giovedì 1 febbraio 2018

Presentazione sull'antologia "Poeti italiani della diaspora"

Presentazione alla Casetta di via piacentino, 30 gennaio 2017
Discussione sull’antologia Nove poetesse afroameriane tradotte e a cura del prof. Adeodato Piazza Nicolai
Tempo permettendo, discussione sulla poesia ladina di Adeodato Piazza Nicolai
Profilo autobiografico del prof. A.P. Nicolai

Dialogo sull'antologia "Poeti della diaspora italiana"






Per “POETI ITALIANI DELLA DIASPORA” si intende quei poeti nati in Italia e poi emigrati in un altro paese, sia nel continente americano, che in Europa eccetera. Portando con loro una educazione e la cultura italiana, si sono inseriti nel contesto del paese che li ha ospitati. La maggior parte di loro hanno preso la doppia cittadinanza, mantenendo quella italiana e assumendo quella del paese che avevano scelto come seconda patria.

Questa antologia, curata dai professori Luigi Bonaffini e Joseph Perricone (insieme a tanti altri collaboratori e ricercatori),  ha richiesto un lavoro costante durato 15 anni. È un’opera pioneristica, che ha usato varie discipline come la semiotica, la cronistoria e geografia dove ogni poeta della diaspora era emigrato e ha scritto le sue poesie. Undici nazioni sono state inserite: Argentina (5 poeti), Australia (11 poeti), Belgio (2 poeti), Brasile (3 poeti), Canada (8 poeti), Croazia e Slovenia (14 poeti), Francia (2 poeti), Germania (9 poeti), Svizzera(4 poeti), Stati Uniti (20poeti), e Venezuela (2 poeti). Per ogni paese c’è una introduzione generale, seguita da una prefazione per ogni poeta.

In questo studio i paesi dell’Est Europeo, dell’Asia e dell’Africa non sono stati inclusi, per l’ovvio problema di spazio. Già questa antologia è di 1532 pagine. Ed è stata pubblicata dalla prestigiosa università di Fordham, nel 2014.



Un futuro studio potrebbe concentrarsi sull’età dell’autore, sull’età della sua emigrazione, sulle condizioni di vita che ha lasciato alle spalle e su quella che ha trovato nella terra di adozione. Sono tante le varianti.



Per l’antologia Poeti della diaspora italiana, il professore Francesco Durante ha scritto una panoramica intitolata “Sette Punti sulla poesia della diaspora italiana” (“Seven Points on Poetry of the Italian Diaspora”) dove elabora le principali premesse sulle poetiche della diaspora.

1.    L’emigrazione è, senza alcun dubbio, un processo drammatico. L’impatto sofferto dagli emigranti offre loro un certo grado di autorità poetica. Le loro memorie e riflessioni richiedono una documentazione e i risultati meritano una valutazione critica che finora è stata ignorata. Certamente, nella sfera letteraria del paese di adozione, le loro opere vengono dichiarate di una qualità inferiore, Tuttavia esiste la necessità di indagare le loro opere usando altri metodi, alti metri per stabilire nuove connessioni fra la poesia del migrante e la classica analizzata dai critici standard. Bisogna considerare i loro prodotti come una nascente esperienza della nuova cultura che alimenta la “melting pot” di ogni paese. Se queste creazioni migrate dalla patria di nascita, cioè l’Italia, sembrano essere inferiori agli standard italiani tuttavia creano un nuovo humus, sospeso fra quello dalla terra di nascita e il nuovo paese che li ha ospitati.  Scrivere in questo territorio ambiguo e spesso poli-linguistico segna  nuove identità, spesso ibride: un mix di nazionalità italiana e del paese adottivo. Il punto essenziale è che in questo processo di ibridazione le parole acquistano novelli significati e peso.



2.    L’essenziale necessità di esprimersi è alla base di questi autori. Sono poeti che non hanno seguito una carriera letteraria. Al contrario, sono stati spesso persone che hanno dovuto trovare un lavoro che nulla aveva a che fare con la letteratura: manovali, meccanici, muratori, operai sulle catene di montaggio, ecc., e il loro bisogno di esprimersi è sfociato in poesie, racconti, romanzi basati sulle esperienze vissute sulla propria pelle. Da qui nasce la loro originalità di espressione. Le verità vissute diventano verità trascritte in essenziali opere d’arte. E’ un processo che attutisce la brutalità delle loro esistenze, forse un sogno desiderato e mai realizzato, ma tuttavia verbalizzato anche per future generazioni.



3.    Anche se a volte le emigrazioni accadevano en masse, dove tanti emigranti da uno stesso paese partivano per l’ignoto. L’atto di espatriare rimane sempre un gesto personale, privato, che differenzia una persona da ogni altra persona. Una volta scritta una poesia, esisteva la necessità dell’autore di condividerla con paesani e altri emigrati. Cos’ diventava un atto di comunicazione e di comunione. Ecco perché una antologia come questa segna nuovi orizzonti, nuove aperture, nuovi ponti fra la gente di ogni lingua e stato economico.



4.    Per lo scrittore diventa anche una spinta  nel tempo reale, per superare i limiti economico-sociali e verbali. Anche se le poetiche all’inizio sono basate sull’italiano, pian piano aprono le ali in un multi-linguismo spiccato e originale. L’autore si abbandona in un abbraccio delle varie lingue che sente, che lo circonda e che penetra nella sua mente e nel suo sangue. Diventa un modus vivendi dove lei/lui si stacca dai residui linguistici della terra madre per assimilare quelli che sente quotidianamente, sul posto di lavoro, nei bar, nella chiesa, nel contesto sociale. Le tematiche del poeta cambiano dall’essere auto-biografiche per inglobare le esperienze dell’Altro, delle persone e cose che sono all’esterno della sua realtà. In questo processo amplifica le pos-sibilità e potenzialità di condividere con gli altri, con un pubblico più vasto.



5.    Questa apertura produce una specie di poesia “idiolettica”, [neologismo: l’idioma più il dialetto] dove il dialetto di nascita si unisce agli altri idiomi e dialetti che ascolta ed assimila ogni giorno, creando così una nuova poetica, separata dalla poesia tradizionale ascritta ai poeti “nativi”. Crea un mondo verbale sospeso fra due mondi: Italia e l’Estero, l’Altro. Sembra come l’invito di Nietzsche a costruire una casa ai piedi di un vulcano: azione coraggiosa ma anche pericolosa. Diventa tuttavia un passo verso la costruzione di una nuova identità sempre più ibrida.



6.    Dal tedesco Gastarbeiterliteratur, il concetto di “lavoratore ospite o letteratura ospite”, aiuta a definire, anche se in un modo di ghettizzare, il fulcro, l’ubi consistam, della poesia e la letteratura della diaspora . È una definizione provvisoria ma  aiuta a definire il poeta “fuori casa”, l’alieno che è andato in quel paese specifico per trovare lavoro; è perciò un estraneo, un extracomunitario la cui presenza è sia instabile sia stagionale. Crea ostacoli che possono soltanto essere conquistati attraverso una complessa eredità culturale che passa da generazione a generazione. Una collisione linguistica diventa inevitabile quando l’immigrante scarta la lingua madre italica per legarsi, necessariamente, a quella del paese che lo ospita. E un processo che necessita la sradicamento dall’italiano per acquisire l’altra lingua, processo che causa disorientamento e perfino shock fisico e psicologico. La persona si sente solo ed abbandonato, in un territorio bilingue caotico ed incomprensibile, in una “no man’s land”—una terra di nessuno. Come uscire?

Come crearsi una nuova identità? Ciò si applica a multiple strutture storiche, valide sia per il diciannovesimo che il ventesimo secolo.



7.    Precarietà, rischi, conflitti d’identità e, di conseguenza, nature ibride: tutte queste cose fanno parte del carattere sperimentale della poesia dell’es-patriato, anche quando questi tentativi sembrano voler riappropriarsi dei modelli di scrittura italiani. Due cose sono centrali a questo processo:  stabilire una nuova voce originale, e una voce che si consuma in nome di una desiderata continuità. La poetica dell’espatriato inventa mondi nuovi mentre rinnova quegli antichi, usando la memoria con ossessiva selettività, facendo grande quello che è piccolo and diminuendo ciò che è grande. È una battaglia allo stesso tempo valorosa ma valorosamente persa.



Aggiungo una nota ricavata dalla mia esperienza: arrivato in America mi sono trovato in una terra di nessuno. Ritornato in Cadore, dopo quaranta anni di esilio,  ho scoperto di essere diventato un Nemo profeta in patria a Vigo di Cadore.



Il Professore e filosofo Peter Carravetta ha scritto l’introduzione alla sezione dei poeti italiani della diaspora. Adottando uno schema semiotico propone un quadrante temporal-spaziale con quatto punti essenziali, come in una bussola: a nord pone (A),  a sud (B), a est (C), a ovest (D).



                                              

                               TEMPO (time)




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