All'Istituto Alberto Marvelli I DADI INNAMORATI. Per Fabio invece il partecipare al gioco amoroso era come vivere un atto goliardico per l'affermazione e l'evoluzione dell'immagine dell'uomo preistorico che sa produrre con nuove occasioni e stimoli al riconoscimento affettivo di una ideologia che sa identificare nell'accoglimento occasioni e elementi di grandi ponti sospesi connessi all'operatività creativa di spazio borghese che volgono allo scambio dello spettacolare emporio di volontà autocelebrativa semilavorata dove l'uomo vive fra le sue stesse infrastrutture generiche stazionate nelle fermate dei binari dell'esistenza che vuole diventare autonoma, indipendente e che invece si ritrova legata, ammanettata dallo stigma stereotipato del comandante della nave che si lascia guidare dalle tempeste passionali ed in queste non riesce a moderarsi in quanto gli piace vivere l'attimo la fase successiva del disegno amoroso di poter avere una appartenenza di un patto di ferro per cui il dado femminile non è altro che una continuazione dell'Io maschile riprodotta in precisi momenti costitutivi del rapporto fra meccanizzazione e tipizzazione del sentimento di specificazione della divisione del distacco da ogni realtà per ottenere una esclusività possessiva. Poi quando Fabio si accorge che è tutto un bluff e il dado femminile interrompe bruscamente i rapporti, non lo sopporta, non lo concepisce in alcun modo perché lui è il padrone, lui è la giusta presenza anche se invadente del valore donna in quel gioco in cui lui si individua in un circolo vizioso indefinito di potenzialità mascolina di sopraffazione che poi nell'insuccesso e nel suo decadimento sconvolge tutti i piani e le previsioni fino al punto cruciale di destabilizzare ed a portare le analisi metriche alla sfiducia, all'avvilimento e all'afflizione drammatica che conduce al delirio dell'omicidio che si manifesta in una logica intrinseca che affronta il problema dell'impatto sulla massa e sul pubblico della sconfitta e dell'essere un perdente spiantato. Inutile vivere nelle remore della principale conferma che si degrada nella crisi borghese accelerata dalle guerre che sgombrano il campo al capitalismo e alla sua pretesa di creare ovunque attraverso una ideologia unificante le condizioni culturali per la propria riproduzione di uomo stratega ed imperatore su scala planetaria, quando invece le condizioni di vita volgono a voler superare ciò che viene intesa come sconfitta ideologica dell'uomo oggetto, della donna manager e di un trionfale successo materialistico femminile nei suoi metodi strumentali che riducono il maschio a zerbino e a strumento di gloria mentre la donna come Chiara Ferragni diventa un mezzo di impresa pubblicitario di facile accesso che obiettivamente di artistico non ha nulla di consistente se non che una variante puramente consumistica di effetto speculativo dei dadi che si lanciano con la prospettiva del successo in uno stile bieco di cui la probabilità è la nullità assoluta del sentimento e compare invece solo la verità nuda del processo scarno di una maschera di falso profilo dove l'amore sparisce dietro la cortina fumosa dell'usa e getta, della provocazione che conquista, ma poi stanca quando diviene banalità, ripetitività, stampo inautentico. Fabio lo sa che quando il gioco si fa duro il maschio debole non resiste e che il suo essere sovversivo non esiste ed è solo un Lucignolo anziché una lanterna, una formica schiacciata che prima o poi si tramuterà in tigre arrabbiata e feroce, un moggio dove tutto sotto la bufera ed il trambusto soggiace.
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