Altromondo Editore, 2009, pagg. 186
Quelle parole straordinarie e galleggianti
recensione di Antonietta Gnerre
La scrittura di Raffaele Caldarazzo sa indossare con estrema semplicità la luce e l’aria degli spazi che descrive, e in cui ambienta i suoi racconti. Ottenendo l’effetto di un linguaggio particolare, fatto di parole straordinarie e galleggianti. Un titolo da prendere alla lettera: Il giorno delle ombre più lunghe, per un libro che si presenta con una veste editoriale curata e ricercata. In queste righe si susseguono teorie popolari e paure che spesso dilagano accompagnate da credenze che si materializzano tra gli abitanti delle piccole comunità. Ognuno di noi si porta addosso delle storie, o dei racconti tramandati che s’ingigantiscono con il passare del tempo restando vivi per sempre, come filtri per abitare la pelle delle nuove generazioni. Cominciando a leggere il romanzo (che risuona a tratti di echi pirandelliani) si ha l’impressione che ci siano diverse porte d’ingresso che ci danno immediatamente la suggestione visiva della pagina. Scegliamo una porta a caso per entrare in uno dei tanti percorsi. L’opera si apre con un incipit che la riassume tutta: “Il giorno delle ombre più lunghe cade il 21 dicembre di ogni anno. È il nadir, il momento in cui il sole è più lontano della terra. Ma è soprattutto un periodo di passaggio. (…) A Torre dell’Angelo, il giorno delle ombre più lunghe arrivò in ritardo, il 23 dicembre, e portò con sé la cognizione che gli ultimi fuochi andassero spenti e mai più di nuovi ne venissero accesi”. È proprio questo particolare che ci conduce per mano in questo viaggio straordinario. La sua completezza è caratterizzata da elementi fantastici e personaggi che si animano come se fossero usciti da un quadro ricco di colori e magie, ma anche di tremende paure e angosce. I ricordi si affastellano e si rianimano con una miscela frullata di immagini vere e singolari. Don Capasso fa i conti sbagliati. La morte accidentale di Domenico Michele, non sembra plausibile a molti. In modo particolare non lo sembra a Orazio Oliva (giovane promessa del giornalismo campano) che intuisce attraverso flash frammentati e ricostruiti, gli intrighi che animavano il luogo. Torre dell’Angelo è “un pezzo di umanità che si materializza tra la polvere dell’asfalto scavato dai fossi” lungo la vetta del Valle del Diano.
Il racconto ci conduce sui binari di queste pagine di viaggio richiamando alla mente un’Italia in cui vigeva una cultura ancora rurale, caratterizzata da gente semplice e trasparente. Per cui, anche le storie più assurde respiravano profondamente. Il nostro autore lascia spazio sufficiente a chi legge per completare i vari rebus, tecnica adoperata da chi conosce perfettamente la scrittura e le sue sfaccettature (perché è colui che legge che completa involontariamente le storie, anche quelle che ci sembrano più assurde ). Il parroco don Aurelio, si sentirà in dovere di risolvere e di ricondurre tutte le persone sulla strada giusta del sapere. Ma il tutto sarà deviato dall’arrivo della stampa che scatenerà di nuovo nei cittadini la paura e il panico. La menzogna si impossesserà in modo definitivo di ciascun abitante. Alla fine la trasparenza della verità così palpabile da diventare irraggiungibile assumerà il volto di una bambina dimenticata da tutti. Perché a volte le cose più vere ci sembrano invisibili durante il procedere dei nostri pensieri. Così come le persone più vere hanno vita più dura per conquistarsi l’amore vero tra le piccole cose di ogni giorno. A volte il freddo che ci sfiora la pelle è semplicemente la neve che si è sciolta sui monti. Inizio straordinario di profumi e di luce, deliziosi regali della natura.
Raffaele Calderazzo nasce a Salerno nel 1980. Laureato in giurisprudenza nel 2004, successivamente collabora con la cattedra di Economia Politica dell’Ateneo Federico II di Napoli. Attualmente lavora come avvocato ad Avellino. Il giorno delle ombre più lunghe è il primo romanzo che ha pubblicato.
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