mercoledì 24 gennaio 2024

IL MOSAICO DEMOCRRATICO CRISTIANO. Certo che sotto il profilo organizzativo non era facile  raggiungere certi obiettivi politici specie se propugnano una riforma della società e dello Stato che abbia come fine essenziale la giustizia sociale e come mezzo la stabilizzazione delle risorse economiche. Si sono sempre generate contraddizioni sociali derivanti dalle rivoluzioni industriali tanto che possono provocarsi dei conflitti fra coloro che propongono vari sistemi sociali, che poi entrano in lotta fra loro anche se poi dovrebbero essere uniti dalla comune avversione all'individualismo prevalente nell'economia e per la preminenza accordata alle questioni politiche, rispetto a quelle economiche e sociali. In passato si sono creati gruppi socialisti che criticavano la proprietà privata, per la sperimentazione di modelli comunitari di vita e della esperienza nell'educazione delle giovani generazioni come strumenti essenziali per il superamento individualista. Tutto ciò era utopia per la considerazione del valore critico di alcune affermazioni positive sulla società futura nell'abolizione del contrasto fra città e campagna, della famiglia, del guadagno privato, del salariato, dei tentativi di armonia sociale e di quelli di trasformazione statale a puro livello amministrativo della produzione che attribuiscono uno scarso sviluppo al proletariato e della lotta di classe. Si fa fatica a sistemare i beni perché è difficilissimo scorgere una funzione stoica autonoma attraverso un movimento politico che gli sia proprio. I reazionari mettono in continua discussione i rapporti sociali capitalistici di produzione; tuttavia essi contrappongono al socialismo utopico quello scientifico, che vede nella formazione proletaria industrie che rappresentano il portatore reale della trasformazione comunista della società che risiede nel necessario passaggio ad un superiore modo di produzione. La tendenza alla riforma considera invecchiata e da rivedere la dottrina sulle contraddizioni crescenti del capitalismo, sulla polarizzazione fra classi sociali antagoniste e il periodo di transizione che stiamo vivendo. La sperata lateralizzazione dei ceti intermedi stabilì che lo stato liberaldemocratico non fosse più l'organo del dominio della borghesia cui contrapporre la dittatura del proletariato per farlo diventare strumento della graduale trasformazione socialista del sistema economico e della piena democrazia; il socialismo si libera della eredità deterministica e della filosofia dialettica della storia per divenire conquista pragmatica quotidiana anche di carattere etico. Sorgono tuttavia polemiche ed aspre critiche della corrente rivoluzionaria di sinistra che elabora analisi del crollo finale del capitalismo che lascia spazio all'alternativa di destra come processo di sempre più ampio e spontaneo coinvolgimento delle masse in esperienze dirette di lotta contro la troppa burocrazia che alcuni hanno combattuto come radicalismo anarchico che sottrae spontaneità dell'eredità politica del populismo che aveva delineato un socialismo agrario sulla base di comunità contadine ed aveva poi praticato la cospirazione terrorista contro l'autocrazia zarista, che fu raccolta dal Partito Socialista rivoluzionario. Si tenta poi uno sviluppo di tipo occidentale nella corrente bolscevica che cerca di accentrare il compito di realizzare anche la fase democratico borghese del processo rivoluzionario legando la massa. Segue il crollo dell'internazionalismo socialdemocratico di fronte all'imperialismo e alla guerra mondiale per cui il successo del leninismo apre una profonda frattura nel movimento operaio. I maggiori teorici della socialdemocrazia condannano l'esperienza sovietica come un tentativo volontaristico in una situazione arretrata che necessariamente mette a capo di nuovo una dittatura terroristica del partito e della burocrazia di stato per una prospettiva di carattere personale di alcuni elementi. Ma anche nell'ala sinistra della socialdemocrazia le cose non vanno meglio in quanto la dittatura del proletariato della rivoluzione di ottobre suscita critiche radicali. Tuttavia oggi si punta sul socialismo del welfare state che si instaura per prima nel laburismo inglese e le socialdemocrazie scandinave, elaborando un modello di politica economica, concordata al governo con le imprese ed i sindacati, al fine di correggere gli squilibri derivati dal mercato e dall'intervento di una rigida politica fiscale fortemente progressista per garantire a tutti i servizi sociali un livello minimo di reddito specie per le classi meno abbienti per assicurare uno stato di benessere, assistenziale e dki servizi sociali che possa essere abbastanza uniforme. L'attuale crisi dello stato sociale e del socialismo reale mette in evidenza le contraddizioni nei rapporti fra stato e società, accettato anche dalle forze politiche come parte integrante della cultura contemporanea. Il liberismo è divenuto una funzione puramente ideologica, mentre la realtà, presenta tratti più o meno marcati di corporativismo sociale nel quadro politico liberaldemocratico. Ci sono molte difficoltà oggettive di sovraccarico di domanda in alcuni settori, ipertrofia ed inefficienza degli apparati statali, insufficienza di entrate e di risorse a disposizione e dei versamenti fiscali che danno luogo a crisi che porterebbero a rivedere alcune pianificazioni per determinare maggiore uguaglianza e migliore autogoverno lavorativo. Dalla clamorosa denuncia del culto della personalità e dei crimini di guerra ai tentativi di riforma radicale il sistema politico economico del socialismo reale si è dimostrato ancora una volta troppo rigido e scarsamente riformabile per l'emergere di nazionalismo aggressivi le cui conseguenze si vedono negli attuali scenari di guerra e le cui conseguenze non possono che essere disastrose per cui si rende urgente e necessaria un tentativo di ridiscussione cdritica di tutta la storia del socialismo. 

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