LE ORME DELLA CULTURA. Cusimano tentò di aggiustare e modificare il suo prototipo, ma infondo pensava che era meglio lasciare qualche spazio per moti successivi a vincere l'esaustività delle cose, che cancella l'infanzia e la giovinezza, affetti, bellezza, gloria virtù e poesia ed ogni alto valore. In ogni dove, in ogni dove un acerbo verso cerca di sbocciare rivelato dalla ragione per cui l'uomo si chiude per viltà gli occhi e si adatta per convenienza. In ogni momento, in ogni momento si intravede una tranquilla mediocrità del quotidiano, oppure qualcuno guarda ben fisso e desolato il nulla che gli si apre dinanzi vivendo fino in fondo in una mortificante infelicità. Questo romantico ed antiprosaico andirivieni dello stare nella disperazione non è una condizione immobile e monocorde: esso comporta un complicato processo psicologico, perchè da una parte significa resuscitare e ascoltare ogni volta le ragioni del cuore e dall'altro cercare qualche scorcio di letizia, d'amore di fantasia che possa ancora colorare il mondo, che possa ancora renderlo gradito nella laude a Dio, che possa ancora renderlo benevolo nel duro fato. La caducità dell'esistenza che ci appende ad un esile filo, dove siamo in continuo equilibrio, fra infondatezze e fascini paradisiaci come chimere che alimentano quella sorta di pendolarismo, in cui ciascuno vive i momenti belli senza mai del tutto eliminare quelli brutti ed anzi continuamente si trasfonde in essi fra coerenza con le sue intime deposizioni e subbuglio con gli esempi che ci circondano. Siamo patetici nella nostra consapevolezza e pochezza di squallore quando imitiamo a cantare le inespresse forme e desideri che si inarcano nei nostri corpi stropicciati dentro alcove sdrucciolevoli e balzane. Siamo vittime e carnefici di configurazioni e di ricordi che si smarriscono dentro a dei contenuti che scimmiottano confortanti affetti, ma non sono altro che illusorie e deludenti profferte pubblicitarie dove diveniamo scivoloso sapone, budini, e gelati che hanno la pretesa di dispiegare i vocativi vati. Siamo reciprocamente necessari gli uni agli altri legati, ed intralci di falso ed ipocrita, di bello e di profumo di seduzione dove l'accento cade ora su un minuto passato e su uno seguente, dove il verso cade ora su un punto e l'altro su quello promettente di un vocio che si sussegue dentro l'anima che ieri si illuse, che oggi non vuole deludersi e che scava fra i deliri dell'esistenza a stanare qualcosa in cui ancora poter sperare. Fra le tensioni e le meditazioni che ci avvicinano e ci allontanano si delinea la libertà di espressioni che si includono fra i termini che incantano e che interrogano senza che una vaga risposta, fra le confusioni e le intemperanze emotive c'è una analisi che supera quella siepe dove si staglia l'infinito di un caro ermo colle. E noi non siamo che polvere che diviene figurazione di trasformazione di rimasugli che tentano di evocare il verso, il verbo che si fa carne e che rimane con uno spirito saldo nonostante l'incontro con la morte e la fine di una esistenza, che rimane un monumento evocativo, che rimane una medaglia al valore, che rimane come un premio per la vita e che rimane non più Androgina, ma donna che sa accettare il limitare del giorno e del tremore di una fine che sarà per sempre un inizio. Cusimano lo sapeva, dovrà nascere ancora una nuova poetica Primavera.
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