martedì 24 ottobre 2023

 AVANZARE. Il giornalista che svela una tradizione pensa che una fede sia una forma di conoscenza che non può essere garantita né da controlli empirici e tanto meno da procedimenti razionali e perciò una fede si riconduce più che altro ad intuizioni soggettivamente convincenti o meglio ancora a postulazioni assunte come principi di dimostrazione, oppure a testimonianze degne di fiducia. Parlare perciò solamente di principi o verità religiose oggi sarebbe alquanto restrittivo perchè significherebbe togliere l'importante significato della rivelazione di Dio, la quale, pur nella sua divina qualificazione è un evento che si iscrive nella realtà del mondo e della storia. Fede è dunque un atto o un processo per cui l'uomo, interpellato dalle parole e dagli interventi divini testimoniati in particolare modo dalla Bibbia, decide della propria esistenza. Diverso è però credere e formare la coscienza che per i cristiani ha il culmine ed il centro in Cristo Gesù di Nazareth in quanto un assenso a tale fede comporta un impegno totale di sé, che si estende a tutti i momenti dell'esistenza e giunge anche alla forma visibile e comunitaria della confessione di fede. La Chiesa quindi diventa non solo il luogo accertabile della fede, ma diventa anche la norma e la misura, la credibilità ed il valore che appartengono ad una comunità che la vive nei sacramenti ed anche nella preghiera e nelle opere. Quindi se la fede in Cristo, nella sua totalità e la sua unità si determinano primariamente dalla sua adesione a lui, e solo secondariamente all'accettazione delle proposizioni di fede o dei dogmi o delle istanze che li definiscono allora è anche vero che diventa difficile credere palesemente a tali istanze senza dover passare per folli come è avvenuto per Cristo stesso e per tutti i suoi discepoli, tanto più che tale difficoltà viene ravvisata nel vangelo nell'episodio di Pietro che NON riconosce di appartenere ai discepoli di Cristo e che lo rinnega persino 3 volte. Infatti la fede in senso lato non viene intesa come una mera prestazione di preghiere e riti che valga di fronte a Dio, bensì da una accettazione del volere di Dio quale assoluta grazia. Ma tutto questo avviene nell'atto dell'uomo che crede in un adesione di fede, non isolabile da altri atti che costituiscono la trama della vita umana; anzi essa si delinea come tutto un modo di pensare e di vedere le cose rapportandosi a Dio in un progetto che dà senso profondo alla propria esistenza. Quindi non è del tutto vero che la fede sia scomparsa, piuttosto è nascosta dal saper effettivamente riconoscere l'autenticità umana che comporta non solo la sua ragionevolezza negli atteggiamenti, ma pure la sua coerenza nelle esigenze fondamentali della spiritualità che si intersecano alla avvedutezza. Di qui un ritorno riflessivo sulla decisione di fede, nel quale si tematizza tutto il vissuto e si comprende un pre-vissuto per una possibilità di espressione di fede in formule che pretendano di divenire valore di verità nell'evoluzione della teologia che trova in esse il suo fondamento e al contempo innovazione. Alla teologia, infatti, oggi (compitino per don Vittorio Metalli) la fede affida un particolare impegno di confronto con le posizioni culturali che contestano la sua pretesa a diventare sommo valore umano, o che tendono a risolverla in forme di alienazione psichica e sociale o comunque in atteggiamenti irrazionali quand'anche anche gli atei più convinti potrebbero accettare di fare celebrare il loro funerale con una speciale benedizione che porta a pensare che non tutto finisca qua ed ora, ma che ci possa essere una luce perpetua che vince il buio del male, che supera con il suo infinito amore il dolore e la sofferenza e che soprattutto quando la invochiamo ci illumini per fare in modo che già qui ed ora conosciamo la Pace eterna. 

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