domenica 20 novembre 2016

La responsabilità della scrittura

nota di lettura di AR
Michele Toniolo, La solitudine dell'immaginazione, Galaad Edizioni 2016


http://www.galaadedizioni.com/la-solitudine-dellimmaginazione/
Il titolo è il compagno di chi scrive e guida a chi legge. Questo saggio breve e profondo ci immerge in quella particolare dimensione del sacro che riluce e si riveberba in ogni lingua: «(…) Dio è misericordioso (…) sparge la lingua sacra nelle molte lingue mondane» (p 13).
In questo il Padre asseconda il desiderio umano di permanenza e di relazione che nella preghiera diventa «intimità con la volontà di Dio» (p. 14).
La preghiera – come suggerito da Meister Eckhart – implica però «un fare spazio dentro di sé, perché Dio si senta obbligato a riempirlo. Senza questa spogliazione, la preghiera è azzima (…)» (ivi).
Inoltre: «Senza questo far posto non ci può essere metamorfosi, e senza metamorfosi non c'è letteratura» (p. 15); «(…) incontro a cio che si cerca bisogna andare spogliati come Abramo verso il territorio di Moria. Le nostre strutture e le nostre speranze devono essere lasciate alle spalle» (ivi).
Chi scrive deve dunque prima di tutto scavare in sé stesso il vuoto in cui le parole possano formarsi: «L'incontro tra la nostra immaginazione e le parole deve produrre il cambiamento di entrambe. Se la metamorfosi di ciò che si è accolto non cambia il nostro corpo, il processo di scrittura è fallito» (p. 18); «La scrittura deve far conoscere l'inconoscibile, deve dare una conoscenza nuova della vita e dell'uomo. Se non fa questo, (e raramente riesce a farlo), resta nel campo della deocorazione» (p. 23).
Dopo aver trattato dell'etica della scrittore, ascoltiamo ora questo bellissimo suggerimento di Michele Toniolo per il lettore: «Le parole sono sempre troppe quando le leggiamo, si affollano anche in un testo breve. Per ridurle al silenzio, e farle parlare, è necessario incontrare il respiro nel quale sono state scritte. Altrimenti fuggono (…)» (p. 30).
Il saggio si conclude con un riferimento alla croce che grazie a Cristo «è spogliazione, metamorfosi, conoscenza. Unisce tre luoghi: inferi, terra e cielo. (…) Scrivere è scendere nella terra, levare al cielo, abbracciare il paesaggio più ampio. (…) Senza di esse [spogliazione e metamorfosi], l'immaginazione abbraccia la propria steriltà non il paesaggio; e smarrisce ogni traccia della lingua sacra. Diventa solitudine: non sencende né eleva nulla» (p. 32).
Sì, un testo che ci ricorda l'importanza delle parole, la loro verità trasformativa, il loro nocciolo sacro… sempre che siano piene, lavorate, sofferte, autentiche e non mero decoro, narcisistico fiato di voce, vano esercizio di stile.

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