lunedì 10 novembre 2014

Su Volevo essere Bill Evans di Sergio Pasquandrea

recensione di Nico D'Alessio
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Fara Editore, 2014                                 

http://www.faraeditore.it/html/siacosache/billevans.htmlAutunno e mio padre mi invita a leggere un libro dal titolo Volevo essere Bill Evans di Sergio Pasquandrea: domanda lecita la mia,  il pianista o il sassofonista?

Mio padre attende e conferma, la copertina riporta il disegno di un  suonatore di tromba.

Beh!

Effettivamente ricevo il libro, un formato snello,  così lo porto in giro nel mio marsupio!

Dopo una breve presentazione, già dalla prima riga si entra nel vivo dellopera (pag. 11): gli odori e le immagini si fanno intensi: il jazz è musica dattimi.

LHere and Now, di Pasquandrea, non è una citazione assiomatica del trattato di musica moderna (Music Here and Now  del 1939) di Ernst Krnenek, ma una condizione mentale che i musicisti praticano, lo offre al lettore, preparandolo ad uno stato mentale ricettivo.

Il mio dubbio sulla dualità di Bill Evans, si dissolve nel capitolo successivo intitolato “Conversazione con Bill” (pag. 14). L'autore racconta la sua adorazione per il più noto pianista Bill Evans il quale, con la sua colta poetica pianistica, innestò il seme della cultura Europea sulle labbra dellastro nascente del jazz: Miles Davis. Dal connubio di questi artisti nacque il cool jazz.

Storie e aneddoti si susseguono, partendo a volte anche da vicende personali di Pasquandrea, toccando quei geniali musicisti di jazz che con la loro personalità al limite dellumano vivere con i loro vizi e stravizi hanno lasciato orme indelebili nella storia della musica del '900 appena trascorso.

Un mondo con un suo linguaggio (slang) dove il coinvolgimento è più facile per un bambino che per un adulto (pag. 62-63) perché lapproccio a questo genere musicale è di tipo verbale-uditivo: lo conferma del fatto che Django non sapesse leggere la musica né conoscesse le scale musicali (pag. 49).

Il susseguirsi degli episodi fanno scivolare i capitoli del libretto senza sosta, fino alla fine.

Una celebre frase di Zappa, che Pasquandrea usa da introduzione (pag. 69) al capitolo “Certificato di Esistenza in Vita” – il jazz non è morto ma emana solo uno strano odore –  ci riporta ad un aspetto conclusivo del suo libro: gli uomini sono più impegnati a sforzarsi di catalogare-criticare la musica, i suoni, le immagini, gli individui etc. che a viverli con gli occhi, le orecchie, di un bambino senza preconcetti! 

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