Paolo Orsi a Guastanella nei primi
anni Trenta e l’ipotesi archeologica di Rosamaria Rita Lombardo: un inedito,
sorprendente e sbalorditivo intreccio.
di Rosamaria Rita Lombardo
v. anche l’intervento al Convegno sulla Candidatura Unesco
v. anche l’intervento al Convegno sulla Candidatura Unesco
“Eppure
la Sicilia è sempre prodiga di nuove bellezze, a chi la interroghi con passione
d’arte e con amore di studioso.” (Paolo Orsi, Sicilia
ignota, in «Le vie d’Italia», anno XXXVIII, 1932, pp. 57-62, v. infra)
Paolo Orsi |
Quanto segue può offrire pertanto occasione per potersi fermare a riflettere su questioni che sovente sono state date, forse frettolosamente, come acquisite una volta per tutte e non necessitanti di ulteriore approfondimento e riconsiderazione, anche se, in verità, molto ancora hanno da suggerirci, da aggiungere e nel contempo offrire spunti per delineare qualche nuovo “motivo spia” per la comprensione dell’odierno stato della ricerca archeologica di Sicilia relativamente a un periodo, quello appunto protostorico, per la verità sinora poco preso in considerazione, in un quadro critico ed aperto al dibattito e al confronto, dagli studiosi di settore.
Il sito archeologico di Monte Guastanella |
Per quanto mi riguarda, in questo panorama di ricerca sotto altra luce e nuove linee di indagine da me prospettate, ho sempre avuto consapevolezza, pur nella “provocatoria” ipotesi archeologica avanzata, che identificherebbe, sulla scorta della sensazionale testimonianza aedica familiare registrata in loco, il Monte Guastanella quale sede di Camico e ricettacolo della tomba del sovrano minoico, che il problema di fondo non è tanto quello di cercare e rinvenire il sepolcro di Minosse o il tritone di Dedalo, quanto quello di capire come inquadrare simili miti, che pur sono veridici portatori e rivelatori, a mio avviso, di fatti storici, nell’unico, vero, problema storico, quello dei rapporti tra il mondo minoico- miceneo e la Sikania agrigentina. È questo uno dei tre poli di quei rapporti (il siracusano e l’eoliano sono gli altri due) e di questo si occupò appunto l’Orsi agli albori del secolo scorso.
Paolo Orsi |
Quasi un secolo è trascorso, difatti, da quando Paolo Orsi, vero pioniere ed antesignano appassionato nella individuazione dei rapporti della Sikania con le civiltà egee, condusse nel 1931 e 1932, dopo averne rilevato sin dal 1901 i primi indizi ed evidenze insieme allo studioso “pancretese” A. Mosso, ivi recatosi nel 1907, esplorazioni e scavi insieme al conte Umberto Zanotti Bianco e al principe Ruffo della Scaletta a Sant’Angelo Muxaro e nei territori limitrofi.
La caducità delle sue condizioni di salute e l’età avanzata indussero sovente l’Orsi ad affidarsi per lo scavo alle giovani ed entusiaste energie di Zanotti Bianco con il quale aveva instaurato una stretta collaborazione scientifica e un intenso sodalizio umano. Non rimase tuttavia all’Orsi il tempo di completare la pubblicazione dei dati di scavo, allorché, nel 1935, la morte sopraggiunse ad interrompere la sua lunga, titanica e febbrile attività di ricerca. Per molti anni, da allora sono rimasti inediti gli oltre centocinquanta taccuini conservati nel Museo Regionale, a lui intitolato, di Siracusa, uno dei più autorevoli d’Europa per lo studio dell’archeologia siciliana e protostorica in generale, insieme alla sua biblioteca privata rimasta nella città aretusana presso la Soprintendenza. Parimenti i taccuini di Umberto Zanotti Bianco sono conservati nell’Archivio dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia.
In particolare della seconda campagna di scavi dell’estate del 1932, che non diede risultati significativi come quella del 1931, ma fornì comunque una serie di dati importanti sulla consistenza archeologica del territorio circostante, non fu pubblicata nessuna notizia a stampa, sicché la documentazione degli scavi condotti in quegli anni si evince dalla relazione preliminare dell’Orsi e in particolar modo dai suoi taccuini, conservati al museo di Siracusa, nonché dagli appunti di Umberto Zanotti Bianco: il Roveretano riteneva la relazione pubblicata nel 1932 “un piccolo saggio” e si prefiggeva di approntare in seguito un volume che illustrasse ampiamente le scoperte fatte nel territorio.
Nel breve resoconto preliminare dello scavo, pubblicato nel 1932 negli «Atti della Regia Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Palermo», l’Orsi sottolineò le affinità e analogie delle camere sepolcrali di Sant’Angelo Muxaro con l’architettura funeraria egeo-micenea, affermandone la mutuazione e individuando in Eraclea Minoa l’epicentro diffusivo di queste influenze transmarine riflesse con molta verosimiglianza nella tradizione di antichissime relazioni e contatti fra Creta e la Sikania agrigentina tramandatici da Erodoto e da Diodoro Siculo, ma mai identificò il sito di Sant’Angelo con la città di Camico.
Di certo diversi elementi al genio orsiano impedivano di farlo, quali, ad esempio, il fatto che Sant’Angelo Muxaro sorgesse su un modesto colle e non su di una erta e inaccessibile rupe e che non vi fosse nel suo territorio presenza alcuna di fiume dalle acque sulfuree. L’evidenza archeologica del sito non assicurava inoltre una continuità insediativa (presenza minoico-micenea e centro ibrido egeo-indigeno sin dal 1250 a.C. – esistenza del sito fino alla conquista romana del 258 a.C.) quale quella che dovrebbe testimoniare la città di Camico secondo la lezione delle fonti.
Il suo occhio implacabile di straordinario archeologo, messe a fuoco le aporie e discrepanze dell’evidenza storica ed archeologica di Sant’Angelo Muxaro, sembra a quel punto voler volgersi altrove, seguire un’altra direttrice di ricerca e testimoniare le capacità analitiche del ricercatore a cogliere sempre le sfumature e implicazioni culturali e storiche del problema di un insediamento antico, ravvisabili nel contesto geografico del territorio in cui si trova inserito, rivelando così profonda visione storica e topografica nella conduzione dell’indagine archeologica, sostenuta da grandissime e finissime capacità intuitive.
A tal titolo va ricordato, per inciso, come si debba al nostro illustre Accademico dei Lincei, oltre che archeologo di fama internazionale, l’intuizione che la collina di Bitalemi, nel territorio di Gela, fosse occupata da un santuario arcaicissimo dedicato a Demetra e Kore, identificato decenni dopo da Pietro Orlandini, mio compianto professore di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana dell’Università degli Studi di Milano, con un vero e proprio thesmophorion.
L’impulso tratto dalle esplorazioni sino ad allora condotte fu per l’Orsi immenso.
La via, “acutamente” intuita, del prosieguo della ricerca, tracciata.
Tutte le colline dell’entroterra agrigentino furono pertanto percorse da lui a piedi o a dorso di asino, grandi caposaldi fortificati, indigeni e non, furono additati come piste di ricerca ai successivi scavatori ed è altamente probabile che cenno di queste sue esplorazioni sia rimasto nei taccuini custoditi nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa che sarebbe mia intenzione visionare a breve termine, avendone già inoltrata richiesta di accesso alla Direttrice.
Intanto una sorprendente e sbalorditiva traccia che va nella direzione della mia ipotesi archeologica (Monte Guastanella sede dell’antica Camico e della tomba-tempio del re Minosse) è stata da me di recente rinvenuta in un suo articolo, firmato “Viator”, pseudonimo che ho verificato, nell’Archivio della documentazione roveretana, essere utilizzato dallo studioso, dal titolo “Sicilia ignota – S. Angelo Muxaro”, pubblicato nel gennaio del 1932 sulla rivista mensile del Touring Club Italiano, «Le vie d’Italia», in cui l’Orsi già addita con grande saggezza e lungimiranza, pur non indicandola espressamente, ma facendola intuire, la futura via di ricerca da percorrere.
In esso, insieme alla menzione dei siti di S. Angelo Muxaro, Sutera e Caltabellotta, compare – incredibile dictu – quello di Monte Guastanella, immortalato in due bellissime antiche fotografie. Una di queste sembra addirittura ritrarre un consesso di notabili studiosi in visita perlustrativa.
Riguardo invece all’isolamento secolare del territorio di S. Angelo Muxaro, di cui si parla nell’incipit dell’articolo della rivista del Touring, Paolo Orsi ebbe a precisare altrove (Paolo Orsi, “La necropoli di S. Angelo Muxaro e cosa ci dice di nuovo nella questione sicula”, pp. 20-32, in “Atti del Boccone del Povero”, 1932, Palermo) quando nel 1931 iniziò ivi i suoi scavi, che quel centro «fino ad un paio di anni addietro era legato a Raffadali mediante una trazzera preistorica in orribili condizioni.»
Egli non fu in grado di attribuire un antico nome al sito ed in merito si domandò allora: «Ma che città era questo misterioso baluardo di Muxaro? Se osserviamo una buona carta della Sicilia antica, la vallata del Platani fino all’altopiano di Cammarata-Castronovo, appare vergine di città sicule. Camico o Triocala Caltabellotta si erge troppo discosta ad occidente, Mitistrato e S. Paolino di Sutera, troppo discosti ad oriente. Ed allora nessun nome probabile soccorre per Muxaro?»
La rupe svettante di Monte Guastanella (a destra) vista dal colle di S. Angelo Muxaro |
Il mondo
accademico, scomparso lo studioso, emanò invece, in modo forse troppo sbrigativo,
il verdetto inappellabile che il sito ospitasse Camico, anche se non è stata ancora
identificata con certezza nelle sue viciniori contrade la superba, svettante, «più salda
tra tutte… inespugnabile» rupe di cui parla Diodoro Siculo nella Biblioteca storica.
La mia ipotesi scientifica sostiene invece di averla identificata nel Monte Guastanella e mi onoro, attraverso l’approfondita dissertazione tematica condotta nel mio saggio storico-archeologico L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse (Fara Editore), della paternità di questa nuova ubicazione.
È dunque, a mio avviso, nel territorio raffadalese, come ben sembra aver arguito ed intuito l’Orsi, che va ricercata Camico insieme alle vestigia del leggendario taphos del re cretese Minosse, mentre l’altro sito dell’agrigentino, Muxaro (per me più plausibilmente identificabile con Makara-Minoa), accreditato come sede della mitica fortezza dedalica da quando nel 1935 lo studioso B. Pace, accogliendo una suggestione di G. Caputo, proponeva l’identificazione con la capitale del regno sicano del re Cocalo dando inizio ad una lunga querelle mai risolta che ha visto l’identificazione di Camico in diverse località del territorio agrigentino, andrebbe conseguentemente escluso per i motivi sopra illustrati.
Da quanto sinora detto è pertanto facile convenire come nell’ultima fase del suo infaticabile lavoro, minato ormai nel fisico, lo sguardo del nostro scienziato ricercatore sia forse andato sognando, come si arguisce chiaramente dalle pagine di “Sicilia ignota”, la possibilità di spostare l’indagine della città di Camico altrove, lungo la direttrice di Heraclea Minoa («… Heraclea Minoa, che nel nome racchiude il ricordo del mitico Minos cretese, la cui nebulosa istoria, sotto il piccone dell’archeologo, anziché crollare per intero sembra prendere una vaga consistenza.»), e precisamente, esclusi da ultimo anche Sutera e Caltabellotta, pur menzionati nell’articolo (vedi sotto), verso «l’ardito dente roccioso» di Monte Guastanella («… e presso Raffadali… più in là la cresta aguzza e quasi inaccessibile di Monte Guastanella (m. 618), inespugnabile vedetta araba, con tracce di installazioni di tale età, uno dei … tesori di questo oscuro angolo della “Sicilia ignota”, sfuggiti agli Italiani troppo urbanisti e troppo commodisti. Eppure la Sicilia è sempre prodiga di nuove bellezze a chi la interroghi con passione d’arte e con amore di studioso.»).
Fu questo il suo ultimo tentativo di indicazione di una possibile strada da seguire in fiduciosa attesa che altri , in avvenire , potessero far tesoro dei fatti che egli aveva posto davanti agli occhi e che la disamina del territorio aveva offerto a lui, impareggiabile “Viator”, inarrestabile “viandante dell’archeologia” a cui umilmente oso affiancarmi, quale compagna di cammino, nello splendido viaggio che l’archeologia offre a chi la coltiva con passione e rigore, saldamente uniti a onestà intellettuale ed etica.
“Era insomma un viandante che raramente si volgeva indietro, ma nell’ansia di procedere non si arrestava mai perché la sua vita era lo stesso cammino che stava dinnanzi ai suoi occhi penetranti.” (P.E. Arias, Un pioniere dell’archeologia italiana: Paolo Orsi, 1984)
La mia ipotesi scientifica sostiene invece di averla identificata nel Monte Guastanella e mi onoro, attraverso l’approfondita dissertazione tematica condotta nel mio saggio storico-archeologico L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse (Fara Editore), della paternità di questa nuova ubicazione.
È dunque, a mio avviso, nel territorio raffadalese, come ben sembra aver arguito ed intuito l’Orsi, che va ricercata Camico insieme alle vestigia del leggendario taphos del re cretese Minosse, mentre l’altro sito dell’agrigentino, Muxaro (per me più plausibilmente identificabile con Makara-Minoa), accreditato come sede della mitica fortezza dedalica da quando nel 1935 lo studioso B. Pace, accogliendo una suggestione di G. Caputo, proponeva l’identificazione con la capitale del regno sicano del re Cocalo dando inizio ad una lunga querelle mai risolta che ha visto l’identificazione di Camico in diverse località del territorio agrigentino, andrebbe conseguentemente escluso per i motivi sopra illustrati.
Monte Guastanella |
Da quanto sinora detto è pertanto facile convenire come nell’ultima fase del suo infaticabile lavoro, minato ormai nel fisico, lo sguardo del nostro scienziato ricercatore sia forse andato sognando, come si arguisce chiaramente dalle pagine di “Sicilia ignota”, la possibilità di spostare l’indagine della città di Camico altrove, lungo la direttrice di Heraclea Minoa («… Heraclea Minoa, che nel nome racchiude il ricordo del mitico Minos cretese, la cui nebulosa istoria, sotto il piccone dell’archeologo, anziché crollare per intero sembra prendere una vaga consistenza.»), e precisamente, esclusi da ultimo anche Sutera e Caltabellotta, pur menzionati nell’articolo (vedi sotto), verso «l’ardito dente roccioso» di Monte Guastanella («… e presso Raffadali… più in là la cresta aguzza e quasi inaccessibile di Monte Guastanella (m. 618), inespugnabile vedetta araba, con tracce di installazioni di tale età, uno dei … tesori di questo oscuro angolo della “Sicilia ignota”, sfuggiti agli Italiani troppo urbanisti e troppo commodisti. Eppure la Sicilia è sempre prodiga di nuove bellezze a chi la interroghi con passione d’arte e con amore di studioso.»).
Fu questo il suo ultimo tentativo di indicazione di una possibile strada da seguire in fiduciosa attesa che altri , in avvenire , potessero far tesoro dei fatti che egli aveva posto davanti agli occhi e che la disamina del territorio aveva offerto a lui, impareggiabile “Viator”, inarrestabile “viandante dell’archeologia” a cui umilmente oso affiancarmi, quale compagna di cammino, nello splendido viaggio che l’archeologia offre a chi la coltiva con passione e rigore, saldamente uniti a onestà intellettuale ed etica.
“Era insomma un viandante che raramente si volgeva indietro, ma nell’ansia di procedere non si arrestava mai perché la sua vita era lo stesso cammino che stava dinnanzi ai suoi occhi penetranti.” (P.E. Arias, Un pioniere dell’archeologia italiana: Paolo Orsi, 1984)
Rosamaria Rita Lombardo e Ray Bondin |
Sitografia
La tomba di Minosse va cercata in Sicilia (Miska Ruggeri in Libero 6-1-16)
La storia ritrovata nel mito: una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse a Guastanella (AG) e apre sfide di ricerca per l'archeologia, l'antropologia e la cultura popolareEccezionale reportage fotografico
Domenica del Sole24ore (9-8-15)
Il sito del Monte Guastanella è candidato sito Unesco e nominato per la Lista dei Monumenti Mondiali che hanno bisogno di Attenzione, la World Monuments Watch List: vai al video (v. anche qui). Vedi anche Intervento del Dottor Bondin al convegno Expo e menzione Guastanella (in SiciliaJournal); Monte Guastanella: la tomba di Minosse, archeologia tra storia e mito (Anna Rita Fontana su SiciliaJournal); Monte Guastanella, il mito tra Verità e le verità nel pensiero di Settimio Biondi (Anna Rita Fontana su SiciliaJournal). Ampia intervista di Alvise Campostrini in Fattitaliani.it
Bellezza naturalistica e archeologica (Anna Rita Fontana)
Marco Scalabrino (in archivio e pensamenti)
Alla ricerca dell'ultima dimora del re (Anna Rita Fontana su Sicilia Journal)
Il re cretese sepolto nell'Agrigentino (Anna Rita Fontana su Sicilia Journal)
Valeria Canavesi
Senecio (Marco Scalabrino)
La Siclia (Chiara Mangione)
Monte Guastanella, voci e memorie di un paesaggio antico nei versi di Serroy e Maragliano (Anna Rita Fontana su Siciliajournal)
Bibliografia
Agnello G., Zanotti Bianco nella campagna di scavo di S. Angelo Muxaro, in «Arch. Stor. Calabria–Lucania», XXXIV, pp. 59–78, 1965-66.
Arias P.E., Quattro archeologi del nostro secolo, Pisa 1976.
Arias P.E., Un pioniere dell’archeologia italiana: Paolo Orsi, 1984.
Bernabò Brea L., La Sicilia prima dei Greci, Il Saggiatore 1982, Milano.
Cantarella E., Minosse ad Agrigento tra mito e archeologia. Da Creta alla Sicilia. Il volo della civiltà, 3 febbraio 2003, «Corriere della Sera».
Cantarella E., Il bagno bollente che uccise Minosse, 15 Agosto 2012, in Mitologica, «Corriere della Sera».
Cultraro M., I Micenei, Studi Superiori, 2006.
Cultraro M., L’anello di Minosse, Longanesi, 2001.
Di Giovanni G., Raffadali nel suo ambiente antico e attuale. Raffadali e Sant’Angelo Muxaro, quaderno di storia locale, Agrigento, Centro studi “Giulio Pastore”, 1986.
La Rosa V., Paolo Orsi e Federico Halbherr: due grandi roveretani dell’Archeologia italiana, ne La ricerca archeologica nel Mediterraneo: P. Orsi, F. Halbherr e G. Gerola (Accademia Roveretana degli Agiati), Rovereto 1991, pp. 33-51.
La Rosa V., Le popolazioni della Sicilia: Sicani, Siculi, Elimi, in «Italia omnium terrarum parens», Milano 1989.
La Rosa V., Paolo Orsi, Una storia accademica, in «Archivio Storico per la Sicilia orientale», 1978.
La Rosa V., Dalle capanne alle robbe, Milena (Caltanissetta), Pro loco 1997.
Lombardo R. R., L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse, Fara Editore 2013.
Mosso A., Tomba preistorica a Sant’Angelo Muxaro nella provincia di Girgenti, Torino, 1908.
Mosso A., Villaggi preistorici di Caldare e Cannatello presso Girgenti, in «M.A.L.», XVIII,1907, pp. 573-576 e pp.647-651.
Orlandini P., L’Arte preellenica, Milano, Cisalpino Goliardica 1973.
Orlandini P., Introduzione all’archeologia e alla storia dell’arte greca e romana, Milano, Cisalpino Goliardica 1973.
Orlandini P., Vassallaggi: scavi 1961, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1971.
Orsi P., Sicilia ignota, Sant’Angelo Muxaro in «Le vie d’Italia», XXXVIII (1932), pp. 57–62.
Orsi P., La necropoli di S.Angelo Muxaro ( Agrigento ) e cosa ci dice di nuovo nella questione sicula, in «Atti della Reale Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo», serie II, volume XVII (1932), pp. 271–284.
Orsi P., op. cit, in Atti del Boccone del Povero, Palermo 1932, pp. 20-32.
Pottino G., Cartaginesi in Sicilia, Palermo 1976.
Rizza G., Paolo Orsi e l’archeologia del ’900, in «Magna Grecia», XXVII,11/12, 1992, pp.12-15.
– Per un confronto con altre posizioni in ordine alle possibili identificazioni del sito dell’antica Camico si rinvia ai seguenti studi:
Caputo G., 1963, Le tholoi di Quinto Fiorentino e Sant’Angelo Muxaro e ancora Camico, in «La Parola del Passato», XVIII, pp. 401–418.
Giustolisi V., Camico, Triocala, Caltabellotta, Palermo 1981.
Griffo P., Ricerche attorno al sito di Camico (Camico l’odierna S. Angelo Muxaro), Agrigento 1948.
Manni E., Alla ricerca della reggia di Cocalo, in Sicilia, 20, 1958.
Pace B., Arte e civiltà della Sicilia antica, Milano, Soc. An. Ed. Dante Alighieri, 1935, I – IV volumi.
Scaglia A., Una nota su Camico. Camico S. Angelo Muxaro?, Agrigento 1972.
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Sicilia ignota. S. Angelo Muxaro
Nominativo Autori
|
ORSI P. [firmato
"Viator"]
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Anno
|
1932
|
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