Doris Bellomusto, Passo a due, Tralerighe libri 2025
recensione di AR
Un libro a cavallo fra narrazione e canto. Doris si sdoppia, dialogando con sua nonna. Ricordando, rivivendo, immedesimandosi nei gesti della sua amatissima antenata che in lei travalica il confine della morte: “Io esorcizzo la tua assenza così, scrivendo di te, di me, dell’amore ricevuto in dono, mai ricambiato a sufficienza.” (p. 42).
Il testo è in tondo sulle pagine pari, in corsivo sulle dispari: “Nonna, chi siamo io e te? (…) Si annida o si annoda l’amore?” (p. 40); “Alla mia età è facile subire metamorfosi, la pelle può diventare pergamena, le ossa tramutarsi in serpi secchi, gli occhi pietre dure, la bocca un fiore appassito.” (p. 41); “Vivo di sottrazioni.” (p. 39); “La tristezza insegna la misura, dà valore al silenzio, crea spazio…” (p. 30); “Ho paura di dimenticare i miei morti e trattare i vivi come fantasmi.” (p. 29); “Da sempre mi piace fotografare, scrivere con la luce, rinunciando alle parole.” (p. 26); “Lui vendeva carboni, io gli scaldavo il cuore, il ventre, la casa e crescevo quattro figli…” (p. 23); “… i miracoli richiedono fede e sacrificio, ad ogni più piccolo miracolo corrisponde sempre un brivido di sublime terrore per il cambiamento che si accende e brucia.” (p. 21); “Ho preparato la cena col vivo desiderio di cucinare alla maniera antica, con le mani di mia nonna strappate alla memoria.” (p. 18); “… custodire la testarda volontà di ritrovarsi sempre, sapere che sempre è uguale a mai, eppure mai voler rinunciare al bacio.” (p. 17).
Nella introduzione intitolata Dalle viscere del tempo, Doris confessa (p.12): “… vorrei saper pensare pensieri forti e utili, concreti, misurabili.”
Nella premessa intitolata “Il vizio di scrivere”, afferma (p. 7): “Scrivo perché non so restare ancorata alla realtà, ho bisogno di sconfinare.”
Infatti, questo Passo a due è una voce che cuce, un andare avanti e indietro nel tempo, un raccontare che si specchia e odora di pelle e si concede con trasparente umiltà.
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