All'Istituto Alberto Marvelli ANNOIATI D'AMORE ROSA. Fabiana se ne stava nella sua stanza a fissare il soffitto, ributtata sul letto immaginando di essere rapita da qualche alieno che la portasse via da quella banale vita, sempre uguale, sempre la stessa, sempre piatta. I suoi genitori erano ormai in crisi matrimoniale e lei lo capiva dal fatto che non ci fosse più ormai da molto tempo lo stesso sguardo di intesa fra di loro e che suo padre, dermatologo, cercasse di più di stare nel suo studio che di vivere in casa con loro e che quindi evitasse le discussioni che potevano sorgere. Sua madre invece era una trend-blogger dell'alta moda e quindi era spesso immersa a scrivere i suoi pezzi e a commentare il fenomeno del costume social dei tempi, specie nell'ambito dello spettacolo ed in quello giovanile. Ognuno di loro pensava a raggiungere le proprie mete, le proprie prospettive di successo, di soddisfazione, lasciando da parte lei che non sapeva dove andare a parare ed era per questo che inizialmente aveva scelto un liceo scientifico e poi, durante il percorso scolastico aveva cambiato idea rispetto al fatto che quel tipo di scuola fosse adatta a lei. In quel momento Fabiana aveva bisogno di essere ascoltata e per questo stava scrivendo un diario, che nascondeva dentro ad un cassetto, sotto la biancheria perché si vergognava di dover ammettere davanti ai suoi genitori, che non riusciva ad accettare i cambiamenti del proprio corpo, i peli sul pube, le mestruazioni, i seni che diventavano turgidi ed il fatto che lei si sentisse attratta da una immagine d'amore rosa, d'amore romantico che le sfiorava il pensiero. Il padre di Fabiana, stava preparando una relazione per un simposio che doveva tenere sulla lebbra tubercoloide e quindi non aveva tempo di ascoltarla e di mettersi a parlare con lei, sua madre in quel momento si doveva occupare di commentare i look del festival di Sanremo e i suoi nonni non c'erano più, ma le rimaneva una zia che era neuropsichiatra che forse poteva ascoltare quel suo disagio con lo sviluppo del suo corpo e con il fatto che la portasse a diventare donna. Sul suo diario scriveva "Ho paura di innamorarmi perché ho paura della sessualità, di essere sfiorata, di non riuscire bene ad esprimermi. Ho paura di essere respinta, di sentirmi poco adeguata, di non comprendere bene il linguaggio del corpo, quando devo cedere all'altro e quando no, per questo ho scelto il liceo linguistico: vorrei imparare la lingua dell'amore, vorrei capirla ed interpretarla in modo da essere perfetta fra le braccia di un altro ed in modo che l'altro si senta perfetto con me. Ho paura di capire che non sono capace di amare e di soddisfare i desideri di un altro che vuole vedermi come il suo ideale, ho paura della delusione, dell'angoscia che deriva dallo scioglimento di un legame, dall'abbandono, dal distacco ed ho paura di ritrovarmi a soffrire, sola su un letto di spine, sola, isolata nella mia stanza, incompresa come quelli che hanno la lebbra perché sono annoiata. La scuola non mi piace, in quanto mi arrendo facilmente, sono volubile, sono fragile e non accetto le sconfitte della vita. Forse potrei provare uno sport come la mia amica Martina che pratica la ginnastica ritmica, forse potrei trovare una mia dimensione nella poesia come per Mary, in modo da avere una mia identità che si differenzia dai miei genitori, in modo da trovare una mia strada in cui sentirmi realizzata ed appagata come per mio padre e mia madre. Mia zia dice che non mi devo arrendere facilmente e che la vita è una lotta continua, ma io non ho nulla per cui lottare, né un ideale e nemmeno una fede che mi dia stimolo, io non ho un punto di riferimento che mi possa sostenere quando le cose paiono storte. Mia zia dice che devo trovare questo punto fermo a cui aggrapparmi, se le cose vanno male e non mi appaiono così come me le ero immaginate, se la vita può deludermi ed io non riesco a raggiungere subito i miei obiettivi. Non devo aver fretta di crescere, e mi devo godere il momento, non devo aver fretta di trovare una soluzione ai miei problemi, ma devo avere pazienza cercando dentro di me quella soluzione che non te la dà la scuola, che non te la danno i genitori che vogliono proteggerti dal male, dalle sconfitte e dal dolore, ma te la dà solo una fede interiore. Pregare però non ci riesco molto anche se ogni tanto tiro fuori una immaginetta di Gesù sacro cuore dal comodino perché me l'ha lasciata mia nonna prima di andarsene ed io la conservo come un suo ricordo. Ogni tanto così parlo con quella immaginetta, come se solo lei potesse capire come mi sento e le confesso i miei dubbi, le mie paure, le mie incertezze che tanto cambiare scuola, amici non mi dà comunque una prospettiva e nemmeno sicurezza quando la devo acquisire da sola, devo trovare la sufficiente autostima per me e non per i genitori. Se i miei genitori si separeranno, io sarò triste, ma nella vita le cose non filano tutte lisce e dopo il ricovero di mamma in ospedale dopo un incidente stradale, mi sono accorta di quanto sia labile la vita, di quanto basti un soffio per strapparti via e con questo incidente come si possa cambiare e si possa diventare ansiosi. Mia madre poi è entrata in menopausa precoce all'età di 45 anni e questo le provoca degli sbalzi d'umore in lei tanto che si irrita per ogni minima cosa come se lascio in giro le calze e non le metto nel cesto del bucato, se non imparo anche io a fare il bucato, se non imparo a fare la lavatrice, a farmi il letto e a dare un pò di aspirapolvere o a spolverare i mobili. Sono stanca, stanca, stanca che mia mamma mi faccia sempre pesare quello che fa per me, anche il suo lavoro che non capisco quando poi lei non si veste così elegante e amalgama i colori e gli stili in maniera orrenda, mentre basta un paio di jeans e di scarpe a tennis per essere trandy e poi tutto il resto è noia, noia, noia e solo noia. Ecco appunto solo stupida noia"
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