I DADI INNAMORATI. Molte donne giocano d'azzardo con i dadi dell'amore puntando tutta la loro intera vita nel tentare di realizzare la favola che le renderà principesse, il sogno che le farà felici diventando mogli, madri e realizzate lavoratrici. Queste donne sono attirate dal gioco della seduzione, dall'intrigante mistero delle meraviglie di Alice che le attrae per saltarci dentro a piè pari e così prima agiscono rischiando il tutto e per tutto e buttandosi nell'impresa avventurosa e poi riflettono sugli errori commessi. L'azione del gioco è rapida e porta all'iniziativa nel credere idealisticamente di trovarsi in simbiosi con l'altro e di poterlo sposare e fin quando sono occupati dall'adattamento alle molteplici esigenze esterne della vita il loro accordo pare perfetto e si spalleggiano a vicenda difendendosi bene nelle difficoltà, ma poi arriva il momento in cui comprendono di non essersi mai capiti e che nel confronto si crea un conflitto velenoso, violento e pieno di reciproca svalutazione anche quando questo atto procede a passi lenti persino nell'intimità dove tutto si raffredda perché ciò che è un valore per l'uno è il non valore per l'altra. Si instaura così un critico periodo di transizione in cui i dadi provano a pensare che ognuno cosciente del proprio valore possa tranquillamente riconoscere il valore di un altra rendendo superfluo il conflitto fra loro, ma in realtà molti non sono capaci perché vogliono sempre trovarsi di fronte ad una situazione idilliaca, ad una magia che porta ad una felice fusione di caratteristiche piuttosto rara a verificarsi in quanto la maggior parte dei dadi esige non soltanto una vita che dia sicurezza relativa del mangiare e dormire, ma anche un esistenza soddisfacente ed appagante sull'oggetto dado della buona sorte di cui il dado maschile si fa una idea sbagliata o paralizzante che prima o poi o lo renderà più distante dall'oggetto come qualcosa di possente e pericoloso oppure più attaccato dicendosi "Vorrei sapere cosa c'è dentro l'amore, ne sono curioso, giochiamo", ma poi vedendo che ci si perde molto in sofferenza, dolore, delusione, frustrazione e distruzione interiore tentano di fuggire da quella prigione che li incarcera e li soffoca oppure invece ne rimangono stregati al punto da non potersene liberare e da vederla come l'unica possibilità di non avvertire il senso di vuoto che li rende insicuri e patetici. Per l'introverso Alex che giocava la partita dell'amore il dado diceva "Forse è proibito entrare in confidenza con simile sentimento" e già pensa fra sé e sé che se varcherà quella soglia di desiderio incorrerà a non precisati divieti di polizia, multoni, cani feroci che lo azzanneranno mentre il dado femminile gli dirà all'orecchio "Possiamo chiedere per vedere se ci lasciano entrare e vedrai che gli angeli custodi dell'amore sicuramente ci guideranno dentro una romantica avventura" Invece quando Alex si lascia convincere e si persuade che infondo non sia una cosa cattiva giocare e scommettere e si ritrova di fronte a molte peripezie e che ci sono dei riadattamenti scenografici dove lui trova insieme al dado femminile un manoscritto che lo incanta e lo invita a leggerlo "Se sei arrivato fino a qui devi lasciarti guidare dalla ricerca dei tesori nel campo e dall'entusiasmo della loro contemplazione e devi lasciarti da coinvolgere dalla loro storia strappando loro il maggior numero possibile di informazioni, e poiché nella conversione il risultato deve essere il tuo arricchimento devi rispettare le regole poste dal sovraintendente che dice che devi cercare subito senza porre tempo in mezzo il primo tesoro che è un orologio del tempo che corre per rivolgere a lui per primo le tue domande ed i tuoi timori in modo tale che tu non cambi faccia, ma i requisiti della tua anima" Mentre leggeva questo manoscritto Alex si sentì pervadere da un senso di smarrimento dello slancio dei suoi dadi e si accorge che ci sono dei guardiaportoni che paiono cortesi nell'invitarlo a tentare, ma che in realtà sono macisti e forzuti nell'aver trasformato la sua anima in un cadente museo impolverato dove l'espressione è contratta in ogni riferimento decorativo che persegue più che altro la rigorosa aderenza alle strutture edilizie di una specifica funzione a cui erano state destinate: la devozione. Per la sua stessa natura, quindi, nel tirare i dadi dell'amore come molti uomini decide di soddisfare precise necessità individuali e collettive del suo esistere sempre confinante come sintesi simbolica di forma e funzione di procreatore monumentale, eroico e paradigmatico che più di ogni altro essere vuole far prevalere la piramide destinata ad esaltare il valore mitico-rappresentativo del fenomeno amoroso che rende coraggiosi gli uomini, che li rende protagonisti della scena ed al contempo strettamente legati al sentirsi divini. In questo contesto progettuale ed ideologico Alex getta i dadi per articolarsi di un dibattito teorico-pratico con un significato polemico di contrapposizione fra razionalità neoclassica e irrazionalità pulsionale tardobarocca complessa nel suo genere. Tuttavia, la funzionalità del gioco come criterio generale per la definizione formalistica strutturale diviene di carattere di copia incolla, di imitazione e talvolta persino di emulazione industriale di uomo urbanistico che cerca la vigilessa della sua confusa visuale amorosa. Per questo motivo Alex cerca di svicolare in mezzo al traffico amoroso richiudendosi dentro una teca senza ossigeno che lo conservi nell'affrontare una serie di problemi di coerenza nella tecnologia e nel progresso per trovare il suo giusto e corretto movimento proteso alle esigenze di nuovi tipi di uomini che siano pionieri del superamento del valore puramente estetico ed invece far piuttosto prevalere la forma che segue la funzione sia organica che razionale ed equilibrata. Si comincia così dal vaso di Pandora che per trovare un carattere originale e chiaramente definito vivacemente rigetta fuori le cattiverie dell'invidia e della gelosia nel mondo circostante seppure ricerca il gusto naturalistico con esperienze che irrigidiscono in una stilizzazione amorosa più che altro convenzionale. La scultura del vaso di Pandora cerca di essere plastica durante il gioco delle parti, ma in realtà l'amministrazione degli atti privati è alquanto scarna nel suo incedere per l'utilizzo di pietre dure che non prevedono risveglio del sostrato primitivo ad una completa osmosi tra i mondi maschile e femminile, ma anzi prevede solo fortificazioni e barriere circondate da ampie e robuste cinte difensive impenetrabili con schemi essenziali da santuario e da grande labirinto che si contrappone al complesso ordinato là dove l'amore della tomba e del silenzio solingo tenta di diventare e trasformarsi in pianta circolare aperta disposta concentricamente anche se con sovrapposti sentimenti che vorrebbero rappresentare premura e protezione poggiate sulla divinità e potenza reale. Ma il vaso di Pandora è di creta, fragile, vulnerabile che richiama alla tradizione dottrinale influenzata da simboli parietali che vorrebbero rivelare una perfezione di alto livello virtuoso che in realtà decade quando si incontra l'ignoranza della grettezza e si perde la raffinatezza dell'artigianato in cui traspaiano ricchi corredi di dadi di esclusivo uso celebrativo della maternità dove la parte femminile si vuole ritrovare costi quel che costi e dove il culmine è la doppia lama della spirale amorosa che inganna, che soggioga, che stupra, che violenta, che deturpa fino all'ultimo spasimo e poi che porta il gioco alla perdita della vita ed alla scena della tragedia finale dove tutto scompare e non rimane che amarezza del leone fuggente che cerca di ricomporre i pezzi come un puzzle che vorrebbe incastrare le parti in un immagine che avvolge il vaso di Pandora facendolo diventare il vaso dell'amor vivente che si dona solo nel riconoscimento del valore dei dadi: non un gioco passionale del fuoco dei sentimenti fugaci, ma un gioco armonioso che attende al miglior risultato di ritrovarsi specchiati nell'anima dell'altra come se fosse la nostra stessa parte, stesso motivo, stesso intento, stesso contenuto di avvento.
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