Il luogo della parola
Lunedì 02 Marzo 2015 17:17 Santandrea di Conza
Premesso che personalmente non amo la poesia, né la letteratura, cioè, qualcuno dirà non senza ragione, sono solo un grande ignorante, tuttavia mi incuriosiva la presenza a Sant'Andrea di tanti poeti, scrittori, intellettuali e autori vari ed anche lo stesso titolo dell'evento, per cui ho voluto seguire, almeno in parte, gli incontri tenutisi presso l'ex Seminario nell'ambito della kermesse ...
... letteraria "Il luogo della parola".
Ebbene posso dire che sarà pure vero che "Carmina non dant panem", come vuole il comune, famoso, detto, ma ciò potrebbe valere per lo stomaco, non certamente per lo spirito del quale pure dovremmo essere dotati. Sebbene ascoltate con un certo scetticismo, non si poteva rimanere insensibili a tante sollecitazioni, a tante considerazioni espresse dai numerosi poeti e intellettuali che hanno preso la parola. Riferendomi solo ad alcuni, riporto di seguito qualche stralcio dei loro interventi.
Per Alessandro Ramberti ...
«Il luogo della parola è in sintesi l’essere umano con il suo vissuto e il suo vivere, il suo esserci, il suo riconoscersi e ritrovarsi come luogo mobile nel tempo e nello spazio, appunto perché riconosciuto da altri “luoghi mobili” e dal Logos per eccellenza. A volte – aggiunge – siamo sorpresi quando la relazione è di condivisione e di accoglienza, forse dimenticando che ciò rimanda a quel Senso indefinibile che congiunge amore e verità».
La campagna (di Domenico Cipriano)
La staccionata resta fissa nello sguardo
si attarda a misurare la luce
il passo lento del veggente scruta il verde
e torna a mescolare il suono del fiume.
Siamo fatui e sorpresi da tanta calma, la notte non tarderà
ma il suono di chi non c’è si mimetizza all’aria.
Nuvole su passi lascivi, le impronte
ci costringono a recuperare il senso della presenza:
ogni chiaroscuro e la sua ombra ci convincono
dell’eternità nascosta nelle cose.
Gli oggetti vivono nel pensiero e la musica
riprende le forme di involucri geometrici
Il suo fiato è già regolare dopo l’affanno del divenire.
Per Domenico Cipriano ...
Il luogo della parola è – allora – un evento, un incontro, un qualcosa che si incarna nel vissuto quotidiano; è l’io e l’Altro, è Dio e il Nulla, è il respiro e il vento, è la letizia e il dramma, è il Dire e l’Essere, è la pienezza e il vuoto, è la libertà e la prigionia, è l’amore e l’alienazione, è la vita reale, inteso come posto nel mondo, e la vita immaginaria, il posto simbolico. Unità e diversità, quindi, identità e frammentazione, testimonianza e mistero, paesaggio e anima, dentro e fuori, silenzio e rumore. Singolarità e moltitudine. Memoria e rappresentazione. Verità e smarrimento. Qualsiasi angolo o spazio, dunque, può divenire il luogo dove la parola viene ad incardinarsi: dal Duomo di Milano alle colline dell’Appennino campano, dai vicoli di Napoli alle strade della Romagna, dai resti dell’antica Compsa all’ombelico della ex Fornace di Sant’Andrea di Conza, dove si sono svolti gli spettacoli serali.
Per Paolo Saggese ...
(che è fattivo componente del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud)
... il significato del tema «Il luogo della parola» assume certamente almeno due significati. Il primo, collegabile all'idea della geografia della letteratura italiana, è stato teorizzato da studiosi autorevoli come Carlo Dionisotti, Natalino Sapegno, Walter Binni, Alberto Asor Rosa, per cui accanto a una storia della letteratura italiana è necessario ricostruire la geografia della stessa letteratura, individuando i vari e molteplici centri di sviluppo della produzione artistica nazionale. Infatti, l'Italia, avendo solo di recente conosciuto una sua unità politica, è stata caratterizzata da una matrice policentrica, che non può essere ridotta a poche città o a poche regioni. D'a1tra parte, il tema del luogo della parola può essere da noi inteso nel senso della geopoetica, neologismo creato dal poeta scozzese Kenneth White, in Italia riproposto da Massimo Gezzi e Adelelmo Ruggieri, secondo il quale ogni luogo ha una propria arte e letteratura, perché ogni luogo, con i suoi colori, odori, con la sua storia, condiziona fortemente l'ispirazione e dunque la parola di chi vive a contatto con quella terra. Pertanto, l'Italia ha tanti luoghi poetici quante sono le realtà territoriali di riferimento, con il loro microcosmo, che aspira a divenire macrocosmo."
(da Il Mattino del 6 marzo)
Secondo Ottavio Rossani ...
"... il luogo esiste, cioè i luoghi esistono. Si tratta di trovare quello giusto, quello adeguato, un punto necessario. All'inizio ho posto un quesito: la parola, maiuscola o minuscola? Personalmente dico: entrambe. E lo dico perché per me il luogo è la scrittura. La Parola (maiuscola) ha trovato il suo luogo nella Scrittura, con la maiuscola, cioè quella Sacra. La parola con la minuscola nella scrittura con la minuscola. Il Verbo che si incarna nella Sacra Scrittura, secondo la tradizione cristiana, per chi ha questa fede, rivela la verità dell'uomo e della storia nel nome di Dio che redime e pacifica. Ma nella scrittura con la minuscola è il luogo da solo che estrae da sé, con grande fatica, indipendentemente se credenti o no, la forza di rendersi cosciente della propria capacità di comunicare con gli altri riuscendo a superare odi e contrasti. L'uomo, cioè, ripone nella scrittura la volontà e la forza di redimere se stesso proiettandosi in un mondo d'amore che neutralizza la tenebra del rancore, dell'odio, della ferocia animale, che non solo durante le epoche passate ma tuttora sono la sua maledizione.
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il luogo della parola, creatrice, poetica, promotrice degli incontri umani e del superamento dei contrasti e degli attriti di una comunità civile è la scrittura come vita. Confesso che per me la scrittura è stata vita sin da quando, a 16 anni, mi trovai a scrivere i primi versi che parlavano di morte, di una morte annunciata dai rintocchi di una chiesa. Allora, al Sud si usava l'espressione "con la campana a morto" per significare che stava per essere celebrato un funerale. Da quell'annuncio ferale, pur scrivendo dei versi pieni di malinconia, poi buttati via, c'era l'esigenza di esaltare la vita e di fare della scrittura un modo di vivere e di gioire e di fare una scrittura con il sogno di scoprire la soluzione del mistero dell'esistenza. Devo dire, alla fin fine, umilmente perchè questo mistero credo che rimarrà sempre un mistero nell'esperienza umana."
(dall'intervento alla kermesse)
L'Arcivescovo Mons. Pasquale Cascio intervenendo con la sua relazione "I frammenti della Parola per costruire relazioni", tra l'altro, ha detto ...
"Sono il messaggero della parola di un Altro e quindi abituato ad andare per il mondo a portare la parola di un Altro. Quest’Altro mi dice: “Prima di parlare, ascolta, ascolta, ascolta”. La parola di quest’Altro è fatta dalla parola di tanti altri e tante volte prima che tu dica la parola dell’Altro, gli altri con le loro parole già ti parlano. Quest’Altro ci ha parlato e ci parla con le parole degli altri.
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Nel contesto biblico e quindi umano la parola (dabar) riporta immediatamente alla relazione comunicativa. Questo avviene tra gli uomini ed ha la pretesa di venire dalla natura e dall’agire stesso di Dio. Per cui, come in una “emanazione” della Parola, da Dio all’universo, creato con la Parola, e all’uomo, creato per accogliere e usare la Parola. In questo passaggio verso il creato, un posto unico e proprio è occupato dal logos-Verbo generato dal Padre, è per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Dice il prologo del Vangelo di Giovanni: «Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,2-3).
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Senza giungere a questo momento unico della Parola, vogliamo fermarci al mistero della Parola che si frantuma e si moltiplica nella parole umane. Anzi sono queste a rendere possibile il cammino della parola nella sua relazionalità creativa e comunicativa.
Senza frantumazione non c’è comunicazione, non c’è relazione.
Prendiamo in considerazione il rapporto di Dio con l’uomo, la relazione della parola di Dio con le parole dell’uomo, che nella Bibbia ha come modello unico la persona del profeta.
Nella loro ispirazione, profeta e poeta coincidono: ognuno poi riempia la parola poeta di qualsiasi parola o immagine è capace o ritiene opportuno.
È profeta perché parla in nome di un Altro, davanti ad un altro, a vantaggio di un altro.
Questo per me è un luogo della parola; non il poeta ma la posizione intermedia che egli occupa. Poi di volta in volta questo “in nome di chi” cambia, “davanti a chi” cambia, “a vantaggio di chi” cambia, ma in fondo è questa l’esperienza. Sì, c’è un vantaggio, non un vantaggio qualsiasi, ma adeguato al momento. È sempre un beneficio, fosse anche solo un pianto amaro.
Grazie alla Parola, quest’Altro rimane la fonte della parola e allo stesso tempo il destinatario della parola.
Se dovessi paragonare il profeta/poeta a una fonte, lo paragonerei a una fonte che zampilla, perché quello che dice gli ricade innanzitutto addosso, prima di poter poi andare oltre, prima che qualcuno tenti con la sua bocca anche di chiudere lo zampillo. Sì, è il rischio del poeta, di essere ingoiato tutto.
Il profeta e il poeta sono gli artefici o gli artisti della frammentazione di questa parola che costruisce relazioni in più direzioni."
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Che dire poi dell'intervento di Farhad Bitani che, essendo impossibilitato ad essere presente, ha inviato un commento filmato nel quale ha riferito della sua odissea a partire dall'Afghanistan per stabilirsi in Italia come rifugiato politico e spendere la propria vita per la pace? Semplicemente da brividi. Egli ha raccolto la sua storia ne "L'ultimo lenzuolo bianco" (Guaraldi, 2014).
Ognuno, insomma, ha interpretato e declinato a modo suo il "luogo della parola" ma tutti hanno dato un impulso, creato una scintilla nell'anima di chi ha ascoltato sollecitandola a svegliarsi e a rimettersi in moto, hanno acceso una luce che consente vedere meglio ciò che ordinariamente è nella penombra o addirittura nel buio nel quale ci siamo andati e ci andiamo, da soli, troppo spesso, ad infilare.
Alla fine, tuttavia, come in effetti avevo immaginato e sperato, credo si sia potuto concludere che sia stato proprio Sant'Andrea di Conza e più specificamente la saletta dell'ex Seminario il "luogo della parola".
Tanta soddisfazione e forse addirittura un godimento per lo spirito che raramente capita di assaporare a S. Andrea. È stato un onore forse immeritato e, bisogna dire, certamente non recepito da una popolazione distratta e ancora una volta refrattaria a stimoli che conducano un po' più in là dell'ordinario.
In ogni caso vogliamo qui ringraziare nuovamente gli organizzatori, Alessandro Ramberti dellaFara Editore di Rimini e gli irpini Francesco Di Sibio e Domenico Cipriano, che hanno regalato una così interessante occasione per ascoltare parole stimolanti e capaci di sollecitare anche i più scettici alla riflessione e al pensiero.
Per approfondimenti e altre foto rinviamo ai seguenti link:
narrabilando.blogspot.it/2015/03/sulla-kermesse-fariana-il-luogo-della.html
narrabilando.blogspot.it/2015/03/labbraccio-dellarcivescovo-ai.html
farapoesia.blogspot.it/2015/03/charta-poetica-hirpina-redatta-da.html
http://goo.gl/o9DTt6
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