LA GIUSTA DIFFAMAZIONE. Livia era una giornalista che scriveva su un blog giuridico per l'Università la Sapienza di Roma e dopo i fatti del probabile dossieraggio dovuto allo spionaggio illegale non autorizzato di Pasquale Striano, aveva deciso di farsi una propria opinione andandosi a leggere l'art. 57 del cod. di proc. pen. che riguardava gli ufficiali superiori ed inferiori, i sottoufficiali e i finanzieri fra cui anche il suo amico Enea che vengono definiti anche come ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che agiscono su richiesta nel raccogliere informazioni inerenti ad indagini anche antimafia sul riciclaggio del denaro sporco, su corruzione, collusione e peculato in particolare modo. Tuttavia, Livia se l'era sempre chiesta quale fosse il confine fra la libertà alla segretezza della corrispondenza ed ogni altra forma di comunicazione voluta dall'art. 15 della costituzione, quella della libertà di stampa che non può essere soggetta ad autorizzazione e censure in base all'art. 21 sempre della costituzione, ed invece la probabilità ed il rischio che le informazioni potessero diffamare la reputazione altrui diffondendo notizie false e tendenziose specie in campagna elettorale sia regionale che delle europee in modo da condizionare i voti e poter avere dei vantaggi a carico di qualcuno piuttosto che di altri. Così, andandosi a leggere le mansioni della DIA (direzione investigativa antimafia) per farsi un idea più chiara, si era resa conto che questa era diretta dalla procura generale presso la corte di cassazione che era diretto dal procuratore nazionale antimafia e vi sono addetti quali sostituti, magistrati con funzioni di magistrato di corte d'appello, nominati sulla base di specifiche attitudini ed esperienze nella trattazione delle procedure relative alla criminalità organizzata, dal consiglio superiore della magistratura, sentito il procuratore nazionale, che designa uno o più sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore nazionale antimafia aggiunto: per la nomina di sostituti, l'anzianità nel ruolo può essere valutata solo dove risultino equivalenti i requisiti professionali. A questo punto, la giornalista si sentiva ancora più confusa nel domandarsi, ma allora chi doveva controllare l'operato di Pasquale Striano, lo doveva per davvero fare il Ministro Crosetto o invece qualcuno non ha adempiuto bene al proprio dovere se fosse vero che Pasquale Striano era comandato da gente mafiosa?? La risposta poteva essere nelle funzioni stesse della DIA dove si definisce che oggetto delle attività di investigazione preventiva sono le connotazioni strutturali, le articolazioni ed i collegamenti interni ed internazionali delle organizzazioni criminali, gli obiettivi, le modalità operative di dette organizzazioni, nonché ogni altra forma di manifestazione delittuosa alle stesse riconducibili, ivi compreso il fenomeno molto esteso di estorsione (per Sciarra art. 3 cc. I e II d.l. n. 345/1991) ed inoltre che la responsabilità generale delle attività investigative eventualmente richieste sia dell'alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa che riferisce periodicamente ogni 6 mesi al ministro dell'interno che a quanto pare non è Crosetto, ma è Piantedosi e quindi ci potrebbe essere stata uno sforamento nei ruoli in base all'art. 2 c. II quater d.l. n. 345/1991 che nel testo ha sostituito (Sciarra controlli per piacere) in porzione l'art. 1 c. III 7/08/1992 n. 356 e perciò questo esercizio di funzioni errate deve essere rivisto nelle autorizzazioni anche a livello di denuncia in quanto la DIA gode di una certa autonomia per la repressione dei delitti antimafia e quindi se i ministri, gli onorevoli o quanti sono stati indagati dal tenente Pasquale Striano non hanno niente da nascondere non si vede il motivo per cui si debba creare tanto polverone dietro a questo episodio se non ci fosse l'ipotesi che ci siano delle illazioni di abuso a carico invece dello stesso ministro Crosetto. A questo punto interverrà Nordio a controllare ciò che è avvenuto in quanto la delega spettava a Piantedosi e non a Crosetto e quindi lui non si deve immischiare in alcuna indagine specie se non ha niente da nascondere e nemmeno deve temere diffamazione sul proprio conto, in quanto per legge c'è la garanzia che tutte le operazioni della DIA siano registrate in appositi registri segreti e riservatissimi che la stampa non deve conoscere in quanto non deve divulgare notizie che possano intralciare la giustizia e questa è l'unica parte che le viene proibita, mentre invece deve assolutamente divulgare per la conservazione della democrazia e per non influenzare l'opinione pubblica in maniera asservente e faziosa le giuste informazioni su ciò che fa la DIA e su cosa compete ad un ministro piuttosto che ad un altro e sul fatto dell'autonomia della DIA fin dove si può spingere senza entrare in abuso di ufficio . Quindi la giornalista Livia non faceva altro che attenersi alla legge ed ad interpretarla nella maniera più giusta possibile per mantenere integre TUTTE le libertà e fare in modo che nessuno si avvantaggiasse a danno di altri specie dal punto di vista speculativo mafioso e questa era senz'altro cosa buona e giusta.
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