I DADI INNAMORATI. A quel punto il rapporto armonico entra nell'armonia androgina uomo-donna di una rappresentazione allegorica divina come unità dei contrari che risente della spinta del pugno verso il gioco delle parti come tensione di tendenza a raggiungere la meta nell'oggetto mediante l'oggetto stesso: il dado come sorte. Nel processo dinamico i dadi si uniscono e dividono in un dualismo tra classi contrapposte di pulsioni sessuali contrapposte a quelle dell'IO di cui entrambi i dadi si servono per strutturare la loro condotta nel raggiungimento del massimo dei voti e del successo. La sintomatologia del piacere si fa sentire ed a volte vuole prevalere come perversione polimorfa che non scompare mai del tutto ed anzi in talune circostanze si applica elettivamente intendendola come spirito di conservazione. Tirando i dadi perciò questi possono riprodurre l'attrazione fra di loro come una pulsione di morte che tende ad instaurare con il dado con cui gioca la sua principale partita una unità vivente in cui identificarsi e che tende all'autodistruzione esterna intesa come oggetto di aggressione di ciò che scollega da quella parte silenziosa e vuota in cui si avverte l'annullamento in cui si avverte l'incoercibilità e l'irriducibilità della coazione a ripetere lo stesso gesto di scommettere in maniera illogica e smodata nel conflitto che dà il principio al piacere e che diviene poi principio di realtà dove si configura una ricerca attiva della sofferenza che giunge al limite della sopportazione e che rimane finalizzata a sé stessa. In quell'istante si crea un movimento che protende i pugni verso una natura di studio del gesto che possa avere istanza umanistica nel lancio e che possa riportare i dadi ad un ordinamento sistematico del modello e fondazione della creazione della donna come mente operosa dell'uomo che serve a ricostruire e riformare le sue connessioni di guida al disegno di amore che governa l'universo e che nella sorte trova un modulo di crescita, di maturazione e di sviluppo. Così il giocatore decide di fare un patto con i dadi "Qualche volta date il risultato sperato di meraviglia, di sorpresa per una promessa di salvezza visibile e tangibile da dove derivi obbedienza alla legge morale che rappresenta uno slancio in avanti in cui i dadi diano il numero un dici essere 1 che vale uno e dire che 1 è divisibile solo per sé stesso per generare parità. La dottrina del patto si articola su 2 livelli corrispondenti al dado maschile e femminile: quello comunitario in cui il singolo individuo è giustificato nel battesimo da una generale vocazione ad essere cristiano e partecipe dell'opera redentrice di Cristo attraverso la Grazia e quella delle opere di particolare vocazione attraverso la sola ragione che hanno particolari conseguenze sulla vita comune e della Chiesa." I dadi però disobbediscono, non ne vogliono sapere di dare un risultato di parità in quanto non sono molto sapienti e si lasciano ingannare dalla lusinga di avere un facile guadagno e ricavo degli sforzi come per la parabola dei vignaioli che pure nell'ultima ora vengono ripagati come i primi per il loro impegno e in cui si fa una chiara differenziazione come per il libro di Salomone della sorte dei giusti da quella dei malvagi che agiscono solo per opportunismo e non con sincerità di cuore e per cui la Sapienza dei dadi di tirare sulla sorte di una tunica cucita tutta di un pezzo porterebbe alla riflessione su una funzione di mediazione dei dadi che mettono alla prova del vaglio le nostre intenzioni e che decidono la nostra fortuna non in base alla miseria dell'idolatria e della mercificazione, ma attraverso un linguaggio che passi attraverso il flusso dell'esperienza che come anonima presenza in noi precede la distinzione dell'IO dalla cosa. Il dado puro c'è ed è un dato coscienziale originario, valicabile solo per analogia e somiglianza con Gesù come manifestazione dell'amore divino per noi che rappresenta l'esperienza pura. Noi siamo la nostra stessa sorte, buona o cattiva che sia, bella o brutta che valga e tirando i nostri dadi nella scelta componiamo il nostro stesso destino: l'amor servente è accanto a noi se ne abbiamo rispetto e lo curiamo come un indifeso pargolo eterno bambino.
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