lunedì 20 marzo 2017

La misura del rendere grazie: recensione a Di una notte morente di Gianfranco Lauretano



Quante volte si dice che il titolo di un libro, specie in poesia, “fa” il libro stesso, nel senso naturalmente che lo rappresenta nella sua essenza. Mai affermazione fu più veritiera come per il nuovo lavoro di Gianfranco Lauretano Di una notte morente, edito da Raffaelli nel 2016, laddove il lettore è accompagnato - quasi per mano, o comunque da una mano che conduce il gioco - in una sorta di viaggio tra il reale – quotidiano – terreno e un immaginario che vola alto, che sorvola il cielo di Romagna e passando tra un paesaggio d’entroterra e il mare, lega le poesie di questo libro a quelle delle precedenti pubblicazioni, come se il contesto geografico di riferimento risultasse in qualche modo utile a fare da collante alla poetica dell’autore. Già in Occorreva che nascessi o in Racconto della Riviera infatti Lauretano risentiva a tratti, in certi passaggi, della necessità di affondare i suoi versi nella terra marrone o verde d’erba/inzuppata d’autunnoVerso Cesenatico [dove] i canali coi rivali dritti/i canneti, i gabbiani bassi rasentano/tetti di casupole o di ville… come se ci fosse un luogo specifico, determinato, quasi predestinato a divenire lo scenario della sua poesia, a soccorrere il poeta per l’ambientazione dei suoi pensieri offrendogli quel grembo di accoglienza che è la natura romagnola.
Quali che siano gli scenari, comunque, resta il fatto che questa notte morente - che prende spunto dalla scomparsa della madre - lo diventa per l’umanità tutta, per gli amici e gli spazi, per la famiglia e i ricordi coprendo l’universo di un velato senso di malinconia, e tuttavia, al tempo stesso, portando a compimento – ancora una volta e qui più di altre volte – quella che è l’essenza della poesia di Lauretano: il suo spirito cristiano. Già in una mia precedente recensione a un suo lavoro (http://www.altritaliani.net/spip.php?article1548 ) avevo avuto modo di sottolineare il fatto che “Se la poesia avesse una fede sarebbe quella di Gianfranco Lauretano che nell’azzardo della poesia si presenta, nella sua complessità di autore romagnolo che traccia con cura e amore indicibili i tratti più chiari e onesti della lirica contemporanea, nondimeno come autore cristiano facendo di questa sua dimensione il suo stile, il suo timbro, la sua stessa creatura poetica.”
I dieci testi introduttivi, posti in apertura del libro a mo’ di avvertenza al lettore, instaurano con la stessa fede, e quindi anche con la poesia che se ne fa portavoce, un rapporto di alleanza basato sulla gratitudine. La notte morente diventa lo spunto per un decalogo di ringraziamento, per un nuovo francescano Cantico dove tutto ciò che va a incidere sull’esistenza – sia gioia o sia dolore – crea l’occasione per rendere grazia… Grazie per l’alzheimer di mia madre… Grazie per la storia d’oggi/che sinceramente non capisco… Grazie per il sole, per la pioggia… Grazie per la Romagna… Grazie di tutto quello che non ho capito
Ecco che il ringraziare diventa così un gesto nuovo, inconsueto eppure necessario, dimenticato eppure fondamentale per riconciliarsi con la notte morente che quasi si fa provvidenza manzoniana per soccorrere anche laddove la speranza potrebbe mancare, per incoraggiare il poeta a riprendere il viaggio, verso nuove mete. E il viaggio arriva. E la destinazione è Loreto mentre Cesena – il luogo della notte morente – resta indietro. In un’alba faticosa che pure è un’alba d’amore perciò di conoscenza… avviene l’incontro, la visione della casa portata dagli Angeli […] teatro dell’incontro tra un angelo e una donna/annuncio che la avvinse alla sua alba. Dalla casa di Maria alla Casa muta, la propria, quella dell’infanzia e della giovinezza, il salto è breve perché, sempre, ciò che ci lega al passato riaffiora quando si fanno i conti con il dolore e con la morte. Per rinascere bisogna scavare a fondo, bisogna ritrovare le proprie origini. E quella Casa muta… su un punto di confine/tra il vuoto e la tempesta/[dove] una scia di rose/ saliva su per la ringhiera si fa come ponte per il ragazzo – che certo ha già con sé l’essenza di poeta – verso nuove case, nuovi incontri, nuove albe d’amore. Non già come fu per il protagonista di quel verso di Pavese: Cammini/come chi non si stacca /dalla porta di casa… Lauretano si stacca da quella porta e da quella casa, ritrova la sua lingua nascosta in cantina (ho nascosto la lingua in cantina, dice a un certo punto), quella che con mille cerotti si è aggiustata da sola, quella che diventerà la lingua della poesia.
Si compie così il miracolo d’amore che genera ringraziamenti: passando dal dolore filtrato dalla fede, dalla rinascita filtrata dal ricordo e approdando a una nuova stagione dove la forza ritrovata, grazie anche alla presenza-assenza dei cari genitori, permetterà di vivere nuovi giorni, di allontanarsi dai luoghi di tutte le tragedie, concederà il ritorno alla lotta, sotto lo sguardo benigno di un volto – che pare proprio essere quello di Dio – e che guarda assiduamente.



da: Di una notte morente
Grazie per l’alzheimer di mia madre
che avanza come un’omissione
nel cervello suo e mio
non so pensare a lei
che non mi pensa più
m’invade il buio dell’addio
ce non fatto in tempo
a dirle per fortuna
non esiste addio ma solo
un provvisoria deviazione
sulla via…

*****

Grazie per la Romagna marzolina
sdraiata sul confine tra il piano
e la collina, come una donna
morbida e assonnata, sessuale
che apre umida le gemme
e lascia intravedere la sua prosperità
rigogliosa di terra e di verdura
così si è presentata stamattina.

*****
Grazie di tutto quello che non ho capito
grazie a Dio davvero
se fosse già saputo
non avrei conosciuto niente
che non avessi in mente
non avrei veduto come sboccia
il tempo, quell’invisibile portento
rompe la crosta e ci denuda
e risemina la pelle e quindi dentro.

*****

In casa vigeva un silenzio funereo
le parole chiuse nel vocabolario
non nascevano…mi ricordo occhi abbassati
un ruggito tenuto, ogni tanto i coltelli
fili elettrici penzolavano nella doccia
i mobili facevano schifo, insieme per caso
trascurati come una casa non generata
io figlio della finestra sul Corso
di chi passando guardava verso di essa
e di me, nella tenda.

*****

Ho sette amici e una moglie cristiana
abbastanza per l’appuntamento
col vocabolario del cielo
indizi sufficienti a rendere benigno
il volto che mi guarda assiduamente.


Gianfranco Lauretano (Sessa Aurunca, Caserta, 1962) vive e lavora a Cesena. Dirige la collana “Poesia contemporanea” e il trimestrale letterario “clanDestino” per la casa editrice Raffaelli di Rimini. È fondatore e direttore letterario della rivista di arte e letteratura “Graphie” (editore Il Vicolo, Cesena) e fa parte del comitato di redazione della rivista di critica e letteratura dialettale “Il parlar franco” (Pazzini Editore, Villa Verucchio, RN).
Ha pubblicato i volumi di poesia: La quarta lettera (Foum, Forlì, 1987); Preghiera nel corpo (NCE, Forlì 1997 – ristampa: Ellerani, San Vito al Tagliamento 2011); Optus exitiosus (ora nel’antologia “Bona vox”, Jaca Book, Milano 2010); Occorreva che nascessi (Marietti, Milano 2004); Sonetti a Cesena (Il Vicolo, Cesena, 2007); Racconto della Riviera (Raffaelli, Rimini 2012).
Ha pubblicato il volume di prose liriche Diario finto (L’Obliquo, Brescia 2001). Sempre in prosa i volumi monografici La traccia di Cesare Pavese (Rizzoli, Milano 2008) e Incontri con Clemente Rebora (Rizzoli, Milano 2013); in collaborazione con il Touring Club Italiano, per conto della casa editrice Il Vicolo, ha scritto i volumi sulle città romagnole Cesena nello sguardo nella mente nel cuore (2010), Cesenatico nello sguardo nella mente nel cuore (2011), Milano Marittima nello sguardo nella mente nel cuore (2012).
Sue traduzioni dal portoghese e dal russo sono pubblicate su antologie e riviste e nel 2003 in volume, presso l'editore Raffaelli di Rimini, è uscito Il cavaliere di bronzo di Aleksandr S.Puškin. In uscita per le edizioni del Saggiatore la raccolta La pietra di Osip Mandel’štam. Svolge attività di critica letteraria su periodici e quotidiani. Ha curato, tra l’altro, il commento ai canti XXIX, XXXII e XXXIII del Purgatorio di Dante (Rizzoli, Milano 2001). L’ultimo libro di poesia Di una notte morente è uscito nel 2016 per Raffaelli Editore.

Bologna, 20 marzo 2017

Cinzia Demi

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