sabato 4 aprile 2015

"I due volti della Medusa" romanzo di Angela Falcucci. Recensione a cura di Cinzia Demi


I due volti della Medusa, romanzo di Angela Falcucci.
(edizioni leparole 2014)

“Medusa è il mito che si nasconde in una donna, che vive la dimensione della rinascita attraverso la riappropriazione della propria identità. Il percorso accidentato che passa dalla perdita di certezze, dallo spezzarsi improvviso di una vita tranquilla, costringe la protagonista a confrontarsi con l’altra parte di se stessa, che ritrova incredibilmente nell’uomo che incontra. Il riemergere di desideri e pulsioni di una lontana giovinezza, accantonati per far posto a comportamenti attesi, da chi fa parte della sua vita, sarà l’origine di nuovi impeti vitali, infine accettati e vissuti con una piena consapevolezza dalla protagonista.”




Angela Falcucci vive a Tortoreto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, ed è nata a Roma dove è vissuta fino a 22 anni. Dopo la laurea in Farmacia ha insegnato materie scientifiche nella scuola media. Con il Comune di Tortoreto e l’associazione Insieme è stata ideatrice e promotrice del Premio Tortoreto alla Cultura, giunto quest’anno alla decima edizione.
Ha fatto parte, fin dalla sua fondazione, del Laboratorio di Parole del Circolo La Fattoria di Bologna. Collabora alla rivista bimestrale “Parole”, (wwwcircolofattoria.it) con rubriche di poesia.
Ha pubblicato “La luna rubata”( ed. del Giano, 2006).
Alcune sue poesie sono pubblicate sulle antologie Esperienze di poesia (ed. Pendragon, 2005), Vent’anni di poesia a Bologna(ed. Leparole, 2012).

Conosco Angela Falcucci da tantissimi anni. Ho sempre apprezzato il suo modo di fare poesia e adesso la scopro anche un’ottima narratrice. Abbiamo vissuto insieme tanti momenti e partecipato a eventi artistici sia a Bologna che a Tortoreto, nella sua bellissima casa-castello a due passi dalla passeggiata tra i palmeti sul Lido del paese. Lei, e gli altri soci della sua associazione “Insieme”, sono tutte persone molto ospitali e amanti dell’arte e del bello, circostanza che ha permesso scambi culturali a vario livello. Questa prova in prosa della Falcucci è perfettamente riuscita e speriamo di poter leggere presto altri romanzi usciti dalla sua mano.


 I due volti della Medusa


Non è facile scrivere narrativa oggi. O meglio sembra facilissimo in quanto, di brutte pubblicazioni ce ne sono a centinaia e ognuno che scrive un testo, per il solo fatto di venire pubblicato, spesso si ritiene un “autore”.  Dunque ben vengano lavori di scrittori, magari meno noti o editi da piccole case editrici, che rivelano invece qualcosa di particolarmente efficace, che nascondono piccole perle da incastonare nelle proprie librerie.
E’, questo romanzo di Angela Falcucci, un realistico racconto che, inserito nel contesto di fine anni ’90 del Novecento, anni dove le metamorfosi spazio-temporali storiche e culturali si fanno sentire parecchio anche sulla pelle degli stessi protagonisti della vicenda, induce a riflettere sull’imprevedibilità del destino di ognuno, sull’incombere degli imprevisti nella quotidianità più lineare, sulla capacità di trasformazione insita nell’animo umano che, se rafforzata da un’intelligente intuizione può portare a variare la propria visione del mondo, e può aiutare a superare anche i momenti più bui donando nuova linfa vitale al cammino intrapreso. Cambiare il proprio punto di vista, non lasciarsi sopraffare dagli eventi o dalle delusioni, raccogliere ciò che di bello e positivo la vita può donare, saper ascoltare qualcuno che arriva all’improvviso a tenderti la sua mano per salvarti, saper scegliere tra le tante possibilità che tornano a presentarsi, rinascere a vita nuova: questa la sintesi del percorso della protagonista, Carla, ironicamente ribattezzata Medusa, che saprà affrontare - grazie all’aiuto di un uomo con il quale avrà uno stupendo e particolarissimo rapporto epistolare – ciò che le viene riservato, e  che non avrebbe mai immaginato le succedesse, con soluzioni altrettanto impreviste e imprevedibili rispetto all’andamento della storia.

Sulla trama non dico altro, per non svelare troppo gli intrecci e lasciare ai lettori il gusto di immergersi nelle pagine del romanzo, scoprendo da soli i passaggi dolorosi o ironici della narrazione. Vorrei, però, sottolineare come l’autrice ci presenta la protagonista della storia ed evidenziare come spesso alcuni passaggi del libro vengono sottolineati da una poesia, essendo la Falcucci anche una brava poetessa.
Come accennato sopra, Carla si trova, a un certo punto della sua esistenza, che è il  momento in cui inizia il libro stesso, di fronte a un taglio radicale della sua quotidianità, e così l’autrice ce la propone: «[…] Stanotte ho brindato da sola. L’uomo che amavo è morto. Leggo, dipingo, scrivo, alle volte piango. Lo specchio mi rimanda un volto impassibile, Carla non c’è più, Medusa mi ha trasformato in pietra. Era proprio lei? Quel viso stanco dal sorriso tirato, e quei capelli serpentelli un tempo così pericolosi e guizzanti, ridotti a viscide bisce di palude. Neppure una tempesta magnetica avrebbe potuto rianimare quel mortorio. Medusa si tolse la parrucca e la ripose dentro un baule in solaio. L’avrebbero trovata un giorno le sue nipotine e, se per gioco l’avessero indossata, il mito sarebbe tornato a vivere.». E’ al mito di Medusa, dunque, che la Falcucci si rifà per descrivere la  donna che condurrà la storia (come si desume anche nel titolo). Medusa, del resto, è uno di quei miti che ha determinato la sensibilità moderna. Nel volto di Medusa il romanticismo, ad esempio, - come dice Mario Praz ne La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica (1930) - riconosce quel misto di crudeltà e bellezza, di sofferenza e fascinazione decadente che segna in parte anche la sensibilità otto-novecentesca. Da Shelley a Baudelaire Medusa viene eletta a simbolo di un'insana, e perciò decadente, miscellanea di bellezza e morte, di sessualità e crudeltà. In fondo che cosa rivela il volto di Medusa a chi la guarda e ne rimane pietrificato? Se ci pensiamo bene – e questo pare il senso dato anche dalla nostra autrice – viene in pratica rivelato il proprio io come nel riflesso di uno specchio, ovvero la verità della propria immagine riflessa. La terribile maschera chiede di essere guardata, provoca fascinazione, diventa un rimando da cui è impossibile staccarsi, provoca uno spossessamento della propria personalità per diventar preda della sua divinità. Il risultato che ne scaturisce è quasi un incontro con l’Altrove, dove lo specchio riflette colui che guardandosi diviene altro da sé, qualcosa di misterioso, come l’ombra, il proprio doppio. Ed è sempre attraverso lo specchio che, al tempo stesso, ci si riconosce, si ci si ritrova, purché ci si divida, ci si distanzi da sé; si appaia a se stessi come esterni, estranei, altri. La storia di Carla-Medusa inizia proprio così. Con un disconoscimento che è anche un riconoscimento di se stessa davanti a uno specchio. Il romanzo segna il percorso della protagonista verso la ricerca della propria identità che la porterà a compiere delle scelte, all’inizio minime poi sempre più incisive e determinanti, per ritrovarsi. In questa dimensione di ricerca/ritrovamento si può quindi pensare la chiave di lettura che fa assurgere il lavoro a romanzo corale di tutte quelle donne che hanno avuto il coraggio di affrontare scelte, seguire cammini che le hanno portate a ritrovarsi. Nulla di scontato però, nulla di regalato segna le tappe del viaggio interiore. Solo una grande forza di volontà – che è la forza narrativa del romanzo stesso – arricchita da mille sfaccettature umane (il rapporto con l’amica morente, con la vecchietta dell’ospizio, con la madre, e soprattutto con Salva – dai cento eteronimi) che rendono lo scritto credibile, vero e godibilissimo anche da un punto di vista stilistico dove l’alternarsi di pensieri, ricordi, presente e previsioni fanno di questo romanzo di Angela Falcucci un esemplare dipinto di un’epoca vicinissima e attualissima, da godersi in una lettura che sa trasmettere il senso stesso dell’esistenza.
A completamento di questa breve recensione riporto alcune poesie tratte dal libro che, come accennavo sopra, segnano alcuni passaggi:

Rondò

E’ notte. La laguna
si veste di brumose
nebbia, e vaporose
danzan le idee. Nessuna

nel sonno ne afferrai:
svaniscono. Leggere
non si fermano mai
un attimo. A schiere

infilano la cruna
dei sogni e silenziose
frusciano, qual graziose
ondine a una a una
nella cheta laguna.

*****

5 ottobre 1999

Verso le tre se n’è andata

Giunta è la notte, vieni, attraversiamo…

… proprio quel tuo sospiro mi ha destato
         una pallida luce trapelava dai sogni
e l’orma del tuo volto sul cuscino
                            scomposto
         era come una strada di petali
gualciti
dopo la processione dell’Assunta
                        di ritorno dal mare
Ad ascoltar meglio sembrava
              che quel respiro un po’ roco
si frantumasse
               piano
come in un abbandono
                     di bimbo
   o di anziano colmo d’anni e ricordi
Poi ci fu come un fremito
                    e la tua mano
fu colma di silenzio.

*****

Lacrime di cera

Nella sera che avanza
        Si avvera, così
                                    La tua speranza
     Signora, in Te abbandono
                                  La mia preghiera




Bologna, 4 aprile 2015                                             

Cinzia Demi

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