altri, cioè l'esplosivo boom demografico. È questo, unito alla natura raptatoria dell'essere umano, il grande tema. Purtroppo è un tema estremamente complesso, che non si può affrontare in maniera rapida e demagogica in poche righe.     

      Tra le altre cose, il piccolo Elial è in grado di parlare con gli animali. So che sei un naturalista e che quindi la natura è parte integrante del tuo vivere quotidiano: credi che chi studia a fondo il mondo animale e quello vegetale, rispettandolo e scoprendone i misteri, possa in qualche modo arrivare a dialogare con lui? 

     Tutti noi siamo natura. Non dovrebbe servire studiarla per sentirlo. Purtroppo spesso ci comportiamo come se non lo fossimo, azzannando e dilaniando la mano che ci nutre e ci accarezza. Sono cose che si pagano.  

     Per concludere vorrei porti una domanda sul tuo futuro di autore; mi hai confidato che prima di Elial non avevi mai scritto un fantasy: quest’esperienza ti è piaciuta? Credi che ti dedicherai ancora al fantasy? 

     Elial è nato per caso. Un giorno stavo preparando delle tavole illustrate per il mio editore, quando l'ho sentito esclamare: "Mi piacerebbe pubblicare un fantasy per Natale". Da lì poi è nato tutto. Io amo molto il fantastico, al di là del fantasy sensu stricto, a partire dalle mitologie in generale - la greca su tutte - passando per i poemi di formazione tipo Gilgamesh, Baghavad Gita, Iliade, per arrivare all'Inferno dantesco, ai cicli cavallereschi, a Milton, Rabelais e Swift (autori che amo molto), a Carroll, eccetera. Laddove c'è commistione di reale e fantastico, provo piacere a leggere, se ben scritto. Quindi mi sono lanciato volentieri in questa avventura, dove ho tentato, per lo meno in parte, di scostarmi dall'immaginario celtico o norreno tipico di molti fantasy. Quanto all'idea di scriverne un altro... be', se Elial vende un milione di copie, magari un mezzo pensierino ce lo faccio. 

     Ti ringrazio molto per la gentilezza e la disponibilità. Alla prossima, e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti! 


      

      Articolo e intervista a cura di Elisa Costa




















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