LE SBARRE DEL PERDONO. Claudia si trovava da 10 anni dietro le sbarre ed in questo periodo il tempo per lei era come se si fosse fermato a quel maledetto giorno in cui era nata ed in cui tutto era andato storto al punto che era arrivata ad uccidere sua madre per motivi che ora parevano non avere importanza e che erano ormai lontani. Il suo terapeuta era ancora restio a darle la semilibertà vigilata, mettendole un braccialetto alla caviglia perché era dubbioso che lei avesse superato la rabbia di essere sempre stata come dimenticata, da quell'atteggiamento di astrazione spazio-temporale per cui ella non aveva in sé stessa note individuanti. Ora quell'atteggiamento che a Claudia sembrava critico, nell'educazione, diventava per lei motivo di sopravvivenza dietro quelle sbarre dove pareva essere scomparsa l'umanità. Anche adesso, la vedeva quella figura china ed intenta a cucire e a rappezzare stracci, anche adesso la sentiva come un pezzo di legno che non riuscirà mai a diventare un essere umano, quella persona viva che sa interagire con il mondo circostante e che sa provare gioia, sa trovare bellezza intorno a sé. In quella favola, non ci sarebbe mai stata alcuna fatina, medicina o balena che avrebbe potuto tramutare quel pezzo di legno in persona, ma se mai poteva tuttalpiù trasformarsi in una marionetta nelle mani di un uomo che la giostrava a piacimento. Comunque Claudia era abituata all'isolamento, a quella forma di abitudine di giorni grigi e senza senso, in cui le cose vanno secondo un ritmo monotono che non ha risvolti ed in cui niente potrà mai cambiare, nemmeno il fatto che tu potrai avere un minimo di considerazione anche se fai il letto dopo esserti alzata, ti prepari da sola la colazione, ti arrangi ad andare a scuola in bici o in autobus, cerchi di fare al meglio i compiti e di andare a dormire presto senza dare molti fastidi. Invece, un giorno dopo l'altro c'è sempre qualcosa che non quadra, una volta possono essere i capelli spettinati, un altra gli occhiali sporchi, un altra ancora che non hai pulito abbastanza le scarpe ed un giorno dopo l'altro ci sono sempre dei motivi per sentirti infima, in colpa per qualsiasi cosa, per sentirti come il parafulmine degli sfoghi delle repressioni di tua madre che è gelosa, che è invidiosa delle attenzioni che ti dà il marito che con te riesce a ridere come non faceva da tempo immemore, che con te riesce ad ascoltare la poesia nel vento e ad assaporare una vita meno bigia. Un giorno dopo l'altro, un momento dopo l'altro, ti accorgi che tua madre vuole farti dispetto pungendoti proprio nel tuo punto debole, sminuendoti nel confronto con le sorelle o con qualcuna che è sempre meglio di te, trovando il cavillo in ogni cosa, non dandoti mai alcuna soddisfazione, provocandoti con il suo basso sarcasmo ed allora arrivi al punto di essere furiosa e di volere in cuor tuo vederla morire, strisciando come quel serpente viscido che ha provocato Eva a mangiare la mela della malvagità e della cattiveria fino a fare in modo da avvelenarle la vita. Un giorno dopo l'altro ti accorgi che vuoi solo sentirti importante, avere finalmente qualche abbaglio di considerazione, ma queste cose non arrivano mai ed allora ti ribelli con tutta te stessa, fino al punto di odiare, odiare, odiare e di arrivare al delitto: per te tua madre non esiste più, tanto non esisteva nemmeno prima che si occupava di te solo come un senso di dovere e non perché ti volesse veramente bene. Dietro quelle sbarre, ti rendi conto che sei sempre stata prigioniera di quel senso di colpa e di frustrazione che tua madre ti ha innescato, fino a fare scoppiare la bomba interiore e a farti diventare furiosa fino al punto di meditare il delitto. Ed allora cosa c'è di peggio, il fatto di sentirti sempre come un peso morto, come una figlia degenere oppure il fatto di reagire a quella situazione odiando?? Cosa c'è di peggio, il fatto di sentirti sempre come una peccatrice che non può essere mai perdonata, oppure invece il fatto di reagire a questo con rancore e rabbia?? Chi fa peggio, il provocatore o il provocato?? Nella storia di Adamo ed Eva il maggior colpevole era il serpente infido e malvagio che insinuava e che con perfidia provocava fino al punto di fare cedere alla malizia e perciò il peggior peccato è la malizia che ci si mette a fare le cose, l'intenzionalità a destabilizzare a denigrare, a distruggere dentro fino al punto di generare odio, astio, rancore. Quindi la ragione si trovava a metà di quella mela che era stata avvelenata dal fiele della gelosia e dell'invidia e da quell'illusione di poter trovare all'interno della famiglia un paese di balocchi, un mondo dove ci fosse l'armonia. Ed invece, poi arriva la delusione di quella medicina amara che ti fa crescere nella realtà di problemi, di disagi, di difficoltà di figli che non rispondono mai alle aspettative, di genitori che vorrebbero vederti come lo specchio delle loro brame in cui tu diventi il più vincente del reame. Così i genitori ti proteggono troppo, oppure ti lasciano al tuo destino al punto da dimenticarsi persino di te dentro una sala operatoria, dentro la tua malattia, a voler fuggire dai loro compiti e da allontanarsi da te proprio nel momento del bisogno. Cosa è peggio le sbarre dell'isolamento interiore del fatto di essere sempre inadeguata, oppure le sbarre della prigionia di non avere mai i giusti e corretti atteggiamenti?? Il perdono è un percorso in cui ad un certo punto devi fare come quel lupo di Cappuccetto Rosso ed ingoiare te stessa, per fare in modo che il cacciatore psichiatra riesca a tirare fuori quella donna che è stata deturpata e sfigurata dentro e per fare in modo che non sia più prigioniera di quel senso di colpa e che si ritrovi la madre giusta: Maria dagli occhi misericordiosi.
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