RAGAZZI DI GITE. Liberamente tratto da "Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini . Partire per andare a conoscere il viaggio della propria esistenza interiore, partire con molte speranze dentro al cuore sognando di incontrare lungo il percorso un grande ed immenso amore. I giovani del gruppo degli sbandieratori avevano deciso di fare quel viaggio per trovare delle possibili risposte ai loro dubbi, incertezze, patemi e disagi e si allontanavano da casa con dei motivi nascosti di costruzione e fondazione del senso del loro impegno nel mondo. Prendevano la moto da domare lungo la strada per potersi aprire nuove opportunità tra la legge dei segnali di prudenza di fronte ai pericoli e la ricerca costante e paziente della fortezza, della giustizia e della temperanza. Erano condotti da un impulso dettato dalla loro curiosità di conoscenza che determinava la loro partenza a voler trovare un valore fra tante idee, pensieri, ostilità, e svantaggi che potevano incontrare. Essi erano come volpi che non hanno su che posare il capo e facili prede che non hanno una tana in quanto seguivano il loro spirito ribelle alle regole, agli schemi preordinati, a leggi di obbligo che li soffocavano dentro ad angusti posti dove l'anima pareva persa e vinta dalle delusioni, dagli scoramenti e dalle mortificazioni ed umiliazioni all'impressione di non raggiungere mai validi risultati. Si erano posti l'obiettivo di viaggiare senza una meta precisa nella prospettiva incosciente di seguire solo i loro impulsi primitivi senza basarsi mai su relazioni di esperienze di dolori, sofferenze, di fatiche, sacrifici e rinunce di altri passanti quella stessa strada il cui movente era fuggire dal dovere, dalla responsabilità, dalla coerenza a precetti che fossero di impegno e di lavoro utile e di consistente partecipazione. Le ruote giravano sull'asfalto pieno di insidie e di preconcetti che ogni tanto facevano frenare, altre volte consumare energie ed altre ancora impennare il motore sulle linee della strada. Volevano trovare riscontro di una terra promessa di un mondo diverso dove sviluppare al meglio i loro ideali e fare crescere i loro pensieri come fiori dentro un grande prato verde dove si trovavano le loro esili speranze di vivere in un mondo d'amore. Sapevano che per arrivare a quell'orizzonte non dovevano tradire mai la loro coscienza e che dovevano avere una Fede come una roccia dove costruire il loro percorso; sapevano che non avrebbero dovuto fare piangere nessuno per la loro rabbia, la loro prepotenza, violenza ed aggressività; sapevano che dovevano cercare di accogliere sia le persone antipatiche che quelle simpatiche allargando le braccia e la mente all'ascolto; sapevano che è difficile e talvolta disagevole costruire un mondo di Pace e d'amore; sapevano eppure non riuscivano a fare altro che viaggiare, andare via ogni volta con il sacco a pelo e con l'illusione di poter trovare sempre un posto migliore. Il rombo delle loro moto si affievoliva nel tempo e si ritrovavano a sostare per mettere benzina e olio nel motore e fare controllare se le ruote erano gonfie, ma tutte le volte che si fermavano si ritrovavano a condividere tutto anche gli oneri e le spossatezze del ,loro andare ed era in quel mentre che il loro percorso pareva perdere di senso, ed era in quel momento che si dovevano confrontare con la realtà: ognuno di loro portava dentro un fardello che nessuno se non un Dio fedele mai consolerà, che nessuno se non un Figlio di un Padre misericordioso, mai riposerà. Cercavano dunque di soffermarsi poco e di scontrarsi poco, fra di loro anche se poi sarebbe stato meglio mettersi gli uni di fronte agli altri nel confronto che diveniva talvolta un vero e proprio dissidio e contrasto. Cercavano di rimettersi in viaggio presto, di svegliarsi all'alba per trovarsi pronti a ripartire e a solcare di nuovo la strada, ma prima o poi dovevano accettare di doversi fermare, di doversi abbandonare al riposo e alla sosta dove poteva capitare, con pochi mezzi in mano, con poco aiuto e poco fervore che li potesse sostenere. I ragazzi di gita si dicono che infondo la regola del viaggiare è non fermarsi troppo a ragionare, a riflettere, a indugiare per un motivo o per un altro e che era meglio piuttosto sbagliare, commettere delle monellate e provare le sferzate interiori delle sconfitte e delle delusioni piuttosto che stagnarsi ed impantanarsi in mezzo al fango, a detriti e rifiuti che potevano costellare il cammino. La vita è fatta così e ti spinge con le sue bufere a dover affrontare gli interrogativi e i compiti più ingrati, e tu devi cercare di superarli a volte vincendo e talvolta perdendo, ma non per questo se vuoi avere una bella avventura ti devi fermare e appesantirti di livore, non per questo devi sentirti inadeguato, non per questo devi demordere dal tuo obiettivo. La vita è così un viaggio in salita e spesso inerpicato, un viaggio scivoloso nel peccato e nel cedimento, ma nonostante tutto viaggi per la gita del tuo massimo gradimento, per il tuo piacere e la tua soddisfazione, viaggi per avvertire ogni momento la bellezza della tua vocazione: conoscere la Salvezza dentro uno scorcio di un fiore fra le pietre o quella di un granello si senape che sposta anche la montagna, conoscere l'amore di un Dio che ci viene incontro anche se siamo prodighi e abbiam perso la via dove Lui rimane sempre ad attendere che ritorniamo con le braccia aperte ed un amore che tutto il mondo a sé guadagna.
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