lunedì 29 gennaio 2018

Pinocchio non abita più qui


Di Daniele Borghi

Recensione di Ilaria Brandi



http://www.faraeditore.it/html/collane/imprinting/pinocchioborghi.html







“Guardati intorno. C'è un sacco di gente che spreca il tempo pensando che non finirà mai. Tutti sperano in qualcosa che non sanno neanche che è, o in un colpo di fortuna che li tiri fuori da tutta sta merda. Il Superenalotto, una lotteria o qualsiasi altra cazzata del genere. Certo, può succedere, ma io non ho mai conosciuto qualcuno che si sia risolto la vita così.”






Non è un libro che fatica a farsi amare: la trama è interessante, i personaggi ben costruiti, il ritmo scorrevole. Quello che stupisce davvero sono i dialoghi e l'uso del linguaggio. Infatti, essendo i protagonisti ragazzini cresciuti nella periferia romana, troviamo una parlata strettamente dialettale, un maltrattamento della lingua, in realtà, alternato a un italiano efficiente e formale, che comunque mantiene la spontaneità dei giovani che lo parlano.

La trama: otto adolescenti, un'estate afosa, niente da fare. Quando vengono invitati a lavorare per un ignoto magnate in un'attività molto probabilmente illegale, questi ragazzini, ognuno con i suoi problemi ( Accaivù che è sieropositivo, Dienneà che a venticinque anni ancora non ha un lavoro e neanche lo vuole) e i suoi difetti ( Pinocchio che non ha mai detto la verità in vita sua, Candito che mangia troppo per il suo stesso bene), ma, tutti caratterizzati da una particolare e storpiata etica morale che non esclude furti e ricatti, decidono di approfittarne. Hanno un piano, che può non sembrare particolarmente realizzabile, ma hanno anche un vantaggio, cioè che per tutta la loro vita (non molto lunga) sono stati sottovalutati.
Raggiungono il loro scopo ? Non importa. Importa come ci provano sfruttando tutti gli strumenti che hanno a portata di mano.

Otto ragazzini con la lingua lunga imparano ad affilarla.
Tutto qui.


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