martedì 7 gennaio 2025

Cura a Fonte Avellana dal 4 al 6 luglio 2025


“Cura” è il tema, proposto da Ilaria Giovinazzo e Giuseppe Moscati, votato e scelto alla Verna  per la kermesse avellanita 2025. Il tema si presta come sempre a molteplici “letture”: naturali, spirituali, (geo)politiche, psicologiche, artistiche, poetiche, musicali, narrative, filosofiche, ecc. Puoi partecipare con una riflessione, una testimonianza, un reading poetico, un racconto, una piccola performance teatrale e/o musicale, un’opera d’arte (che, sentiti i monaci, potrebbe anche rimanere esposta nei giorni della kermesse), un mini laboratorio o altro per un massimo di 15 minuti. Saremo calorosamente ospitati dalla comunità camaldolese nello splendido monastero di Fonte Avellana
Si parte puntuali alle 15:00 di venerdì 4 luglio 2025 per finire alle 16:30 di domenica 6 luglio 2025 dopo aver scelto il tema per la prossima edizione. L’incontro è aperto a tutti, relatori e uditori, credenti e non credenti. È richiesta la presenza per tutta la durata della kermesse per creare un’atmosfera conviviale di attenzione e reciproco ascolto nel rispetto del silenzio del luogo e per staccare dal “rumore” tecnologico e lavorativo quotidiano. Si possono portare libri, cd e altro materiale per vendite/scambi autogestiti e/o per donarli al monastero. Chi suona uno strumento è pregato di portarlo. 
Data la sempre crescente partecipazione, le adesioni saranno accolte in ordine di arrivo.
Per aderire, sei pregato di inviare a info@faraeditore.it entro il 31 gennaio 2025, assieme al titolo del tuo intervento, max 7 righe di autopresentazione essenziale, stringata e simpatica (evitando possibilmente elenchi di titoli e premi e puntando alle cose salienti della proprio cursus umano e professionale) e a una foto.
Il costo totale del soggiorno dalla cena di venerdì al pranzo di domenica è di € 120,00 (€ 100,00 a testa per chi sta camera doppia o a più letti e solo € 90,00 per chi ha meno di 35 anni, ricordandomelo nell'adesione). Se desideri prolungare il soggiorno e/o fare pasti aggiuntivi (ogni pasto in più € 20,00) sei pregato di comunicarmelo, assieme alla sistemazione desiderata (singola o doppia): RICORDA di portare lenzuola e asciugamani. Grazie mille per l’attenzione e ogni bene,
Alessandro
info@faraeditore.it
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giovedì 2 gennaio 2025

“IN PRINCIPIO…” a Cesenatico febbraio 2025

Ritornano per tre mercoledì di febbraio 2025 gli incontri di LETTERATURA E TEOLOGIA a San Giacomo di Cesenatico alle ore 21:00. 

Il tema di quest’anno è

“IN PRINCIPIO…” (Genesi 1-4)


Gli scrittori che ci accompagneranno nel nostro viaggio saranno TOLKIEN, GLÜCK e STEINBECK.
Ti aspetto e… diffondi la voce!
Grazie,



lunedì 23 dicembre 2024

L’ALBERO DI NATALE

Un racconto di Sandro Serreri

Sedeva, tutto solo, sulla panchina alla quale da tempo si era affezionato, perché da questa, per la prima volta, aveva visto l’orologio e ascoltato incuriosito i suoi rintocchi. L’orologio era lì da oltre un secolo, ma lui non lo aveva mai visto prima della sera del 24 dicembre di tanti anni fa. 

Ebbene, seduto sulla sua solita panchina, mancavano tre giorni a Natale, non aveva tardato a notare che le lancette dell’orologio erano ferme, che insolitamente era privo di decorazioni natalizie e che il vicino lampione, anche lui lì da oltre un secolo, quello che gli faceva compagnia e lo illuminava, era spento. Inoltre, notò che nessuno passava, né a piedi né in bicicletta, per la piccola piazza a lui tanto cara. 

Uno strano silenzio avvolgeva tutto, strano perché, non lontano, c’era una via che nei giorni di Natale era molto animata e chiassosa a causa di alcuni negozi molto popolari per l’acquisto dei regali natalizi.  


Tutte le sere, rincasando, sostava sulla panchina giusto il tempo per ascoltare qualche rintocco di quarto o di mezzora, ma anche per riposarsi dalla fatica di dover tornare a casa.

E proprio quella sera, non avrebbe voluto tornare a casa per così tanti motivi che il solo pensiero gli aveva provocato un fastidioso cerchio alla testa. 

A casa, come tutti gli anni, ancora non aveva fatto l’albero e sulla porta non aveva appeso la ghirlanda che ogni anno cambiava colore. Dentro di sé si sentiva molto triste e questa tristezza lo aveva reso incapace di reagire alla annuale, forte tentazione di non festeggiare il Natale. Ma anche quella sera doveva rientrare a casa e non poteva fare diversamente.


Stando così seduto, immobile, con lo sguardo fisso sul quadrante dell’orologio, improvvisamente fu attratto da una luce bianca che, dietro la sagoma metallica del contatempo fermo, andava aumentando d’intensità sino a illuminare quasi tutto lo spazio della piazzetta. A quella vista si stropicciò gli occhi alcune volte col risultato non solo di continuare a vedere, ma anche di lasciarsi incantare da quel fenomeno che giudicò essere una magia o un miracolo. Ma come la luce perse la sua intensità, ecco apparire un bambino. Gli andava incontro a piccoli passi. Aveva i capelli color carota, vestiva di verde e di blu, sorrideva e calzava delle buffe pantofole a forma di testa di alce. 


Giunto che fu a pochi passi da lui, che sbigottito si era alzato in piedi e aveva tirato su il bavero del cappotto tenendolo stretto e premuto sulla gola come per proteggersi, il bambino tese la mano destra e disse: “Ciao David! Io sono Alfred!”. “Come sai il mio nome?”, gli domandò, quasi balbettando. “Oh, io so tante cose di te!”. “Tante, tante cose di me?”. “Sì! So che hai cinquantun anni, che da ventitré fai un lavoro che non ti piace, che odi tornare a casa, che sei quasi sempre triste e che anche quest’anno non hai ancora addobbato l’albero di Natale”. 

David non credeva alle sue orecchie. Era tutto esatto. Tolse la mano dal bavero, la porse verso il bambino e gli domandò: “Ma tu chi sei?”. “Te l’ho già detto, sono Alfred!”.


Così dicendo, con un gran sorriso, si sedette sulla panchina, e in quel preciso momento gl’ingranaggi dell’orologio ripresero a funzionare, le lancette ruotarono e per tutta la piccola piazza riecheggiarono 1, 2, 3… 7, 8, 9 rintocchi, forti e solenni. “Le 9 della sera”, pensò David, seduto al fianco di Alfred. Ma le sorprese non finirono. Dopo il nono rintocco, il lampione tornò a emettere la sua luce quasi giallognola. L’orologio, illuminato come non mai, si vestì a festa: la corona dell’Avvento sul tettuccio del quadrante e ghirlande di pungitopo dal collo ai piedi della sagoma.

Questa volta David non credeva ai suoi occhi. Rivoltò al bambino, che avrà avuto dieci o undici anni, gli domandò: “Dimmi: è tutto vero quel che sto udendo e vedendo o tu sei, semplicemente, un sogno?”. “Tutto, tutto vero, verissimo!”, gli rispose pimpante. “Che cosa vuoi da me?”, allora gli domandò David alzandosi in piedi di scatto. “Che tu venga con me!”. “Con te? E dove?”. “Vieni con me e vedrai!”. 

Alfred lo prese per la mano sinistra e i due si avviarono lasciandosi alle spalle la panchina, l’orologio, il lampione, la piazzetta. 


Accompagnato e tirato per mano da Alfred, David non sapeva altro che dirsi, se non: “Sto sognando! Sto sognando!”. 

Alfred fischiettava un motivetto natalizio mentre davanti a loro, passo dopo passo, la via si liberava e usciva da una sorta di nebbia per mostrare sempre più chiari i contorni di edifici, tetti, vetrine, lampioni, aiuole, cassonetti, scale, portoni, e si animava di gente ben vestita che entrava o usciva dai negozi o dalle case, di bambini a seguito delle loro mamme, di fattorini in procinto di consegnare pacchi di tutte le dimensioni. 

David, cammin facendo, ebbe l’impressione di riconoscere alcuni particolari, come insegne di negozi e uffici, provenienti dal suo passato ma, allo stesso tempo, era altrettanto sicuro di percorrerla per la prima volta. 

Dopo essere passati davanti a una pasticceria, sul marciapiede antistante si era formata una piccola fila di signore e signori in attesa del loro turno d’ingresso. Ed ecco, al centro del largo della via, ergersi maestoso in tutta la sua bellezza di decorazioni e luci variopinte un alto albero di Natale. Quasi sotto i suoi addobbati rami, un gruppetto di ragazzini e ragazzine, disposti a semicerchio, cantavano una canzone che chiedeva pace e tanta neve. 


David e Alfred si fermarono a contemplare l’albero e ad ascoltare il bel coro. “Lo riconosci?”, gli domandò Alfred dopo aver fatto due passi avanti e averglielo indicato con un gesto della mano. “Dovrei?”, gli rispose David guardandolo con occhi smarriti. “Sì! Lo hai fatto tu, con i tuoi fratelli e sorelle!”. David ci pensò un pochino prima di dire, con tono scocciato: “Io non ho né fratelli né sorelle!”. “È vero! Li hai tutti allontanati e abbandonati alle loro vite!”, gli rispose Alfred con manifesto tono di rimprovero. David non ebbe il coraggio di replicare e chiusi gli occhi, come per sfuggire alla realtà, ricordò quando con i fratelli e le sorelle, bambini e adolescenti, durante i giorni della novena di Natale si dedicavano, su commissione, ad addobbare alberi di Natale in case private, edifici istituzionali, negozi e piazze. In quest’arte l’intera sua famiglia eccelleva ed era nota in tutti i vicini villaggi e in tutta la regione. L’avevano eredita dal nonno e dal padre, arredatori e decoratori. 


Alfred, dopo un attimo di esitazione, lo lasciò solo con i suoi ricordi e pensieri e, in punta di piedi, si allontanò.

Poco dopo, David si sentì picchiettare sulla spalla: “Giovanotto, la stavo aspettando per le nove di questa mattina. Perché è ancora qui?”. Un’anziana signora, avvolta da un lungo cappotto con il collo di volpe argentata, lo osservava con volto risentito nell’attesa di una sua risposta. Allora, si rese subito conto di non essere più il lui di adesso, ma quello di tanti anni fa, quando, con gran divertimento, dirigeva, essendo il primogenito, la squadra dei fratelli e delle sorelle negli addobbi natalizi di alberi, ma anche di ingressi di abitazioni e di soggiorni familiari. L’anziana signora, spazientita dal suo silenzio, gli domandò, per la seconda volta: “Perché è ancora qui?”. Alfred giunse giusto in tempo per toglierlo dall’imbarazzo del non avere una risposta. 

Lo prese di nuovo per la mano e gli disse: “Andiamo! Devi vedere e ascoltare altro!”.


Ed ecco che, come per magia, l’albero, il coro, la via, i negozi, l’andirivieni, non c’erano più. Al loro posto una stanza color verde pistacchio dove un uomo, seduto su una poltrona dall’alta spalliera, davanti a un camino dove ardeva un fuoco di legna scoppiettante, tossiva ripetutamente sforzandosi di dire parole che a mala pena riuscivano a uscire dalla gola. Quest’uomo, lo riconobbe, era il padre, ormai vecchio e molto malato. David ricordò la sera durante la quale, dopo aver cenato insieme, padre e figlio si erano messi a tirar somme sulla loro famiglia dove, ormai da alcuni anni, regnavano divisioni e ripicche. Il padre, rimasto vedovo da oltre un anno, aveva più volte tentato di incollare i “vari cocci”, ma non era riuscito nella difficile impresa perché tutti i figli, soprattutto il primogenito, lui, David, sapevano solo gridare le loro ragioni senza mai intavolare un vero dialogo. Quella sera David, nonostante la ripetuta richiesta del padre, non aveva voluto riconoscere le sue responsabilità e, soprattutto, il suo orgoglio ferito e dolorante. In questa occasione, il padre aveva rinunciato a farsi promettere da David che dopo la sua morte avrebbe fatto di tutto per costituire una Società senza escludere nessuno dei fratelli e delle sorelle. Qualche giorno dopo i suoi polmoni cessarono di respirare e la sua famiglia rimase divisa dopo aver preso ognuno la propria parte e la sua strada.


Dopo aver rivisto e rivissuto la triste morte del padre, il tempo in un solo secondo tornò al presente e Alfred, con sguardo pensieroso, gli domandò: “Sei dispiaciuto? Sei pentito?”. Ma non fece in tempo a rispondere, che si trovò in un’altra stanza alle cui pareti erano appese pentole, tegami in rame, piccoli cesti in vimini, vecchi piatti d’epoca. La riconobbe, quasi subito: era la assai vissuta cucina della sorella Margareth. 

Margareth, secondogenita, era stata la sua sorella preferita. Molto simile a lui per carattere, dopo la morte del padre, si erano accordati nel tentativo di rappacificare gli animi, di fugare le controversie familiari, di cercare e trovare possibili compromessi. Ma l’orgoglio di alcuni di loro e le cattive intromissioni di parenti chiacchieroni avevano vanificato tutti i loro sforzi, tutte la loro buone intenzioni. Da ultimo – il Diavolo, si sa, ci mette sempre la coda! –, per una parola fuori posto e male interpretata, anche loro due si divisero e allontanarono per sempre. 

Sul tavolo fumava la crostata di ciliegie appena sfornata da Margareth. Era la sua crostata preferita. La sorella, con calma e sorridente, tagliò una prima e poi una seconda fetta. Quindi, diede la prima a David, accompagnandola con un invito: “Dai, addolcisciti!”. 

David a questa scena si commosse ed ebbe come un brivido. Poi, il tutto svanì come nebbia al sole. 


Si ritrovò davanti al grande albero di Natale, senza più il coro, ma il va e vieni di numerose persone con pacchi e pacchetti natalizi, buste della spesa e bambini che si rincorrevano qua e la. Accanto a lui Alfred canticchiava: “Astro del ciel…”. E dal cielo di grigio chiaro cadevano piccoli fiocchi di neve. 

Ora, non resta che un’ultima stanza!”, disse Alfred a David prendendolo ancora una volta per mano. E così, dopo avergli stretto forte la mano per tre volte, i due si trovarono dentro una stanza celeste pastello e nel chiarore di una luce soffusa. Era il soggiorno della casa di David. Come accadeva ormai da anni, non c’era l’albero di Natale e nessuna decorazione natalizia. Solo un bel fuoco nel camino, in un angolo della stanza, emanava un calore assai piacevole. David stancamente vi si sedette davanti e così pure Alfred. Stettero in silenzio, senza dire una parola, con le mani aperte e tese verso le fiamme danzanti rosso-arancio. 

Che ne dici se facciamo insieme l’albero?”, domandò David ad Alfred. “È proprio quello che mi aspettavo di sentire!”, gli rispose sfregandosi le mani. Allora David portò dal sottoscala diverse scatole colorate, piccole e grandi, e un albero che sembrava quasi vero. 


Ecco, bravo! Torna a fare l’albero di Natale e poi vedrai che tutto il resto verrà!”, gli disse Alfred mentre lo aiutava ad addobbarlo. E così i due si misero al lavoro e in meno di un’ora l’albero fu terminato. L’accensione delle luci David la riservò ad Alfred, che ne fu molto onorato e che per la tanta felicità a lungo batté le mani facendo un girotondo attorno all’albero. Anche David si unì ad Alfred in una manifestazione di gioia incontenibile battendo le mani e seguendolo nel girotondo. Fuori si udiva cantare un coro di adulti e attraverso i vetri delle finestre si vedeva cadere la neve sempre più abbondante. 

Mentre si stavano dedicando a meglio sistemare le decorazioni del camino, un forte suono di campanello sorprese i due facendoli tremare. “Chi può essere a quest’ora?”, disse David attizzando la legna che ardeva rubiconda. “Vai, vai, presto!”, gli rispose Alfred spingendolo verso la porta d’ingresso. Aperta la porta, dopo due giri di chiave, si trovò davanti la sorella Margareth con il marito e i due figli. “Abbiamo saputo che dopo tanti anni hai fatto l’albero di Natale. Possiamo vederlo?”, gli domandò la sorella con voce commossa. David non riuscì a trovare nessuna parola, ma tirò verso di sé Margareth e l’abbracciò forte forte piangendo. I due, abbracciati, piansero insieme. “Come siete diventati grandi!”, disse rivolto ai due nipoti ormai adolescenti e invitando tutti loro a entrare. “Sì, ho fatto l’albero, ma non da solo. Mi ha aiutato Alfred, un bambino che…”, disse entrando nel soggiorno. Ma Alfred non c’era. “Dov’è andato a finire?”, pensò tra sé guardandosi intorno. Al suo posto, una candela rossa accesa che emanava un delicato profumo di cannella e le pantofole a forma di testa di alce. 


La legna nel camino ardeva e si consumava scoppiettando con tanta allegria, le luci multicolori dell’albero si accendevano e spegnevano al ritmo di una musica natalizia, tutta la stanza cantava e annunciava: Buon Natale a tutti! 

Attorno all’albero si presero per mano un po’ impacciati, guardandosi l’un l’altro. “Oh David, è bellissimo!”, gli disse Margareth e poi, in coro, il marito e i figli. “Sì, è bellissimo – rispose –,  ma ancor più bello è che voi tutti siate qui. Grazie! Vi voglio bene!”. 

Da una scatola natalizia la sorella estrasse delicatamente la crostata preferita da David, quella di ciliegie, che posò sul tavolino davanti al fuoco sempre più danzante. 

Seduti l’uno accanto all’altro, gustando la crostata, David e Margareth si guardavano con amore ritrovato. 

Il resto verrà!””, gli disse lei. “Sì, il resto verrà!”, le rispose lui. 

domenica 22 dicembre 2024

News da Adele Desideri, dicembre 2024

Gentili lettori, segnalo quanto segue

*La preziosa rivista SENECIO, 20 novembre 2024, con i seguenti contributi:
Gabriella Cinti, Intimità di un dialogo orfico. Nota di lettura
Adele Desideri, su Francesco Piscitello, Storia di un adulterio, Arsenio Edizioni, 2023
Barbara Fragogna, Matilda passeggia in un sogno di millenni
Gianfranco Isetta, Testi (L’orizzonte Salomè)
Federico Moro, Britannia, vittoria finale. La conquista romana dell’isola -1
Adam Vaccaro, Testi (Clitennestra)
Al link www.senecio.it
Per accedere direttamente, cliccare sulla data dell'ultimo aggiornamento nell'homepage, sopra o sotto il ritratto di Paul Klee.

*Il saggio di Adele Desideri sul romanzo di Francesco Piscitello, Storia di un adulterio, Arsenio Edizioni 2023, pubblicato in Senecio, il 20 novembre 2024
Al link www.senecio.it/rec/Desideri_Piscitello.pdf
“Storia di un adulterio è un avvincente romanzo di Francesco Piscitello, scrittore medico (cardiologo e psicologo). Vi si racconta l’amore – adulterino e dunque colpevole agli occhi dei tradizionalisti custodi della morale del tempo – prepotentemente sbocciato tra due giovani, Shulamit ed Ephraim, reduci entrambi da precedenti dolorose esperienze di vita. Essi si ritrovano alla fine uniti, mano nella mano, sotto la croce di Gesù (chiamato qui Yehoshua bar Youssef, con un pizzico di perdonabile pedanteria): l’uomo Dio, il Maestro che aveva perdonato l’adultera in Giovanni 8,1-11 (un passo di portata straordinariamente rivoluzionaria, tanto da essere giustamente accreditato dalle chiese cristiane benché apocrifo). Adele Desideri illustra con efficacia e dovizia di esempi la profonda e vasta cultura dell’autore, che spazia con competenza dalle testimonianze antiche (Qoelet, Seneca, Filone di Alessandria) alla moderna psicanalisi (Jung, Lacan)”. (Prof. Gabriele Burzacchini)




“Francesco Piscitello - medico milanese, poeta, saggista e narratore - nel romanzo Storia di un adulterio costruisce un intreccio complesso e affascinante - circoscritto in termini temporali nei quattro anni antecedenti la morte di Yehoshua bar Youssef (Gesù) in croce.
Un intreccio di gentili amori, maschili soprusi agiti sulle donne, intrighi di potere, viaggi tra “la terra d’Israele”, Roma, Antiochia, Alessandria, Cesarea, la regione del Gandhara (oggi corrispondente al Pakistan settentrionale e v. it.wikipedia.org/wiki/Afghanistan"Afghanistan orientale) e la Battriana (l’attuale Afghanistan).
Chiaro e armonico, multiforme, lo stile di Piscitello si adatta alla cultura e al linguaggio dei diversi personaggi che nel testo rilucono di vita propria - spesso sono loro stessi a raccontare gli eventi della Storia: ebrei, romani, gente d’oriente” (dal saggio di Adele Desideri).

“Era un corpo morbido e caldo, quello che Ephraim sentiva appoggiarsi al suo”. “Non erano del tutto scomparse le ultime tracce della giovinezza acerba. E questo gli faceva sembrare quasi colpevole il desiderio di lei, che pure avvertiva prepotente dentro di sé, imperioso. L’idea di entrare in quel corpo gli pareva come una violazione (…). Poco dopo quel fiore delicato sarebbe diventato un frutto maturo, dolcissimo” (dal romanzo di Francesco Piscitello).

*Il saggio di Davide D’Alessandro, Psicoanalisi sul lettino. I pazienti, la mente e loro, prefazione di Carla Stroppa, Moretti&Vitali 2023
“Ventidue analisti, comodamente sdraiati sul lettino, rispondono a ventidue domande uguali per tutti. Ne viene fuori un quadro singolare e affascinante sulla stanza d’analisi, su ciò che avviene nell'incontro tra analista e paziente, sulle qualità del primo e sulle ansie del secondo. Come si forma un analista? Quando finisce un’analisi? Che cosa sono transfert e controtransfert? Che cos’è il sogno? La sessualità è sempre al centro dell’analisi? Le ultime due domande sono dedicate al Covid, allo stravolgimento che ha causato alle nostre vite e all’analisi stessa, finendo per sdoganare, anche in Italia, la seduta on-line.

Interviste a: Marta Badoni, Andrea Baldassarro, Michele Bezoari, Michele Giacinto Bianchi, Andrea Calvi, Patrizio Campanile, Rita Corsa, Patrizia Cupelloni, Alessandro Defilippi, Marco Focchi, Benedetta Guerrini Degl'Innocenti, Rosa Elena Manzetti, Anna Migliozzi, Claudio Neri, Stefania Nicasi, Paolo Francesco Pieri, Maria Chiara Risoldi, Mario Rossi Monti, Cristina Saottini, Dominique Scarfone, Alberto Schön, Marta Tibaldi. Prefazione di Carla Stroppa.” (al link morettievitali.it/?libri=psicoanalisti-sul-lettino).

*Il romanzo di Milena Palminteri, Come l’arancio amaro, Bompiani, 2024
“«Carlotta mia, io dell’arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà.»
A cosa serve essere giovane e piena di progetti, se sei nata nel tempo sbagliato? Tre protagoniste straordinarie fronteggiano la sfida più grande: trovare il senso del proprio essere donne in un mondo che vorrebbe scegliere al posto loro. Nardina, dolce e paziente, che sogna di laurearsi ma finisce intrappolata nel ruolo di moglie. Sabedda, selvatica e fiera, che vorrebbe poter decidere il proprio futuro ma è troppo povera per poterlo fare. Carlotta, orgogliosa e determinata, che vorrebbe diventare avvocato in un mondo dove solo i maschi ritengono di poter esercitare la professione. E un segreto, che affonda nella notte in cui i loro destini si sono uniti per sempre. Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, Sabedda, Nardina e Carlotta lottano e amano sullo sfondo di un mondo che cambia, che attraversa il Fascismo e la guerra, che approda alla nuova speranza della ricostruzione. Per ciascuna di loro, la vita ha in serbo prove durissime ma anche la forza di un amore più grande del giudizio degli uomini.
Partendo da una storia vera, Milena Palminteri esordisce con un romanzo maturo e travolgente, scritto con una lingua ricca di sfumature, popolato di personaggi memorabili per la dolente fierezza con cui abbracciano i propri destini.” (al link https://giunti.it/products/come-larancio-amaro-palminteri-milena-9788830110373
Da leggere!

*Michele Brancale, The Singing of Things, Il Canto delle Cose, in italiano e inglese con testo a fronte, traduzione di Irene Marchegiani, introduzione di Plinio Perilli, Gradiva Publications, 2024.
“Un viaggio da Ciudad Juarez al Mediterraneo, dalle ferite della Storia alle canzoni che ci accompagnano nel corso degli anni”.
“E poi – scrive Perilli - la cara sorpresa degli inediti, impegnati e misurati, luminosi e consci di tutto: le ombre che ci impaludano, una scricchiolante ma a tratti impennata, librata cognizione del dolore. Prendiamo un testo come 'Dio è il più grande'. Difficile dubitare del fascino di questa invocazione che non insegna vendette, non tradisce rabbia, non custodisce in cuore altro che la forza benefica, l’esperienza di un Dio fraterno e salvifico: Dio è il più grande, perché agisce, / semina e al tempo stesso aspetta. E poi l’autore scrive, raccoglie, intesse un arazzo metropolitano fatto di adesioni e mancamenti, fedeltà e tradimenti all’umano, troppo umano, che attraversiamo e ci attraversa… Ma che ci spinge a crescere, a reagire, a scegliere il Bene e ad ascoltare quel canto, quella voce, che arriva se non si chiude / la strada per essere umani ancora.
Al link www.gradivapublications.com/gradiva-publications

“Ecco, la famiglia è quel luogo ove la pluralità degli affetti (nella maggior parte dei casi nascenti dal sangue) deve continuamente trovare un proprio equilibrio, fatto di compromessi, segreti, rivelazioni, confessioni, accettazioni, incoraggiamenti, sfoghi e fughe, abbandoni e ritorni: il nucleo è la profondità della dimensione affettiva, che risiede nella capacità educativa della famiglia, nella resistenza alla dissipazione e nella custodia, e trasmissione, di una visione della vita, di un modo di viverla e di un modo di arrivare alla fine”
(Eduardo Savarese, Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma, Edizioni e/o, 2015, pag. 97)

Auguri di Buone Feste

Adele Desideri

domenica 15 dicembre 2024

II Premio Città di Siderno a Camilla Ugolini Mecca: complimenti vivissimi

Carofiglio, Ugolini Mecca e Tomaselli i finalisti.

SIDERNO - Sono stati resi noti i nominativi dei tre finalisti della sezione “narrativa” della ventesima edizione del Premio Letterario “Città di Siderno” che avrà luogo sabato 14 dicembre , alle ore 18, nell’aula magna dell’
IIS G. Marconi di Siderno. Si tratta di Francesco Carofiglio con La stagione bella (edita da Garzanti), Camilla Ugolini Mecca con Tu sorgerai di nuovo (ed. Fara) ed Ennio Tomaselli, autore di Uno come tanti (ed. Manni). Visto il carisma dei finalisti l’attesa per la premiazione della narrativa è notevole.


Ci pregiamo ComunicarLe,

che l’opera Tu sorgerai di nuovo di Camilla Ugolini Mecca ha vinto il secondo Premio del Concorso Letterario Città di Siderno. La manifestazione si svolgerà il giorno 14 dicembre alle ore 18 presso l’Aula Magna del IIS G. Marconi di Siderno, dove verrà conferito il premio in presenza dell’Autore. (…) L’occasione è gradita per formulare i nostri complimenti.

Siderno, 20.11.2024
IL PRESIDENTE Dott. Domenico Catalano


venerdì 13 dicembre 2024

CoseBelle: Preghiere di stoffa a Rimini con Anita Bernardi

Laboratorio a cura di Anita Bernardi 
per realizzare arazzi con ritagli di stoffa 
in un clima di meditazione spirituale



 

lunedì 18 novembre 2024

Preghiera

di Roberto Borghesi


Tu. Hai fatto il falegname

Fino ai trenta anni

Poi insieme a tua Madre sei partito in missione

Lei ti seguiva silenziosa

Ma era certa che tu avevi appreso le sue parole –

Lei che ti parlava del Padre celeste.

Ma non sei rimasto solo

Ti sei scelto dodici apostoli

Ai quali hai dato il tuo insegnamento.

Gesù, parlavi alle folle,

Tua madre temeva per te

L’odio dei potenti

Ti ha preso e crocifisso

Ma  tua madre e i tuoi apostoli sono stati fedeli 

Nell’attesa del tuo ritorno.

domenica 10 novembre 2024

Intelligenze artificiali e pace 16 nov 2024

DIALOGHI DI PACE
Anno 2024 - XVIII edizione

Intelligenze artificiali e pace

Il messaggio di Papa Francesco per la 57a Giornata Mondiale della Pace risuonerà, per credenti e non credenti, in dialogo a più voci con musica

Sabato 16 Novembre Ore 20:30

Monastero Santa Chiara - Via Porta Celle, 19 Colle dei Cappuccini - Urbania (PU)

Ingresso libero

Letture: Sorelle Clarisse

Intermezzi musicali: Sonia Caselli - Stefania Cavalieri

Sara Cicerchia - Anna Orazietti -Alexandra Panisi

(Scuola di Musica 'Bramucci' - Fano)

A cura di: Giovanni Guzzi - Luca Ferretti

Diretta internet su canale youtube: Clarisse Urbania

Informazioni: www.rudyz.net/dialoghi - sanpioxc@gmail.com

Una proposta di: Monastero Santa Chiara Urbania



Lo specchio del cavaliere

di Roberto Borghesi



C’era una volta un villaggio abitato da piccole donne che non erano sposate. Erano donne laboriose che sapevano fare tutti i lavori, ma il villaggio era talmente immerso nella foresta che mai nessuno uomo era passato di là. Finché un giorno un cavaliere, seguendo il suo cane, si mise sulle tracce di una fanciulla che era uscita dal villaggio per cercare una fontana che portasse acqua al villaggio. 

Dopo avere a lungo camminato la fanciulla trovò un pozzo e, proprio mentre la fanciulla si specchiava nel pozzo, arrivò il cavaliere. La fanciulla si spaventò ma il cavaliere la calmò mostrandole uno specchio dove si specchiavano tutti e due. Il cavaliere chiede alla fanciulla dove abitava e lei lo condusse al villaggio dove le altre donne rimasero sorprese alla vista del cavaliere.

Nel frattempo sopraggiunsero altri cavalieri che avevano seguito le tracce del cavaliere con lo specchio e il villaggio si riempi di uomini e di donne che fecero conoscenza tra di loro e si formarono coppie che si sposarono e il villaggio divenne una piccola città.

domenica 27 ottobre 2024

Giorgio Massi premiato al Concorso letterario “Città di Ascoli Piceno” per il racconto contenuto in Opere scelte



Giorgio Massi premiato al Concorso letterario “Città di Ascoli Piceno” L’autore ascolano si è aggiudicato la sezione THANG (giallo noir)
articolo pubblicato su Il Faro di Romaredazione ascoli due 26/10/2024

Nell’ambito della VI edizione del Premio Letterario Nazionale 2024 “Città di Ascoli Piceno”, organizzato dall’Associazione “Un Passo Avanti “, l’autore ascolano Giorgio Massi si è aggiudicato il primo posto nella sezione THANG (genere giallo – noir) con il racconto breve (Fara edizioni) dal titolo Borgo di Piombo.

La premiazione si è svolta ad Ascoli, a Palazzo dei Capitani, alla presenza degli altri vincitori delle rispettive categorie (poesia, prosa, poesia vernacolare). Il Presidente del Premio, Piero Celani, ha evidenziato l’importanza di un evento non dedicato solamente agli ascolani, ma finestra aperta sul mondo ed un “richiamo forte al bello, alla sostanza delle cose, esattamente come il travertino che contraddistingue la città delle Cento Torri”.

Per Massi, che con i suoi libri ha già conquistato riconoscimenti di rilievo in campo letterario, si tratta di un ulteriore e importante risultato. Il componimento, presentato in concorso, descrive nella sua originalità un’esperienza di fantasia ambientata in un località montana, ricca di suspense e creatività, come si legge anche nella motivazione della giuria tecnica: “Il racconto è nuovo, innovativo, insolito.”


Articolo sul Corriere Adriatico dell’11 nov 2024





mercoledì 23 ottobre 2024

Un buon libro che tutti dovrebbero leggere

recensione di Enrica Musio


Meris. La vita è un dono, scritto da autori vari e pubblicato da Fara editore, è un libro di narrativa che ci parla della vita, della personalità, dei ricordi, delle esperienze di Meris Vincenzi molto conosciuta a Santarcangelo di Romagna, soprattutto nei gruppi della Comunità Cristiana di Santarcangelo, Azione Cattolica, Caritas e nel gruppo Missionario.
Era anche una catechista molto brava e sapeva insegnare ai ragazzi.
Aveva uno spirito disponibile, la cara Meris.
Ne parlo così, perché anche io, per diversi anni, assieme alla mia cara sorella Ilaria abbiamo frequentato la Parrocchia, la Comunità Cristiana, e la Meris era sempre lì.
La si vedeva sempre, con tutti quelli del gruppo.
Partecipava attivamente anche ai campeggi, anche se per lei – disabile - erano vere e proprie sfide, ma lei era entusiasta quando faceva queste esperienze, si sentiva felice.
Ogni amico ha raccontato nel libro una esperienza o un aneddoto di vita sulla Meris Vincenzi.
La Meris era una grande persona, buona, brava, intuitiva.
Un buon libro che tutti dovrebbero leggere.

domenica 13 ottobre 2024

Un libro prezioso e soprendente

Maria Lenti, Apologhi in fotofinish

recensione di Gualtiero De Santi


Perdita e rigenerazione, come è stato osservato recentemente o meglio ancora  rinvenimento. Le impronte e i segni di ciò che pensiamo aver  perduto, o che semplicemente rimane alle nostre spalle, sopravvivono in una qualche misura imprimendosi nel nostro habitus. Nulla, nel pensiero estetico del Novecento ma anche del passato e di oggi, si vanifica  sul piano simbolico  tanto quanto  su quello  materiale.

L’interrogativo – prospettato o almeno implicitamente avanzato   anche in  Apologhi in fotofinish. Racconti e altri scritti di Maria Lenti (FaraEditore, Rimini 2023, prefazione di Manuel Cohen, una musicale  e ben colorata  copertina con illustrazione di Dante Zamperini) -  è  quale sia il mondo che è stato  creato e che ci si è trovati a percorrere. Prospettiva da cui anche una materia leggera, liricamente trattata  come in questo volume, si carica di significati che non lasciano innotate le   questioni di maggior rilievo.

Il sottotitolo del libro di Lenti,   accolto nella collana “Narrabilando” della Fara e che è agilmente risolto sul piano grafico, rinvia alla definizione  di ‘Racconti e scritti’. In numero di 25 i primi, seguiti da 11 ‘Dintorni’, non divagazioni ma bensì  escursioni in territorio marchigiano ma altresì nel passato recente e remoto,  e poi   18 ‘Scritti diversi’.

In totale: 6 inediti e, tutti gli altri, interventi già apparsi sotto l’egida di diverse testate, tra cui la rivista «Il Segnale» dove nel giugno 2018, per la prima volta – almeno così direi - figurano i lemmi del titolo di cui sopra giusto nell’intestazione  dell’intervento allora proposto:  Apologhi sull’invidia in fotofinish.  È il brano da cui viene aperto lo spazio dei Racconti e che qui, un po’ al modo di operette morali del nostro quotidiano, affronta l’Invidia  e la  paura (e poi nello scritto successivo la Gelosia) in forma di narrazioni autobiografiche. Del  resto l’Apologo è un breve racconto che, con fini di esemplarità formativa, affonda nella realtà anche se lascia parlare animali e piante che però in Lenti tacciono.

Il libro, prezioso e sorprendente e comunque di  godibile lettura, appare  tutt’insieme molte cose: o meglio si presenta con una struttura che è sì il risultato di un accorpamento di articoli e saggi diversi ma divenendo  prestamente  narrazione autobiografica e ancor più scrittura di formazione che chiami a raccolta le numerose tessere del passato in uno specchio del presente. Nel quale specchio  la modalità del fotofinish indica la sveltezza e la concisione dei singoli testi  ma soprattutto quel qualcerto loro fantasiarsi in meraviglia e stupore e ugualmente in apparizioni e rivelazioni (ecco gli Angeli e le Amalassunte di liciniana memoria e su un  livello più prosaico, il resoconto di ciò che avviene nell’agone letterario, si vada a leggere Concorso). 

Oltre a ciò, una  qualificazione  non sottaciuta  di tono morale, trattata con levità né troppo marcata o accentuata su un tasto grave, incontra una propria consecuzione sul piano reale, ma dopo che tutto è stato filtrato in memoria soggettiva che trasformi la forma in emozione e filo interiore. La stessa scrittura dell’autrice, concentrata ma appunto con accorto giudizio e luce mentale  e conoscenza,   anche corporea (al modo femminile) ma insieme quadrata e icastica, fratturata e dolorosa, avvia le frasi verso uno spazio dove si realizza  in una maniera naturale l’unità tra le varie partizioni. Tutte  aggettivabili e rubricabili nell’oscillazione tra passato e presente, tra le memorie di un veduto/vissuto nell’infanzia e nella prima giovinezza (e poi in un’età più compiuta) e una forma di immaginazione che non cessa  di accendersi in bagliori e mappe affettive.

E che si lascia  volta a volta investire  dalla pregnanza di lemmi e nomi («Mi intriga il nome tenero, Olivuccio»), come altrettanto dalla dimensione orale (importante sul piano della poesia dialettale che la nostra autrice pratica e che anche qui fa capolino) e dalle evocazioni  nel raccordo di sillabe e lettere: ad esempio nei richiami sonori  tra Montelparo  che è una località geografica  e Elpenore, compagno di avventure di Ulisse, a riprova che scrittura e pensiero risalgono da faglie inconosciute e imprevedibili. Per cui ogni labilità e ogni possibile arbitrarietà cedono alle cose che nascono quasi per miracolo, ad esempio gli “alberini dell’infanzia” o i mille aerei rilievi del paesaggio marchigiano.

In definitiva, come è desumibile da alcuni  passaggi della terza sezione, un libro che  si nutre di ciò che ogni singolo autore rinviene in sé  ma anche all’intorno, nelle cose e negli altri. Per cui anche una naturale costellazione di testi, come è nel caso di questi Apologhi, è  così integrabile alla storia culturale e storica da farsi scrittura collettiva. «Se produce pensiero, l’Io-io assume il paradigma dell’io-noi». G

giovedì 10 ottobre 2024

COERENZA, INCOERENZA IN – COERENZA: su Apologhi in fotofinish di Maria Lenti

Riflessioni sulla libertà della parola e metodologia operativa 




Apologhi in fotofinish. Racconti e altri scritti è l’ultimo libro di Maria Lenti e segna sicuramente un punto importante nella vita letteraria di questa scrittrice, devo premettere anche, in quanto recensore, che ho trovato una qualche difficoltà a trovare tra i due lemmi, da cui il titolo è costituito: apologo e fotofinish, il comune denominatore che l’autrice invece ha colto. 

L’apologo, come è ben noto, infatti, è un elemento letterario importante e con una propria aura ambivalente il quale sin dai tempi più lontani percorre la storia in forma di breve racconto. Una narrazione letterario-pedagogica  edificante, espressione di valori morali e fini etici. In questa configurazione sostanzialmente statica, immutata  dalle origini, l’apologo è giunto sino ai nostri giorni. Fotofinish, diversamente, è il termine con il quale si indica il procedimento usato nelle attività sportive per fermare in un fotogramma l’attimo, la fase finale di una gara sportiva, in particolare di velocità. Proprio per il loro essere portatori di significati e contenuti opposti – quello che rimanda alla immutabilità storica del suo essere e quello che con la ripresa fotografica coglie sino al millesimo l’attimo estremo, fuggitivo e in esso l’azione e la velocità – per questo i due termini divengono realtà differenti.

Allora quelle che la scrittrice urbinate consapevolmente ha usato secondo una accezione volutamente conciliativa sono parole che rimandano a concetti opposti  e tra loro contraddittori. L’una  connessa con la staticità e la continuità storica: l’Apologo, l’altra: Fotofinish, che richiama la rapidità e l’instabilità dell’attimo che corre via. Grazie però al concetto di “tempo”, che diviene il loro comun denominatore dei due lemmi e alla riflessione creativa la scrittrice li fa coesistere, in forma coerente, consentendo loro di essere in – coerenza.  Sicuramente non pochi sono stati anche gli interrogativi che Maria Lenti si è fatta in questo cammino che l’hanno portata al determinante passaggio dalla memoria di un vissuto personale, come tale soggettivo,  ad una riflessione oggettiva. 

Indubbiamente  si è chiesta: 

Si tratta di un percorso solo sul significato delle parole o  pure quello che la ricerca del comun denominatore dei lemmi lascia intravedere ma non riconoscere?

Il passaggio dall’opinione soggettiva al pensiero oggettivo costituisce un salto di sintesi nella rappresentazione mentale della vita?  Ecc.

Cammino, questo di Apologhi in fotofinish. Racconti e altri scritti,  della scrittrice e poetessa urbinate, che si articola in tre sezioni, quella dei 25 racconti dove si configura anche il primo passaggio verso la nullificazione dell’io narrante tanto che gli stessi titoli dei singoli racconti divengono elementi oggettivi: Invidia, Gelosia, ecc. Nella seconda parte, composta di 11 scritti, titolati Dintorni, i fatti e gli avvenimenti inducono ad una consapevolezza nuova e attraverso argomenti disparati, nonostante la chiarezza letteraria proposta dalla scrittrice, nella diversificazione dei temi l’insieme si propone con la struttura di un ramo di quercia, sinuoso e anfrattuoso nel dissimulare la necessità della sua presenza e del suo esserci. Un percorso quello della scrittrice di Urbino che soprattutto nella terza sezione Scritti diversi,  composto da 15 scritti, i quali potrebbero essere propedeutici per futuri approfondimenti, e si realizzano soprattutto con la vigile presenza della ragione e dell’intelligenza.

Al lettore forse può venire spontaneo porsi alcune domande ma nel suo continuo interrogarsi, queste potrebbero insorgere nella stessa autrice, e chiedersi  quale libro stia scrivendo, dove l’elemento biografico, privato diviene subito sostanza simbolica grazie anche a forme di mediazione intellettuale, di riferimenti culturali che dal dato personale tendono a definire il profilo di un periodo, di un clima, di una civiltà. La Lenti però sa nella sua intelligenza laica che il vissuto, la sua storia personale, per quanto articolata e ricca, fanno parte tanto di lei quanto appartengono agli altri. Si potrebbe dire che in realtà non le appartengono più di quanto non appartengono alla storia di tutti.  

Si tratta allora del superamento  dell’angoscia che accompagna la quotidianità del vivere. Qui sta il punto di congiunzione, il nullificarsi degli opposti che apparentemente si presentano sin dall’inizio e ci avvertono della maturità umana e culturale di Maria Lenti. IL segreto della coesistenza degli opposti, di cui Maria ci avverte è il loro essere in-coerenza, senza voler divenire espressione di saggezza la quale solitamente viene collegata al vissuto e al trascorrere del tempo.