L'ACCOLTELLATA RETORICA. Eccomi qui, dunque, come dicevo a rappresentare un indagine di polizia ricominciando da quando avevo conosciuto quello che sarebbe diventato il mio compagno di vita, la relazione amorosa che più desideravo al mondo e che invece si è rivelato essere l'aggressività, la temerarietà, il salto mortale dell'amore in persona; lo schiaffo, il pugno e la parola feroce dei meccanismi psichici e di frenesia di possesso che da sole mortificano, umiliano ed abbassano. L'abolizione delle parti qualificative dei discorsi per una scarna plasticità e flessibilità interiore per una congerie di programma del maschio alfa rude che rivela una esasperata proiezione verso il futuro della conquista femminile che esprime la volontà di rompere con il passato e con la tradizione e dall'altro non fa altro che esprimere una incapacità di attuare in forme meno ipotetiche e più moderne idee di femminismo e di emancipazione femminile vera e propria della donna manager ed al timone del comando del vascello esile dell'esistenza stessa. Certo, lo confesso, mi ero innamorata di uno degli aspetti più vistosi del fenomeno femminista che non era altro che il velleitarismo, che si maschera da trionfalismo sulla conquista di una preda per reagire al basso mito della sconfitta propria di certo romanticismo e del decadentismo. Io lo ammetto, coltivavo il mito della vittoria nell'illusione che fosse amore il fatto di come lui si preoccupasse dei vestiti che indossavo, di quanto tempo dedicavamo alla coppia ed al nostro rapporto, di controllare i messaggi che mi mandavano probabili spasimanti per impedire che altri potessero desiderarmi e di quanto io potessi piacere ad altri che non fossero lui, che mi spiava in ogni mia mossa ed in ogni mia uscita, tanto da piazzare persino un GPS nella schedina del mio cellulare a mia insaputa così da sapere sempre dove mi trovassi. Confesso, che mi ero innamorata più che altro dell'idea di sentirmi protetta e di sentirmi desiderata in ogni istante e che la mia carne ed il mio essere facessero parte di un sogno di conquista del maschio ed io potessi essere la più amata, quella più desiderata e contesa nell'immaginario maschile e divenissi come una poesia che aleggia nell'aria e che sa essere eterna ed infinita oltre ogni limite e superiore ad ogni valore. Confesso, che volevo essere come una barbie girl, una bambolina che si delineava al disegno della donna del maschio alfa, così come più piaceva a lui, diventando sua schiava ed obbedendo ai suoi ordini fino a scomparire fra le sue lorde mani ed ai suoi foschi pensieri e a trasformarmi nel suo prototipo, un robot che sapeva obbedire e diceva sempre sì. Lo so nel conflitto fra maschio e femmina io ci rimettevo sempre come il gatto con il topo che veniva ingoiato, come quell'ingenua Cappuccetto Rosso che pensava di trovarsi di fronte ad un innocuo individuo che provocava solo per avere il bene e che invece, infido e perfido, non faceva altro che insinuare il male nel veleno di quel serpente adamitico che lacerava di giorno in giorno dentro, fino a ridurti ad un pezzo di letame, fino a sfasarti e a deriderti per poi strapparti la stima e ridurti a brandelli ed a pezzi che non si ricompongono più fino a giungere al maledetto giorno in cui tu divieni il motivo scatenante della gelosia di un onore ferito, di un orgoglio piegato che chiede vendetta e deve essere vendicato con la morte. Per lui io non meritavo di vivere, i miei sogni erano solo illusioni, io non valevo niente, io ero solo un pezzo di carne da maltrattare su un letto, per lui ero solo una bambolina da violentare sul letto e il suo stesso orgoglio e fierezza di aver raggiunto il premio della conquista che non doveva appartenere a nessun altro. Per lui io ero solo un pezzo di carne, una coppa dove bere nei desideri più sfrenati, un oggetto da usare per sfogare gli impulsi della libido e quelli di un disperato amore che voleva solo possedere e predare, possedere e umiliare per sentirsi forte, coraggioso, unico ed invincibile. Lo so ci sono caduta, sono caduta nelle braccia di un porco e mi sono trasformata a sua immagine e somiglianza così come più piaceva a lui, schiava dei suoi desideri e delle sue voluttà, lo so ci sono caduta fra le sue grinfie, ma non ne ho potuto fare a meno preso com'ero dal desiderio di diventare madre, di diventare donna, di offrire la mia verginità a chi mi avrebbe colpito nel fascino dell'apparenza di apprezzarla. Lo so ci sono caduta con tutta me stessa, ma io infondo non volevo altro che sentirmi amata, desiderata, amata, desiderata in ogni mia parte, in ogni mio pensiero, in ogni mio modo di essere che voleva innalzarsi a musa ispiratrice di quell'amore unico che prima o poi colpisce con il coltello senza retorica che uccide e l'amor perisce.
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