di Vincenzo D'Alessio & G.C.F.Guarini
“Solofra come segno di contraddizione. Nel cuore dell’Irpinia, la provincia che da sempre ansima negli ultimissimi posti delle graduatorie del reddito, Solofra (poco meno di 10 mila abitanti, addossata sui contrafforti della catena appenninica dei Picentini, a metà della superstrada che congiunge Avellino a Salerno), ha la vita opulenta e tumultuosa dei paesi lievitati ed oppressi dalla concentrazione industriale; in una sacca tradizionale e dolente di emigrazione per il Nord-Italia e per l’estero, è paese che non conosce praticamente disoccupazione ma importa, anzi, quotidianamente dai paesi contermini i due terzi della manodopera; in una zona da sempre sostenuta dalle fragili strutture dell’economia agricola e dalle mediocri certezze del reddito fisso è un comune che ha nelle vene – vocazione antica e misteriosa – il gusto dell’impresa economica.” ( «Il Mattino Illustrato», pag. 43, servizio realizzato dai giornalisti Antonio Aurigemma e Franco Scandone, 7 giugno 1980, n. 23 Anno IV).
Le parole di Antonio Aurigemma, riportate qui in alto, erano lo specchio fedelissimo della realtà della cittadina della concia, a pochi mesi dal terribile sisma del 23 novembre 1980: evento che ha segnato una cesura impressionante tra passato recente e presente.


Con grande spirito scientifico ha scritto, il chiarissimo professore Silvio de Majo, nella prefazione: “Solofra rappresenta oggi un importante distretto industriale della Campania con decine di imprese specializzate nella concia delle pelli e nell’abbigliamento. (…) A partire dai primi anni del Novecento Solofra recupera terreno rispetto alle concerie napoletane, grazie soprattutto all’attività della sua maggiore azienda, la Michele Buonanno. L’azienda, che ha introdotto il bottale rotante, si avvantaggia in questo periodo – come altre concerie campane – dell’ulteriore espansione dell’industria calzaturiera napoletana, che viene rifornita di pelli per foderare le scarpe. La grande guerra dà poi alla Buonanno l’opportunità di produrre per l’esercito italiano e di mettersi sulla strada della meccanizzazione, utilizzando una macchina a vapore.”(pag.16) Durante tutto il Novecento l’azienda è rimasta competitiva fino al 1980. Lentamente, sul finire di questo XX secolo, gli eredi hanno preferito dismettere l’attività.
Tutto il ricco patrimonio d’archivio , monumentale e proto industriale, è stato lasciato intatto fino agli inizi di questo XXI secolo, con la speranza che fosse istituito, finalmente, il Museo della Concia delle Pelle a Solofra(vedi, V.D’Alessio:”Storia della concia delle pelle in Solofra,volume 1°, Edizioni G.C.F.Guarini.1989) proprio in questa azienda che aveva valicato due secoli di storia. Purtroppo dopo la delocalizzazione delle concerie dal tessuto urbano all’area industriale di fondo valle, il rione Toppolo (l’antica area di insediamento del nucleo delle concerie a partire dal XVI secolo) è stato lasciato in completo abbandono, ed oggi la conceria Buonanno è divenuta un rudere, con il crollo della capriata del tetto dovuta alle recenti nevicate di quest’anno.
Scrive in questo senso la Pirolo, nel suo volume : “A partire dagli anni Ottanta, l’attività conciaria solofrana fa un ‘inversione di rotta sulla produzione delle pelli. L’applicazione di moderne tecnologie, l’aumento della domanda e le tendenze della moda sostituiscono la storica lavorazione delle tomaie per calzature con la lavorazione di pelli ovicaprine per la produzione di nappa per abbigliamento. Segue un periodo contraddistinto da alti tassi di crescita e di sviluppo del distretto industriale seguito da alterne fasi critiche e fasi di ripresa. In effetti, la crisi che ha avuto inizio negli anni Novanta si è protratta fino a oggi e questa lunga fase di congiuntura sfavorevole per il distretto solofrano pare non trovi uno sbocco positivo.” (pag.145 e seg.)
In effetti quest’ottimo lavoro di Franca Pirolo, che ama la sua terra d’origine, pone all’attenzione nazionale, in tempi di crisi come quelli che stiamo superando, la validità dell’esperienza fatta sul campo da un imprenditore solofrano/campano, Michele Buonanno, che ha creduto fermamente nelle sue doti personali e le ha trasmesse alle forze lavoro della sua azienda conciaria, lasciando dietro di se una scia inconfutabile di storia economica.
Con non poche difficoltà abbiamo atteso che i politici locali, d’accordo con gli eredi della Famiglia Buonanno, dessero impulso comune alla nascita del necessario Museo della Concia della Pelle in Solofra, proprio ora che si stanno svuotando i contenitori di quella antica attività conciaria, in favore di quella post industriale collocati a fondo valle. I pochi reperti artigianali della concia, da noi raccolti durante le fasi delle ricerche sul territorio solofrano, a cominciare dagli anni Settanta del secolo scorso, li abbiamo donati al nato Museo dell’ex conceria” Lamarque “ , in Maglie(LE), collocandoli accanto alle pubblicazioni del settore, in memoria di nostro figlio Antonio D’Alessio (1976-2008) scomparso prematuramente.
Questo volume curato con sagacia dalla chiarissima Franca Pirolo eleva, a livello nazionale , il dibattito acceso negli anni Settanta, e seguito negli anni Novanta, dai lungimiranti sindaci solofrani dottor Mario Famiglietti e dottore Aniello De Chiara, sull’importanza della nascita del” Consorzio Nazionale dei Distretti Conciari”, ospitando gli amministratori di Arzignano, Turbigo e Santa Croce Sull’Arno.
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