giovedì 23 marzo 2017

Passione, nostalgia, impegno, umanità e umorismo in Maria Lenti


Maria Lenti, Certe piccole lune, Fara Editore, 2017

https://www.faraeditore.it/html/narrabilando/certepiccolelune.html
Le piccole lune del titolo si può pensare siano quelle che hanno illuminato i garbati racconti di questa ultima pubblicazione di Maria Lenti nel loro prendere forma, gli umori variegati che hanno ispirato la loro articolazione.
Si tratta di esperienze brevi o brevissime, raccontate con una nitidezza ed una precisione che rivelano una straordinaria capacità di osservazione del mondo esterno e di analisi psicologica di sé e degli altri.
I racconti, questa è l'impressione, crescono su una serie veloce di appunti che catturano le situazioni più varie, e dell'appunto conservano l'eco nella essenzialità della forma. La scrittura attentissima e concentrata, insofferente della banalità nelle scelte lessicali, con l'uso talvolta di termini rari e insoliti, di tautologie apparenti, in realtà sottilmente espressive (“… funzioni di supporto, di aiuto, di soccorso…”, pag. 44; “… camminata… etologica, etopeica…”, pag. 84; “… Il Poeta e la Signora li so ricchi di nascita, di crescita, di vivenza…”, dove il termine rarissimo, dopo le maiuscole dei nomi comuni che designano i personaggi e dopo la solennità della consonanza sdrucciola,  diventa la fulminante fotografia dello snobismo dei due, pag. 66); con un ricorso frequente ed efficace  allo stile nominale ed all'accumulazione, che ne fanno risaltare gli aspetti ritmico fonetici, scolpisce le immagini e incide le situazioni con contorni netti, senza sbavature lirico-sentimentali.  La nostalgia che trapela è sempre controllata, contemplata con lo sguardo di chi, prima di farne oggetto di amoroso racconto, come per pudore se ne spoglia.
Nei vari racconti, esperienze di viaggio, di lavoro, di incontri con memorie persone luoghi e atmosfere, un raccontare che, nonostante la nota finale “personaggi e vicende sono puro frutto di fantasia e immaginazione”, si fa autobiografia, non solo in senso flaubertiano.
La Grande Madre Zelinda Lenti, che nell'infanzia continua a vivere attraverso l'eco della voce e attraverso i racconti delle sorelle e che è scoperta “la prima volta nel… profondo” a dodici anni nell'incontro con la toccante figura manzoniana della madre di Cecilia; Urbino, con il colore dei suoi mattoni, con il suo palazzo, i suoi vicoli, le colline dei suoi paesaggi, i quali conservano la stessa luce che artisti e pittori, a cominciare da Piero Della Francesca, amarono e catturarono; l'Apsa ( di “Senza rumore”, in equilibrio tra prosa e poesia, anzi un vero e proprio poemetto); il collegio, perdono i tratti della realtà nel momento che si fanno mito, ma sono pur sempre carne e sangue del vissuto.
E la passione politica, l'impegno, il vasto raggio delle letture le cui reminiscenze e suggestioni trapelano in tanti momenti.
Alcuni racconti si divertono a cogliere in piccole situazioni ed esperienze il risvolto di una più o meno velata comicità (“Di baci al caffelatte e di un ombrello”; “Relatività”;   “Marta e Maria”; “La pasta con il pane”; "Treni in metafisica", dove una comicità in sordina permea in ossimoro una situazione appunto metafisica di abbandono e solitudine, quale ci è dato cogliere in Edward Hopper;  quello kafkiano (e come poteva essere altrimenti?) in “Una valigia a Praga” (dove antifrasticamente kafkiane sono pure le semplici iniziali con cui vengono designati i personaggi).                
Altri, nella rievocazione dei genuini sapori di un tempo, si abbandonano con una affettuosità poetica al gusto dell'elenco di cibi e piatti, di erbe rustiche con una acribia pascoliana (“Il mattino ha l'oro in bocca”; “Apologhi in fotofinish”).
Esperienze autobiografiche o catturate dall'acuta attenzione di Maria Lenti nei personaggi di incontri anche occasionali, che diventano piccoli camei. Una raccolta, questa di Maria Lenti, snella, che scivola veloce attraverso una piacevole varietà di situazioni sul ritmo di una forma originale sempre intonata.

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