lunedì 11 dicembre 2023

 IL RITO DEL CAFFE'. Tutti hanno un rito che serve scaramanticamente a superare le crisi della propria presenza al mondo, in uno scontro fra soggetto e natura. L'individuo si sente minacciato nel proprio essere ed il rito serve a superare e sopportare ostacoli, fornendo stereotipi e modelli di comportamento oggettivi e rassicuranti, perché garantiti da una tradizione che si ripete nel tempo. La posizione, dunque, che molti assumono nei confronti del rito del caffè o di quello della sigaretta ha il vantaggio di cogliere la peculiare utilità del rito (che comunque di per sé a livello psicopratico si profila nell'assistenza sociale, come comportamento inutile per eccellenza a creare effettiva collaborazione in quanto rappresenta una forma di corruzione dell'anima); utilità che servirebbe a restituire in un certo senso l'individuo alla società e al suo compito storico, sorretto ed incoraggiato da una forma di positivo contratto con il sentirsi una potenza mondana ed alla moda. Il rito a livello sociologico servirebbe a restituire e rinnovare il legame comunitario e ad avere la funzione di generare fratellanza per mantenere l'integrità di un gruppo famigliare per cui quando si invita qualcuno a partecipare al rito del caffè, vuol dire che lo si ritiene parte di una famiglia e di una comunità. A livello analitico si evidenzia che molti artisti hanno avuto incontri propizi di validi scambi culturali nei caffè dove si riunivano e dove nascevano abbozzi di opere e di idee che hanno portato a veri e propri cambiamenti di mentalità che hanno segnato la storia. In particolare modo il rito del caffè rappresenta una deformazione nevrotico-ossessiva di un cerimoniale simbolico di senso di appartenenza che rappresenta poca chiarezza razionale in quanto i soggetti che lo praticano sono colpiti da situazioni edipiche e dalle loro varianti nel dover rappresentare una immagine di se pressoché mitologica. Il problema sorge a livello della relazione fra rito e legge i cui confini non sono sempre facili da distinguere, così come i rapporti fra rito e magia e rito e mistica per cui caro Gabriele Trivellin san Giovanni il battista ha dato il battesimo umano, ma non quello spirituale che appartiene a Gesù Cristo ed in effetti il rito religioso non è altro che una commemorazione festiva ed ecco perché il comandamento dice "ricordati" nel senso di commemorare ciò che è avvenuto nella Pasqua del Signore dove abbiamo avuto il dono della salvezza in cui ci immergiamo ogni volta come nell'acqua battesimale con una nuova consapevolezza dei nostri compiti e con la certezza che ciò possa consacrare il quotidiano in benedizioni, gesti, preghiere che ci accompagnano nella vita di ogni giorno specialmente nei momenti più difficili da superare e di fronte agli ostacoli che il destino ci pone davanti. Nella tradizione popolare, spesso recepita nei rituali, si scorgono tracce della pietà cristiana, mentre bisogna stare molto attenti che il rito non sconfini nella magia o peggio in una forma di superstizione o scaramanzia. La riforma prevede che il rito non si traduca mai in idolatria e perciò NON è un bene cercare di semplificare i rapporti umani con il rito del caffè, ma piuttosto invece sarebbe un bene accettare che ognuno possa accogliere l'altro facendolo partecipe del proprio modus vivendi perché solo questo atto sarebbe un vero e proprio simbolo di democrazia e di espressione di libertà che non accetta mai imposizioni di alcun genere, ma che sa vedere nella diversità di vedute un arricchimento culturale che porta ad ampie aperture della mentalità che servono molto di più di un rito ad instaurare buone collaborazioni e a non creare ostacoli. La riforma cattolica si propone sempre di combattere gli abusi e di indurre a maggiore sobrietà sia esteriori che interiori per evitare infrastrutture che possano danneggiare coloro che sono deboli e fragili come una ragazza incontrata ai mercatini di Natale che aveva una forma di autismo per cui il migliore rituale era quello di soddisfare bisogni fisiologici nella toilette per trovare in questo un valore centrale di salute e di integrità umana vera e propria che non falsa mai il valore della persona nel doversi adattare all'ambiente circostante in modo poi da perderne la salute e la propria personalità, ma di acquistare invece un posto ed uno spazio sociale che possa rappresentare inserimento ed inclusione. Ognuno deve poter vivere secondo il proprio stile di vita, la propria indole ed il proprio essere al mondo e ciò significa non accettare condizionamenti per avere l'opportunità di aggregarsi ad un gruppo, di sentirsi parte di una famiglia o di una comunità, ma significa, invece, saper accogliere con la domanda topica "Cosa posso offrirti??" perché la vera ospitalità sta nella comprensione e nel rispetto di altri modi di avvicinare gli altri esprimendo a loro il nostro affetto. A livello normativo, gli usi e le consuetudini si riferiscono più che altro alla proprietà che potrebbe essere anche intesa come quella intellettuale e culturale per diritti di godimento che vengono definiti promiscui per concorso di compartecipazione ai diritti d'autore o all'investimento su alcuni talenti o abilità di cui un individuo è particolarmente dotato. Nei rapporti commerciali gli usi e le consuetudini rappresentano regole che desumono il loro contenuto da pratiche e principi osservati, con la convinzione della loro obbligatorietà da soggetti che partecipano a rapporti di commercio o meglio di condivisione delle spese che si debbono sostenere per portare avanti un progetto e tutto questo avviene in base a precise procedure che designano la proprietà a chi sostiene le maggiori spese così come danno la vittoria a chi propone la migliore soluzione per superare disagi socio-culturali che potrebbero condurre a conflitti o peggio a violenze. L'esperienza commerciale insegna a livello di CCIAA che i risultati migliori si ottengono nell'adesione ad operatori economici ai valori intrinsechi del proprio ambiente da essi ritenuti vincolanti e cogenti, per opinione ampiamente diffusa e prevalente di usi che siano altamente PROFESSIONALI COMUNEMENTE RICONOSCIUTI in qualsiasi ambito e della verifica della sostanziale inadeguatezza, rispetto alle specifiche esigenze del commercio di gran parte delle leggi statali applicabili alle relazioni commerciali, e dall'altro alle incertezze implicate all'esistenza di sistemi di diritto privato non coordinati fra di loro e quindi inevitabilmente portati a formulare soluzioni disomogenee per cui al posto del caffè un parrucchiere potrebbe offrire una maschera ristrutturante dei capelli, mentre la cortesia del caffé sarebbe nel chiedere ai clienti chi lo vuole. Nelle leggi emergenti in occasione della disciplina di rapporti suscettibili di esaurirsi, in tutti i loro elementi validi all'intesa si deve stabilire che c'è uno spazio di libertà sull'offerta e le alternative da proporre e sul fatto che il caffè possa tradursi anche in succo di frutta specialmente per quei soggetti che hanno problemi cardiovascolari o per coloro che assumono farmaci per cui il caffè rappresenterebbe un inibitore della loro funzione. Il caffè rappresenta una forma di dipendenza, una sorta di condizionamento a determinati stereotipi. A livello degli affari infatti bisogna preoccuparsi più che altro di conquistare la fiducia del cliente con un lavoro impeccabile che garantisca soddisfazione e pieno godimento della proprietà così come che riesca ad abbattere le barriere mentali che impediscono buoni rapporti con il prossimo. Nei giudizi di idoneità allo svolgimento di un mestiere o al fatto di saper condurre e gestire le varie situazioni si dovrebbero valutare le competenze inerenti le mansioni previste dal buon proseguimento dell'impresa e della ricerca scientifica ed analitica e non ci si dovrebbe mai basare sul fatto che una persona riesca a fare o meno un caffè perchè questa è una vergogna nel senso che molti preferiscono le smancerie piuttosto che vedere un buon risultato e che questa viene di fatto accettata come regola per potersi fare largo a livello sociale, sentendosi così parte di un nucleo comunitario importante che con il gesto del caffé ti dà il benvenuto, mentre poi non guarda mai a come svolgi i tuoi compiti??? Non credo affatto che debba funzionare così: i premi vanno dati a chi se li è meritati sul campo con serietà, effettivo spirito di sacrificio e di rinuncia che non prevede chiacchiere da bar, ma solo realtà di garanzia al risultato professionale. 

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