di Raffaela Bergamo e Vincenzo D’Alessio
Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini”, Montoro Inferiore, 2011
“Allora avvenne una guerra nel cielo.
Michele (Mi-cha-el: chi come Dio?)
e i suoi Angeli combattevano contro il dragone.”
(Apocalisse 12,7)
Ai pellegrini devoti all’Angelo Michele.
Alla memoria di nonno Giovanni Bergamo.
Premessa
L’attuale Amministrazione Comunale di Calvanico (SA), tramite l’assessore esterno Luisa Landi, ha inteso affidarci (1) il compito di ricostruire le fasi archeologiche, etno-religiose, storico-agiografiche, che hanno costituito l’inizio dell’insediamento cultuale all’Arcangelo San Michele in questi luoghi. Oggi, dopo millecinquecento anni, la profonda fede della popolazione calvanicese ha fatto giungere, intatta, la devozione sincera verso l’Angelo per eccellenza (Michele, capo delle Milizie Celesti), con la continuità dell’accoglienza dei pellegrini che frequentano questi luoghi sacri deputati al culto.
L’Arcangelo è attualmente il Patrono della cittadina di Calvanico; come è il Patrono della città di Solofra (AV), posta sul versante opposto del Pizzo san Michele (mt. 1567) e più a valle della città di Sarno (SA), lungo le sponde del fiume omonimo. Tanto per delineare geograficamente i luoghi prossimi all’eremo santuario dedicato all’Arcangelo, realizzato sulla cima del Pizzo San Michele, posto nella catena dei Monti Picentini. Dalle nostre ricerche possiamo assegnare con relativa certezza, a questo santuario, il primato di “eremo più alto in Italia” come luogo deputato al culto aereo di San Michele.
Nell’iniziare le nostre ricerche, venti anni fa, ci siamo resi conto che gli elementi che emergevano dal passato andavano esaminati, più che con l’acribia degli studiosi, con la Fede e la semplicità che le genti di queste terre hanno lasciato nella memoria collettiva e che oggi costituiscono il sicuro approdo per ricostruire la Storia di questi luoghi sacri. Una delle forze importanti che hanno regolato la continuità del culto è stato il contatto diretto della gente umile, piagata dalle ferite dell’esistenza: febbri, peste, fame, miseria, vita stentata in montagna, con Dio tramite l’Angelo Michele. Una fede senza il bisogno di intermediari terreni. Ogni singolo fedele è in contatto con Dio attraverso l’Angelo, nella grotta-santuario e sulla vetta altissima della montagna. Questa è la forza che lascia perdurare la fede collettiva.
Una testimonianza particolare meritano le donne e gli uomini di Calvanico che con i loro sacrifici hanno tenuto in vita e consolidato l’eremo che si leva sul Pizzo San Michele, quale faro per tutte le convalli, dove alberga lo Spirito dell’Angelo protettore e mediatore fra cielo e terra.
ottobre, 2010 gli autori
I luoghi geografici
Calvanico (SA) è oggi un modesto centro abitato a pochi chilometri dall’odierna Mercato San Severino (SA). La città di Mercato San Severino è disposta lungo l’antico passaggio, conosciuto in Età Romana con il toponimo di Rota, che collegava l’alta valle del Sarno (Solofra, Montoro Superiore e Inferiore, Calvanico, Fisciano e sue frazioni) con la bassa area del Sarno compresa nei comuni di Nuceria Alfaterna (oggi Nocera Superiore e Inferiore), Sarno, Scafati e Pompei. L’abitato di Calvanico si distende lungo l’asse sud-sud-ovest confinando con i comuni di Fisciano (SA); Giffoni Valle Piana (SA); Giffoni Sei Casali (SA); Montoro Superiore (AV); Solofra (AV) e Serino (AV). Compongono l’abitato tre diversi rioni: Capo Calvanico, Mezzina e Piedi Calvanico. Gli abitanti sono all’incirca 1.300. L’altitudine, dove si sviluppa l’abitato, è compresa tra i 400 e i 500 mt. sul livello del mare. Si coltivano castagne, nocciole, olive e si continua l’orticoltura e la pastorizia. Dai Catasti Onciari, dei secoli compresi tra il XVII e XVIII, erano sviluppate le attività di molino, produzione di veli negri, trattore di seta, carbonaro, scarpellino, piperniero, stuccatore (della quale attività i calvanicesi sono stati emergenti in tutta l’area regionale). Oggi, si sta realizzando, ad ovest dell’abitato di Calvanico, un’area destinata agli insediamenti industriali. La viabilità è disposta, da est ad ovest, nel prosieguo dalla vicina Fisciano verso i comuni del giffonese, attraversando l’abitato di Calvanico. In passato Calvanico era una frazione di Fisciano (fino al 1829).
Il territorio è ricco di sorgenti perenni. Si conservano memorie dell’attività prevalente, quella pastorale, con grotte e ripari sotto roccia; una cava per l’estrazione del tufo e altre aree per l’estrazione del travertino locale(oggi in disuso). Il corso d’acqua principale è il torrente “Cravagnola”, che partendo dal massiccio dei Picentini raggiunge Mercato San Severino per unirsi al torrente “la Solofrana” (Rio secco) all’altezza del convento di Sant’Antonio, corso d’acqua divenuto arido per la captazione delle sorgenti a scopo civico.
Il territorio conserva nella radice del toponimo l’identità del suolo: un’area quasi spoglia di vegetazione d’alto fusto, con frequenti aree di frana per la presenza di calcare e di dolomie. La radice “cal “ sta ad indicare l’instabilità del suolo (come per il toponimo Calabria). Le tracce antiche della presenza umana risalgono, alla luce delle presenti ricerche archeologiche, a circa quattromila anni da oggi (Età del Bronzo medio) con il ritrovamento di vasellame (ciotole e olle) in diverse località: Capo d’Eco, ‘U reco, Acquella, Carpegna, Malito, Bosco della Madonna delle Grazie, etc. Il ritrovamento in passato di tombe a cassa, in tufo grigio locale, d’Età Sannitica sono state segnalate, durante la costruzione di nuove case, in diversi punti dell’abitato, come alla località Strimmoli e Madonna del Vallone. Così dicasi di tombe alla cappuccina d’Età Romana. Una fornace o un probabile santuario, con il ritrovamento di diverse lucerne ascrivibili al III-IV secolo dopo Cristo, alla località Capo d’Eco. La posizione di Calvanico, come luogo di transito verso l’antica Rota, ha segnato la presenza e l’insediamento di diverse civiltà tra le quali: i Piceni, i Greci, i Romani, i Sanniti e per finire gli Arabi della vicina Giffoni, compreso gruppi di ebrei rifugiatisi per le continue persecuzioni a partire dal XVI secolo.
La documentazione storica, nella quale compare per la prima volta il toponimo del luogo Calvanico, negli atti del Codice Diplomatico della Badia di Cava dei Tirreni (SA), è del 1009 (DCXVII) con un atto rogato dal notaio Mirando, trattasi di una donazione, nel quale compare la seguente dicitura: “una pecia de terra cum castanietum et quertietum et bacuum uno teniente, quod abeo in actum calbanico ubi posa bocatur”. Il pezzo di terreno riporta la flora allora presente sul territorio: castagni, querce, con scarso rendimento; come riporta il toponimo “Posa” che corrisponde all’odierna località “Poza do’ conte” situata all’inizio del bosco della Madonna delle Grazie, ad ovest dell’abitato attuale. Seguono altri documenti, appartenenti al Codice Cavense degli anni 1032, 1058 e altri, nei quali è scritto “Calbanicu” e “Calbanicum”.
Le vicende storiche di Calvanico sono comprese in quelle della vicina Rota, come si rileva negli anni presi in esame in questi primi documenti e in uno dei Catasti Onciari, quello del 1755. Sarà aggregata, come frazione, alla vicina comunità di Fisciano fino al 30 marzo 1829, data in cui con Regio Decreto diviene comune autonomo.
IL CULTO ALL’ARCANGELO MICHELE
Il primo luogo di insediamento del culto all’Arcangelo San Michele, proveniente quasi certamente dalla Frigia (oggi Turchia), è la grotta naturale disposta sul promontorio conosciuto con il nome di Gargano, oggi Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia. La datazione, circa l’insediamento primitivo, si fa risalire al V-VI secolo della nostra era cristiana.(2) La maggiore testimonianza di questo primitivo insediamento micaelico è il Liber de apparizione sancti Michaelis in monte Gargano, conosciuto anche come Apparitio, attribuito al diacono Paolo di Cividale del Friuli, vissuto nella città di Benevento, in questo contributo agiografico vengono riportate diverse vicende collegate alle apparizioni, nei giorni 6, 7 e 8 maggio, dell’Arcangelo Michele sul promontorio garganico. Scrivono gli autorevoli ricercatori dell’Università di Bari, Giorgio Otranto e Carlo Carletti a tale proposito: “In essa si intravedono due stadi redazionali: il più antico riflette la fase iniziale della storia del culto dell’Angelo sul Gargano (V-VI secolo), cioè l’arrivo del culto stesso, adombrato nel primo episodio, la consacrazione della basilica, fatta direttamente dall’Angelo (terzo episodio), e i riferimenti alle guarigioni operate dal Santo con l’acqua che sgorgava dalla roccia all’interno della grotta.”(3) Per questo primo episodio e per quanto riporteremo successivamente, ne sono testimonianza di continuità dell’evento nella fede popolare, le formelle (XVI sec.) della porta maggiore della chiesa Collegiata di San Michele Arcangelo in Solofra, dove sono riportati gli episodi del Toro con Gargano; la processione voluta dal vescovo di Siponto dopo il sogno; e all’interno, nel soffitto cassettonato della navata centrale, la tela opera del pittore, Giovan Tommaso Guarini (XVII sec.) rappresentante la sconfitta dei Bizantini, da parte dei Longobardi, avvenuta nel 650 nei pressi del santuario(4).
Continuano nel loro libro Otranto e Carletti: “Il secondo stadio redazionale riporta all’epoca successiva, a dopo cioè che i Longobardi di Benevento, sconfiggendo nel 650 i Bizantini (secondo episodio), si impadronirono del santuario, fecero eseguire alcuni lavori di ristrutturazione al suo interno e unificarono le diocesi di Benevento e Siponto sotto la giurisdizione di un solo vescovo.”(5) Come scrive lo storico Arturo Carucci “I primi monaci, che dall’Oriente si rifugiarono nel Mezzogiorno d’Italia per sfuggire all’invasione islamica, furono i siro-melchiti nel secolo VII, tra il 636 e il 638, insieme a monaci egiziani e libici e non pochi di essi si stabilirono nel territorio che più tardi costituì il Principato di Salerno, dove lasciarono larghe tracce del loro soggiorno.”(6) Sulla presenza monastica nelle aree prese in esame, oltre ai documenti conservati negli archivi diocesani e abbaziali, figurano le leggende che accompagnano la memoria collettiva della gente semplice, in modo persistente ancora ai nostri giorni e alle quali faremo riferimento nei paragrafi successivi.
Le nostre ricerche(7) condotte nei luoghi che circondano il Pizzo San Michele, nella catena dei Monti Mai, del massiccio dei Picentini, ci hanno svelato importanti riferimenti sulla nascita delle grotte dedicate al culto micaelico e sulla persistenza monacale, specialmente nei luoghi dove resta il toponimo “ospitium” oppure “ hospitalia”. Le grotte-eremo-santuario fino ad ora censite(8) nelle aree circostanti l’incentro della chiesetta-santuario sorta sul Pizzo San Michele, detto in origine Monte Sant’Angelo(9), sono: la Grotta dell’Angelo a Preturo di Montoro Inferiore; la Grotta dell’Angelo sul Monte Salto in Montoro Inferiore; la Grotta di Sant’Angelo de Panicola detta anche San Michele di Basso o di Mezzo; la Grotta dell’Angelo o degli Angeli in Prepezzano; la Grotta dell’Eremita ad Aterrana di Montoro Superiore; la Grotta dell’Angelo sul monte Faliesi in Petruro di Forino; la Grotta dell’Angelo o San Michele, oggi detta del SS. Salvatore nel Massiccio del Matruneto in Serino; la Grotta dell’Angelo nel monte Le Porche in Siano(10).
Tutte queste cavità naturali, modificate dalla mano dei fedeli per renderle più simili a quella originaria sul monte Gargano, dispongono, nelle immediate vicinanze, di un edificio idoneo all’ospitalità dei pellegrini. Proprio come accadeva nel santuario micaelico per eccellenza, cioè il santuario garganico, i pellegrini necessitavano di un riparo dalle intemperie, per sé e per la propria soma, questo per un motivo molto valido, se consideriamo la mentalità degli uomini nel periodo del Primo Medioevo. Quando, caduta la grande organizzazione dell’Impero Romano d’Occidente e con esso il pantheon delle divinità connesse al culto imperiale che avevano protetto per migliaia di anni le generazioni umane, la gente dei nostri luoghi si trovò di fronte alla crescente diffusione della Religione Cristiana e dei nuovi culti in arrivo dall’Oriente.
Il professore Giorgio Otranto definisce in questo modo la necessità, sorta in quegli anni: “Il pellegrinaggio sostitutivo ebbe notevole successo durante i secoli finali del Medioevo; alla base di esso c’era, da una parte, un sincero sentimento religioso e, dall’altra, un singolare atteggiamento, tipico della mentalità oggettivistica dell’uomo medievale, per cui ciò che contava era l’opera da compiere piuttosto che la persona che la doveva compiere.”(11)
Sulla valenza del viaggio, paragonato al futuro viaggio verso la fine dell’esistenza, e sulla sua efficacia nella remissione dei peccati e delle malattie che affliggevano la gente semplice, resta, nella Grotta Santuario di Olevano Sul Tusciano (SA), la testimonianza di un illustre viaggiatore, passato alla storia come il monaco Bernardo(12), in forma di affresco, che nel IX secolo di ritorno dalla Terra Santa, volle visitare la Grotta, della quale aveva sentito parlare dai monaci, come luogo di grandi opere architettoniche, da cui promanavano cristianità ed accoglienza, unite ai miracoli che l’Angelo permetteva attraverso la frequentazione della grotta e l’acqua che dalla sorgente scaturiva.(13)
Quando la testimonianza scritta non era nelle possibilità del pellegrino/viaggiatore verso le grotte sacre, si ricorreva ai “signacula”, propriamente un sigillo/segno, lasciato a testimonianza della venuta nel luogo e come segno di comunicazione per gli altri pellegrini che seguivano i percorsi verso i luoghi dedicati all’Angelo. Della valenza di questi segni ci sono ampi studi, sia per il sito garganico, che per le altre località studiate dal professore Francesco Paolo Maulucci Vivolo.(14) Il primo studioso a dare valore alle nostre ricerche in merito ai segni garganici, ripetuti nella nostra area di ricerca, è stato lo storico meridionalista Pasquale Natella, nel suo dotto intervento tenuto il 17 marzo 2007, in Solofra, in occasione del Convegno Nazionale su “Il culto di San Michele in Campania. L’area serinese solofrana”(16-18 marzo 2007) e pubblicato nella rivista «Il Postiglione», Numeri venti-ventuno, giugno 2008.
Scrive Natella circa le pitture rupestri riproducenti la triplice cinta sacra, come quelli dell’area garganica, conosciuti dalla gente di Calvanico come “I Quadrilli”: “È proprio sulla via verso Pizzo San Michele (m.1567) e la relativa, omonima chiesetta che si riscontra l’unico esempio di signum garganico integrale in Campania (almeno fino a quando non ne escano altri in base a ricerche mirate e non generiche) cioè la triplice cinta sacra, detta in dialetto irpino “i quadrilli”, che hanno testé edito R. Bergamo - V. D’Alessio, Il culto di San Michele Arcangelo. La chiesa sul Pizzo San Michele, Solofra, Edizioni Gruppo Culturale “F. Guarini”, 2004, pag. 69 /la foto, presa da lontano, non delinea bene il quadrato della cinta/ discutendone poi alle pp. 27-34.(15)
Sull’importanza che queste pitture rupestri assumono, oggi, nella ricostruzione di un ipotetico sentiero che dalla Grotta di San Michele de Panicola (di Basso) che domina Carpineto e Villa, frazioni di Fisciano, raggiungeva la sorgente denominata “Carpegna” disposta a circa mille metri di quota, sarà oggetto di studi futuri, al fine di ufficializzare archeologicamente l’importanza del sito, datando anche la presenza eremitica in loco. Siamo di fatto convinti, vista la natura dei luoghi, i resti di muratura, i reperti ritrovati, che dove c’erano i Quadrilli esisteva un piccolo riparo per l’accoglienza dei pellegrini diretti sulla sommità della montagna. (16)
Dell’esistenza di questo percorso ci danno conferma i cittadini calvanicesi dediti alla caccia del cinghiale. Infatti proseguendo dal luogo deputato verso l’area della Seconda Croce, si attraversa una spianata priva di vegetazione dove sorgono due monoliti in pietra locale detti “I due fratelli”. Si arriva quindi nei pressi del bosco ceduo dove è posto il luogo detto “Seconda croce” e si raggiunge successivamente la sorgente denominata “Carpegna”, dove in origine c’era un piccolo riparo nella roccia accanto alla sorgente, trasformato all’inizio degli anni quaranta in una casetta con annessa calcare per ottenere la calce.(17)
Di fatti i “Quadrilli” sono, alla data odierna, il luogo esclusivo che mette in comunione la cittadina di Calvanico con il santuario micaelico per eccellenza, il Gargano, congiungendo il cammino dei pellegrini garganici con questi che visitavano le altre aree, distanti dal luogo iniziale di culto, sparse per similitudine in tutta la Campania. Per questo luogo, in particolare, vanno ricordate due leggende che ancora oggi formano la memoria viva degli accadimenti antichi:
a- La prima leggenda racconta che si doveva decidere il luogo dove far sorgere la cappella dedicata al culto (aereo) dell’Angelo. Fu scelto come luogo “i Quadrilli”. Fu portata in quel luogo la calce, dai Calvanicesi, ma il giorno successivo, quando salirono per iniziare i lavori, la calce non c’era più. Allora seguirono le tracce lasciate dalla calce e si ritrovarono sulla cima della montagna e in quel luogo iniziarono ad erigere una piccola cappella all’Angelo. Da quel momento la montagna fu chiamata dai Calvanicesi “Sant’Angelo”.(18) Oggi Pizzo San Michele. Mentre per i Montoresi la montagna veniva chiamata “Monte del Toro o Taurino” in ricordo del Toro, sacro all’Angelo sul Gargano, e per il miracolo del toro avvenuto nei pressi del Santuario della Madonna Incoronata Regina degli Angeli, sovrastante l’abitato di Torchiati.
b- La seconda leggenda racconta invece di una donna, vecchia, venuta da Roma la quale si recò in pellegrinaggio sulla cima del Pizzo San Michele. Giunta in cima, e visto la piccola cappella, si lamentò dello sforzo fatto rispetto alle meraviglie che si aspettava di trovare e si lasciò scappare la frase: “Mi avevano detto meraviglie di questo luogo, invece è meno di un mandrizzo! ” (sta per gallinaio) Non aveva finito di pronunciare queste parole che in un lampo di luce scomparve dalla vista dei presenti sulla cima. Iniziarono le ricerche per trovarla da parte delle persone, ma non fu trovato altro che una scarpa appartenuta a lei. Da quel momento il luogo, soprastante la grotta santuario di Sant’Angelo de Panicola (di Basso), venne denominata “La Scarpa”.(18)
C’è anche un detto che i Calvanicesi dicono insieme a quello di “Mi fai caré Sant’Angelo ‘ncuollo” (cioè mi fai cadere la montagna, dedicata all’Angelo, addosso: inteso come atto di estrema disperazione), ed è: “Se San Michele si bagna le ali è capace che cchiove fino ‘a Natale”.
L’eremo, divenuto nel corso dei secoli foresteria e santuario, sul Pizzo san Michele è certamente il luogo più alto d’Italia dedicato all’Angelo:” Alla predetta chiesa – sicuramente il sito micaelico più alto rintracciabile nella regione – (19). Si confrontino analoghi siti sorti in Italia e ancora utilizzati per il culto come la non lontana Grotta di San Catello (Monte Sant’Angelo) a 1443 metri sul livello del mare, nel vicino monte Molare-Faito. Il santuario conosciuto come “Sacra di san Michele” sul monte Pirchiriano a mt. 936. La Grotta santuario di San Michele di Prazzo, detto “La Ruà” a mt. 1358 sul livello del mare. La grotta dell’Angelo sul Gargano, luogo inziale del culto e le relative strutture sorgono sull’acrocoro a mt. 1056 sul livello del mare. (20)
“La montagna, la grotta, il bosco, la sorgente, l’ascesa purificatoria che diventa esercizio di ascesi, si configurano come un sistema coerente di immagini e di funzioni, che contribuiscono a creare una vera e propria tipologia degli insediamenti e, conseguentemente, dei pellegrinaggi mica elici e finiscono col determinare la dimensione cultuale del Santo, la sua fisionomia, il suo modello agiografico.”(21)
Nei precedenti studi abbiamo delineato quanta fede ha mosso le genti di Calvanico a tramandare il culto all’Angelo. Infatti l’unico documento, fino ad oggi rinvenuto, che parli della chiesetta santuario sulla cima dell’attuale Pizzo San Michele è datato 1677: “Nel 1677 il visitatore generale (si tratta di un inviato dell’arcivescovo Alfonso Alvarez) accede al sito dopo un lungo e estenuante viaggio, la chiesetta, infatti, è ubicata sopra Calvanico in cima ad un monte altissimo. La visita si limita all’esame dell’unico altare ben ornato con la statua di San Michele Arcangelo in marmo. La chiesa non ha rendite né oneri e vi si celebra per devozione. Le suppellettili e gli arredi sacri sono conservati in parte nella chiesa e in parte presso diversi fedeli di Calvanico. Le porte sono tenute ben chiuse e la chiave è conservata da persone devote del paese”.(22)
Viene ripetuto nel documento che i fedeli vi celebrano per devozione. Ancora oggi è così. Le porte son ben chiuse e la chiave è tenuta da persone devote di Calvanico ed è ancora oggi così. Che la statua di San Michele in marmo,datata 1614, è oggi collocata sull’altare nella chiesa costruita dai Calvanicesi nel 1949, mentre prima era in un’altra aula, forse l’odierna foresteria. Grazie ad un Comitato Permanente di devoti, il complesso cultuale dell’Angelo viene , di anno in anno, consolidato, ampliato in servizi, e reso agibile per tutti i pellegrini che dalle valli giungono nei giorni 6,7 e 8 maggio a ringraziare San Michele, ogni comunità con la sua tipica tradizione di fede.
Nella Chiesa del SS. Salvatore di Calvanico è stato restaurato l’altare, nella navata laterale destra, dedicato a San Michele Arcangelo. La processione, con la piccola statua in argento dell’Angelo, dei giorni 6,7 e 8 maggio richiama, da più di millecinquecento anni, tutti i devoti a prendere parte allo sposalizio tra terra e cielo, sulle ali dell’Angelo protettore, dalla sommità del monte, di tutte le comunità umane sparse fin dove l’occhio giunge, a lasciare i beni terreni e innalzarsi, spiritualmente, verso quelli soprannaturali.
La comunità di Calvanico, proprio per la continuità di devozione che ha storicamente dimostrato, deve accogliere i pellegrini nel modo più degno; proteggere i luoghi dedicati all’Angelo, per onorare anche le comunità che ivi giungono in pellegrinaggio; rinnovare, con un pubblico atto di Fede, ogni anno, il legame soprannaturale con il Patrono della comunità, in difesa da tutti i mali terreni e da quelli spirituali.
Montoro Inferiore, marzo 2011
Note al testo:
1- Deliberazione della Giunta Comunale di Calvanico n. 90 del 21.9.2010, avente come oggetto: “Affermazione culto di San Michele Arcangelo quale patrono di Calvanico. Conferimento incarico per ricerca e studi di documenti”.
2- G. Otranto - C. Carletti: Il santuario di San Michele Arcangelo nel Gargano dalle origini al X secolo, Edipuglia,1990, pag. 14 e seguenti. Vedi anche Ada Campione: Il culto di San Michele in Campania Antonino e Catello, Edipuglia, 2007, la quale però confonde a pag. 37, della citata pubblicazione, il Pizzo San Michele con il Monte Salto in Montoro Inferiore, così come scrive: “Del Santuario di Pizzo San Michele a Calvanico (1567 m. s.l.m.) non vi è traccia nei documenti antichi, mentre ne danno notizia alcuni documenti secenteschi: situato in cima al monte prospiciente il Salto, è ridotto a pochi ruderi difficilmente decifrabili.”
3- Otranto-Carletti, op.cit. pag.15.
4- AA.VV. I dipinti dei Guarino e le arti decorative nella Collegiata di Solofra, a cura di Vincenzo Pacelli, E.S.I.,1987.
5- Otranto-Carletti,op. citata, pag.15.
6- A. Carucci, Gli antichi Martirya di Olevano Sul Tusciano, Grafica Iannone, Salerno,1976.
7- V. D’Alessio: Il culto di San Michele Arcangelo santuari tra Salerno e Avellino, vol.I, 1993 e vol.II, 2006, Ediz. G.C.F. Guarini; Raffaela Bergamo e Vincenzo D’Alessio: Calvanico alla ricerca delle origini, Ediz. G.C. F. Guarini, Solofra,1995; R. Bergamo e V. D’Alessio: Il culto di San Michele Arcangelo. La Chiesa sul Pizzo San Michele, Ediz. G.C. F.Guarini, Solofra, 2004.
8- Ibidem, La Chiesa sul Pizzo San Michele, 2004.
9- Ibidem.
10- F. Guacci: Siano e la sua storia, Palladio,1980.
11- Otranto-Carletti, op.cit., pagg. 53-54.
12- Ibidem, pag. 51 (certamente il monaco Bernardo o Bernard, doveva essere una figura monastica di rilievo, se viene accompagnato verso la Grotta di Olevano sul Tusciano da un monaco beneventano).
13- Sulla Grotta di Olevano sul Tusciano si vedano i molteplici contributi di autori diversi, in anni diversi.
14- F.P. Maulucci Vivolo: Apricena, scavi archeologici a Castelpagano, vol. I, Bastogi, 2005; idem: Stignano segni di devozione e di comunicazione sulle vie dell’Angelo, Bastogi, 2007; idem: Sannicandro garganico graffiti di crociati a Devia, Bastogi, 2008; idem: Castelfiorentino archeologia e simbologia nella Daunia dei Templari, Bastogi, 2008.
15- P. Natella: ”Topografia criptense della presenza micaelica in Campania”, relazione inclusa nel periodico «Il Postiglione«, anni XIX-XX, numeri 20-21, giugno 2008. Abbiamo scritto dei “Quadrilli” per la prima volta nel volume Calvanico alla ricerca delle origini, 1995 e ripreso l’argomento nelle successive pubblicazioni micaeliche.
16- Nel corso di almeno tre visite al luogo “I Quadrilli” abbiamo raccolto, in superficie, frammenti di ceramica d’uso comune (vasellame), resti di una macina in pietra basaltica; frammenti di vasi dell’Età del Bronzo Medio. Restano in loco delle pietre squadrate, resti di un muretto e un riparo, a circa due metri dal suolo, sopra il piano di calpestio dove sono dipinti i “Quadrilli”. A lato c’è una piccola vasca che raccoglie l’acqua di stillicidio dalla grande roccia che sovrasta l’intero luogo. I reperti sono stati consegnati in data 15 aprile 2010 alla Soprintendenza Archeologica di Salerno Avellino Benevento, nella persona della dottoressa Maria Fariello, e depositati ad Avellino, dove tuttora sono visibili (copia della ricevuta del verbale di consegna in nostro possesso).
17- Testimonianza verbale raccolta a Calvanico, presso l’abitazione della signora Rosa Citro, vedova Landi, che prese parte personalmente ai lavori per la costruzione dell’attuale edificio, situato alla località Carpegna, addossato alla vecchia grotta-riparo esistente.
18- Testimonianza verbale raccolta a Calvanico, presso l’abitazione dei nostri genitori, Pietro Bergamo e Giuseppina Galderisi, il 27 giugno 2010.
19- P. Natella, op.citata, ne «Il Postiglione», 2008.
20- Dati raccolti sui siti internet. Al momento non siamo a conoscenza di un censimento, o pubblicazione, che raccolga i siti aerei dedicati al culto dell’Angelo.
21- G. Otranto: ”La montagna garganica e il culto micaelico:un modello esportato nell’Europa altomedievale”, in Monteluco e i monti sacri, cit. pag. 93 e in: L’Europa dei pellegrini, a cura di Luciano Vaccaro, centro ambrosiano, Milano, 2004.
22- G. Crisci: Salerno Sacra, Edizioni Gutenberg, 2001, vol. II, pag. 28.
Un sincero ringraziamento viene rivolto ai miei genitori Pietro e Giuseppina Bergamo, per la pazienza e il costante aiuto rivoltoci. Un grazie ai signori Giuseppe Saggese e Michele De Franco, del Comitato Pro Santuario di Cima a Calvanico, per la loro disponibilità e devozione. Alla signora Rosa Landi Citro per le informazioni utili alla nostra ricerca.
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