martedì 28 luglio 2009

Inguine mah 2009




Inguine continua indagare in un formato ancora più ricco gli ampi margini di crescita e innovazione del fumetto underground. Un territorio che si muove al confine tra l’attivismo visivo, l’arte contemporanea, l’illustrazione, il racconto illustrato.

In questo volume compaiono autori assolutamente imperdibili come Dash Shaw, classe ’83, o l’austriaca Ulli Lust che racconta in modo lieve e attento la trasformazione dell’ex DDR. L’indagine delle città continua, e occupa la sezione delle storie realizzate dagli autori italiani: raccontano di città invisibili, cancellate non solo dalla memoria, ma anche dalla geografia e dalle mappe di pensiero. Sono poi presenti nomi ormai di culto come Max Andersson, John Porcellino e molti altri disegnatori internazionali che fanno parte del folto gruppo della collettività che non cede alla banalità visiva, al chiacchiericcio televisivo, ma che continua a stordire gli occhi con storie ambigue e inquiete. La logica razionale non conduce il filo narrativo delle storie che provengono dai Balcani: si tratta di immaginario che si nutre piuttosto di nonsense e ironia punk, elementi che ritroviamo presenti nel lavoro del nordico Matti Hagelberg.

Un progetto speciale, curato da Giuseppe Palumbo e Daniele Brolli, è dedicato a Nessuno Tocchi Caino: le matite di alcuni tra i migliori autori di fumetto italiani trattano il tema della pena di morte portando avanti una denuncia alla barbarie umana senza facile retorica.

Antologia a cura di Gianluca Costantini
Per maggiori informazioni: http://www.gianlucacostantini.com/inguinemah2009.html

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Sto nel cuore del secolo.
Osip Mandel’stam
Come se io dovessi attraversare dei millenni,
perché un paio di attimi mi rincorrono con il bastone.
Thomas Bernhard

Che cosa cerchiamo nelle figure? Il flebile suono del riconoscimento, un ricongiungimento al disegno del nostro corpo, oppure lo specchio dell’altro e del suo corpo piegato sulla carta.
In questo primo indefinito decennio di un nuovo millennio e di un nuovo secolo sembra che la logica stessa del riconoscimento si sia dissolta. Ha lasciato spazio all’autoreferenzialità, al chiacchiericcio indistinto, alla distrazione e al divertimento, che essenzialmente hanno lo stesso significato.
Ci si intrattiene, non si dialoga. Si fanno riunioni, non si ascolta. Lo spazio antropologico della ricerca dell’umano si è ridotto in termini ormai preoccupanti, oppure è diventato anch’esso spazio “divertente” come la taranta in Puglia, epurato del contenuto, spesso di significato, di cultura delle classi subalterne.
L’antropologia ci manca: Levi Strauss ha compiuto un secolo di vita e un amico mi dice: «Chi? Quello dei jeans?». In effetti l’antropologo non ha un marchio depositato. Ma ha raggiunto un secolo di vita, osservando figure, tradizioni, riti, miti… un lungo sguardo fanciullesco che per alcuni versi può considerarsi “sorpassato”, ma che continua a interrogarci sul nostro guardare, vicino e lontano dall’ombelico.
Con questo numero corposo stringiamo gli occhi per acuire lo sguardo, per stare dentro il cuore del secolo e ascoltare il suo battito. Guardando le figure, come alfabeto che viene prima, in attesa di nuovi antropologi che interpretino i segni di una comunità che si riconosce attraverso il disegno.
Elettra Stamboulis

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