venerdì 27 ottobre 2017

Una birra con Armando Bonato Casolaro

Ultima birra al Curlies bar è il titolo del romanzo di Armando Bonato Casolaro di cui vorrei parlarvi oggi; un titolo che a prima vista dà luogo a due differenti interpretazioni: potrebbe essere il preludio a un libro ricco di goliardia e momenti divertenti (mi immagino un gruppo di compagni di bevute che si riunisce per assaporare una bella serata di baldoria che per qualche ragione sarà l'ultima, con tutti i richiami del caso a Una notte da leoni o ad American Pie), oppure potrebbe appartenere al racconto di una birra in solitaria, magari in un vecchio pub semibuio e quasi deserto, mentre una lenta canzone francese risuona in sottofondo e un'unica coppia danza nella penombra.

Ebbene, in qualunque modo vogliate considerare il titolo la storia di Armando è destinata a stupirvi, perché tocca entrambe le ipotesi, mescolandole alla perfezione, e vi aggiunge qualcosa di davvero inaspettato.








Titolo: Ultima birra al Curlies Bar
Autore: Armando Bonato Casolaro
Data di uscita: 18 maggio 2017
Pagine: 270; prezzo: € 17,00
ISBN-10: 8894870189; ISBN-13: 978-8894870183

Gabriel Estevan è un uomo dal fascino un po’ noncurante, di chi sembra mai del tutto presente, mai del tutto a suo agio in questo mondo. Ma è soprattutto uno stimato direttore d’orchestra che nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno lascia improvvisamente il suo lavoro. Muovendosi all’interno di un mondo che, benché affascinante, non gli appartiene, fatto di sfarzo e donne bellissime ma anche di sotterfugi e corruzione, Gabriel si troverà a gestire, anche suo malgrado, una serie di eventi che provengono dal passato e che lo porteranno fino in India, alla ricerca di un amico scomparso. Un pressante commissario di polizia, un padre domenicano, una ballerina francese, un amico sassofonista, una giornalista, sono solo alcuni dei personaggi che contribuiranno a rendere intrigante la vicenda, arricchita da concerti in cui spiccano le arie più famose della musica classica sulle note di Wagner, Debussy e Ravel.


Sì, in Ultima birra al Curlies bar abbiamo un'amicizia talmente forte da restare salda anche se la situazione diventa difficile, persino pericolosa; abbiamo la lealtà verso un amico lontano, come a dire che un vecchio compagno non si tradisce neppure quando le strade si dividono.
Abbiamo qualche colpo di testa, come l'improvvisa decisione del protagonista di partire per l'India, che però ci permette di respirare qualcosa di molto simile a una ventata di libertà e forse ci ricorda davvero i giorni spensierati della gioventù.
Abbiamo un'avventura misteriosa, un segreto che non riusciamo a spiegarci e che cerchiamo di capire insieme a Gabriel stesso; e abbiamo d'altra parte la malinconia di un artista che non sarà solo e ubriaco al tavolo di un pub, però di sicuro si sente solo nel mondo che lo circonda... Nel quale potrebbe sentirsi a casa, considerati il suo successo e il suo talento di musicista, ma che nonostante questo gli sembra alieno (o magari è lui l'alieno?). 
Di musica, francese e non, ne abbiamo in abbondanza. Di belle donne in grado di trascinare un uomo confuso in una lunga notte di passione, anche.
Ma abbiamo poi un viaggio interiore nella mente e nel cuore del protagonista, un viaggio che non potevamo prevedere; al punto che per qualche istante ci domandiamo se quell'amico scomparso esista davvero e non sia soltanto una parte della coscienza di Gabriel che sembra latitare, e che lui deve trovare a ogni costo.
In definitiva, Ultima birra al Curlies bar è tantissime cose, e volendo fare un paragone con il cinema mi ha ricordato Rosso Istanbul.
Però forse i confronti non servono, perché l'unico modo per conoscere appieno un'opera è viverla direttamente; come si dice, "chi leggerà, vedrà".


Intanto vi mostro l'interessante intervista che Armando mi ha concesso :)

Benvenuto Armando, grazie di essere qui con noi. Sei pronto a raccontarci qualcosa del tuo romanzo Ultima birra al Curlies bar? Cominciamo!

Certo. Vai!

Il protagonista Gabriel Estevan è un tipo a dir poco curioso, “mai del tutto a suo agio in questo mondo”: per una persona del genere vivere nella nostra realtà deve essere difficile, ho ragione?

Beh, vedi, non credo sia molto difficile. Sono d’accordo che dipenda sicuramente dai punti di vista: dal mio sicuramente no. Per come la vedo io, per Gabriel, quel vivere “mai del tutto a suo agio in questo mondo” è una fonte d’ispirazione.

Oltre ad avere la testa fra le nuvole, se vogliamo metterla così, Gabriel è anche un bravissimo direttore d’orchestra. Credo che il riferimento alla musica non sia casuale, perciò vorrei chiederti di parlarci un po’ dei tuoi gusti in fatto di musica classica.

Premetto di non essere un melomane. Mi piacciono diverse opere. Ne cito solo alcune: Aida in primis, Tosca, Carmen, Don Giovanni. Senza far torto a tante altre. Così come adoro il balletto classico: Giselle il mio preferito, l’ho visto tante di quelle volte che potrei dirigerlo. Però voglio precisare che amo anche la musica cosiddetta leggera, tutta.

Se la vita di Gabriel fosse un’opera lirica, assomiglierebbe di più a una tragedia alla Wagner oppure un’opera buffa? D’altronde, si dice sempre che non c’è nulla di più tragico di una commedia…

Già. Sicuramente la vita di Gabriel la definirei un misto tra opera buffa, e malinconia. Quando parlo di malinconia intendo “quella del genio”, nel senso di genialità creativa. 

Quando parte per l’India, il protagonista cerca il suo amico oppure se stesso?

All'inizio di sicuro è convinto di andare a cercare Maurizio. Solo alla fine si accorgerà di aver ritrovato se stesso. È un viaggio che, credo, dovrebbero fare tante persone.

L’immagine sulla copertina del libro ritrae un boccale di birra quasi vuoto; questa bevanda può rappresentare molte cose: l’amicizia, il divertimento e lo stare insieme, ma anche la solitudine di chi magari dentro a quel boccale ci annega qualche dolore. Ti è mai capitato di trovarti in un bar vuoto la sera, con una birra e un po’ di malinconia?

No. Frequento molto poco i bar. Tranne quello nella piazza del mio paese, Asolo, un borgo medievale. È il classico paese pieno di turisti in estate, mentre d’inverno ci sediamo con un boccale di birra, io, il sindaco, il farmacista, il fruttivendolo… così, in spensieratezza. Tuttavia mi capita qualche volta di ritrovarmi con un bicchiere a metà, questo se succede è un bene, perché quel bicchiere vuol dire che è di fianco a me e al mio computer mentre sto scrivendo. E qui si ritorna al discorso di prima: “la malinconia del genio”, simbolicamente rappresentata da quel bicchiere.   

E infine, cos’è per te il Curlies bar? Un luogo fisico, un ricordo, oppure un angolo della mente in cui rinchiuderti di tanto in tanto?

Prima di tutto un luogo fisico. È un locale di Goa, nell’India del sud. Vi ho passato momenti magici; lì ho avuto l’ispirazione per questo romanzo.

Grazie infinite per averci dedicato il tuo tempo e la tua attenzione. Alla prossima, e buona fortuna!

Grazie a te.


E voi, siete pronti a partire per Goa con Gabriel?



Articolo e intervista a cura di Elisa Costa




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