Su Imperfect Symmetry La simmetria imperfetta di Jóhan Haukur Jóhansson (Fara 2022)
Recensione di Subhaga Gaetano Failla
Ho ricevuto in dono Imperfect Symmetry La simmetria imperfetta dalle mani del suo autore, Jóhan Haukur Jóhansson, incontrato alcune settimane fa in un monastero cristiano dell’anno Mille. I boschi che circondano il monastero, la luna prossima al plenilunio apparsa oltre la montagna, le ginestre sfolgoranti nel sole estivo, hanno reso questo regalo ancor di più prezioso.
Non so chi sia davvero Jóhan Haukur Jóhansson. Posso soltanto dire che ho colto in lui il pellegrino gentile alla ricerca avventurosa della Via. Questo suo elegante libro, scritto in italiano e in inglese, con la prefazione di Alberto Fraccacreta e la copertina di Giacomo Ramberti, ne è testimonianza. Ne impreziosiscono ulteriormente le pagine l’immagine di una antica mappa dell’Islanda, le foto di Armanda e Roberto, una giovane donna e un giovane uomo dalle fattezze incantevoli, alcune vecchie stampe, recenti foto di placidi borghi, il volto ovale di una splendida Morte medievale nel fotogramma del film Il settimo sigillo, disegni mitologici, biblici, favolistici e gli indizi di disperse civiltà e di linguaggi ancestrali.
Ho letto Imperfect Symmetry La simmetria imperfetta con l’attenzione desta, nell’intento di trovare le tracce lasciate dall’autore nelle righe e tra le righe. In tal senso, così Jóhan Haukur scrive in conclusione: “… le pagine precedenti rappresentano una sfida: molto del lavoro di ricerca spetta infatti al lettore.”
Il fremito che mi ha scosso nell’addentrarmi in questo libro è simile a quello sentito seguendo le vicende narrate in Il Monte Analogo di René Daumal, nello Zarathustra di Nietzsche e in alcune opere di Carlo Coccioli e di Giuseppe Bonaviri. Mi sono così imbattuto, talvolta con inquietudine talvolta nella quiete di una rivelazione liberatoria, negli echi delle vie impervie dello “stato intermedio” del Bardo Thodol, nelle evocazioni delle visioni di Ildegarda di Bingen, negli enigmi delle trasformazioni alchemiche.
Jóhan Haukur Jóhansson ci conduce dunque su un itinerario iniziatico, costellato di bagliori di viaggi eterei, di illusori dedali da cui destarsi, di presenze animali e angeliche riconosciute come guide. Questa strada senza strada che porta verso la più grande liberazione, la libertà da sé stessi, è descritta con un linguaggio elegante e sinuoso, simbolico, affascinante, ricercato e criptico (perché il viaggio sapienziale ha bisogno anche dell’oscurità e del segreto), e attraverso una vasta erudizione che ricorda Borges, esplicitamente citato. La numerazione stessa dei capitoli, inconsueta, è ulteriore traccia di questa avventura iniziatica.
Imperfect Symmetry La simmetria imperfetta percorre inoltre i sentieri di molteplici lingue. È l’indagine sostanziale delle radici, dell’etimologia, fino a giungere a scrutare anche nel “mistero” e nel “segreto” dell’alfabeto runico. Perché solo dando nutrimento e significato alle nostre radici, al linguaggio, sembra dirci l’Autore, indagando cioè il momento cruciale in cui è stato abbandonato il silenzio – questo Eden perduto, o meglio, dimenticato – con la meravigliosa straziante caduta nella parola, solo in tal modo, dalle radici potremo continuare il viaggio verso la fioritura. Terra e cielo si uniscono, nella rivelazione di un “ritorno a Tarso”, nell’incanto di un unico e immobile Essere parmenideo, come è scritto nell’ultima didascalia del libro: C’è uno spazio compatto in cui è impossibile il movimento. (detto Maya)
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