Noi
possediamo le “cose”, finché le “cose” non ci posseggono…
Provengo da una famiglia dove lo
spreco non era contemplato.
Anzi, si cercava di conservare
tutto, “perché non si sa mai…”.
Mi accorgo ora che in
sessant’anni di vita ho accumulato troppo, ma che fare? Fino a qualche anno fa
gli oggetti avevano anche un valore, ora sembra che tutti abbiano tutto.
I mercatini dell’antiquariato si
sono centuplicati e ciò che espongono è pressappoco quello che ho anch’io in
cantina. Eppure certe volte mi
viene ancora il desiderio di acquistare qualcosa… Da qualche anno mi freno, ma
l’accumulo è diventato un peso che non so più come smaltire. Mi accarezza ogni
tanto l’idea di partecipare ai mercatini dei paesi, dove si imita il più famoso
“Obei, obei”, diventato un appuntamento irrinunciabile a Milano, e trasformarmi
in venditrice io stessa.
(Una moda anche per chi ha più possibilità economiche)
Ora va di moda anche il
“vintage”, quei banchi, o addirittura negozi, dove si comprano abiti firmati,
capi che si trovano solo nei negozi di gran lusso; immagino che siano lì perché
indossati una volta dai “vip” e subito scartati.
Tante signore si vestono in
questi negozi, l’idea di poter accedere a un capo costosissimo, con un prezzo
accessibile, le stimola all’acquisto.
Un tempo mia mamma mi diceva di
non indossare abiti usati. Un tempo giravano ancora tante malattie che non si
sapeva come debellare, e tanti parassiti che albergavano in abiti usati da
sconosciuti, e poi con atteggiamento un po’ snob diceva che si capiva quando
uno portava abiti di altri, si riconoscevano.
Non è più così, per fortuna, o
almeno ci sono lavaggi adeguati e sicuri, la moda è tanta e varia; a volte mi
trovo ad indossare un capo uguale alla persona sconosciuta che incrocio per
strada: e così mi sento ancora giudicare da mia madre “non si deve fare
collegio!”. Sempre ricordando il suo giudizio, evito anche di acquistare
l’usato “perché non si sa nemmeno da dove proviene!”.
Ma come faccio ora a liberarmi di
tanti orpelli e di questi concetti superati?
Nel box conservo oggetti degli
anni ’40, lasciati dai miei genitori; ci sono ancora i quaderni di scuola miei
e dei miei figli. C’è una scatola di cartoline che ho raccolto durante tutta la
mia vita e una collezione di francobolli che più che chiamarla collezione,
dovrei chiamarla “raccolta”: la conservo da ben 54 anni! Un giorno ho
intravisto dietro uno scaffale le bottiglie degli anni ’50 che mio padre
vendeva nel suo bar e una serie interminabile di borsette che non uso più.
(Inutili orpelli, feticci che odorano di superstizione)
Ogni tanto impacchetto qualcosa
che in casa comincia a occupare spazio vitale. Mi verrebbe l’istinto di
portarla al “mercatopoli”, poi mi lascio convincere dal diavoletto
“conservatutto”, prendo il mio scatolone e vado a cercare un posto sui
famigerati scaffali. Tengo giornali e riviste che riportano articoli
interessanti, con l’intento di rileggerli e prendere spunti per ciò che scrivo,
in realtà, dopo averli impilati in bella vista, li ignoro per anni. “La roba si
impossessa di me”! Me ne rendo conto e non faccio nulla.
Ricordo mio padre, pochi anni
prima di morire, che diceva: “Finché ci sono io non vi lascio buttare via
niente, poi farete quello che vorrete”. Mi accorgo, però, che certi suoi
oggetti conservati, li ho mantenuti anch’io, a chi toccherà il compito di fare
pulizia?
Anni fa si sapeva di persone che
mandavano in Africa tutto quello che recuperavano; ora, le tante notizie di
truffe varie, ci lasciano perplessi e viene subito da pensare: “Perché devo far
arricchire un truffatore?”
I treni carichi di abiti usati, di una nota associazione nazionale, sono
stati trovati saccheggiati, per poi vedere nei mercatini i banchi di abiti
riciclati e venduti a qualche euro, ma… venduti!
Ma quante cose ingiuste vediamo
ogni giorno in questo nostro mondo? Forse noi occidentali abbiamo saccheggiato
tanto che ora dobbiamo compensare regalando?
Se bastasse questo per fare
ammenda dei tanti danni che abbiamo causato ai paesi del terzo mondo, non avrei
esitazioni!
“Ma chi comincia consapevolmente questa operazione di sgombero?”
Siamo ancora troppo legati alla
materia, al benessere, a ciò che possediamo e che non vogliamo cedere. Ancora
ci dominano invidia e gelosia e “dobbiamo tenere per dimostrare”. Il periodo
che stiamo attraversando ci sta imponendo un ridimensionamento globale, ma ci
sono ancora troppe resistenze e non siamo capaci di staccarci dalle cose
futili, dai tanti orpelli che abbiamo ammucchiato.
Questo vale anche per
l’apparenza, l’immagine che gli altri pretendono di noi, un’altra prerogativa
del nostro mondo occidentale: voler essere quello che non si è.
Da tempo provo a superare questo
attaccamento, ancora non ci riesco, ancora prendo in mano gli oggetti e penso
“magari mi può servire”, ma gli anni passano e tanto di quello che avevo
accantonato è ancora lì inutilizzato.
Tra l’altro occupa spazio, quello
spazio che in questi ultimi anni stiamo anche pagando salato. Mio padre aveva
cascine in montagna, cantine e box e stipava tutto quello che poteva, ma ora
tutti quei locali vanno denunciati per il fisco, accatastati, pagati a metro
quadro attraverso i tanti tributi che ci stanno soffocando.
Vale proprio la pena di entrare
nell’ottica dello sgombero e quindi dello spossesso.
(Dice un saggio proverbio: “Se hai un paio di scarpe nell’armadio,
oltre quelle che indossi, non sono le tue”)
Noi abbiamo venti, quaranta paia
di scarpe nell’armadio, se non, come certe persone che
conosco, due o trecento, una vera mania! Non è più il momento di “fare la
carità”, ma è anche il momento di sentirsi leggeri, pronti a modificare il
nostro stile di vita pesante.
L’arte cinese del “Feng Shui”
impone una pulizia costante di ogni angolo della casa, per liberare le energie
che rimangono bloccate nei punti dove non si sgombera spesso. Queste presunte
energie sono legate ai soldi, alla salute, alle amicizie, alla casa stessa.
Quando mi sono resa conto che per
proseguire dovevo inesorabilmente
buttare le cose, ho smesso di leggere il libro.
Oltre il possesso materiale, c’è
anche un possesso emotivo del quale dovremmo imparare a liberarci appena ce ne rendiamo
conto. Ci impossessiamo dei nostri figli appena nascono, mentre loro hanno
bisogno di diventare autonomi. Nella nostra società i “mammoni” sono all’ordine
del giorno. Ci impossessiamo della libertà dei nostri mariti e compagni; siamo
convinti che, dal momento che hanno scelto di vivere con noi, diventino
automaticamente di nostra proprietà. A volte ci impossessiamo anche dei nostri
morti, pensando di doverli spostare qua e là per i cimiteri, credendo di fare
il loro bene perché possiamo andare ad infiorare la loro tomba, e non ci
accorgiamo che sono solo pensieri nostri, convinzioni, credenze, timori del
giudizio degli altri.
L’arte dello spossesso andrebbe
praticata durante tutta la nostra vita, in tante azioni quotidiane, per
liberarci delle dipendenze, per superare il concetto dei tanti feticci che adoriamo,
per alleggerire le tensioni emotive quando subentra la gelosia e mille altri
motivi legati ad uno stile di vita tipicamente occidentale. Diceva un caro
amico: “male che va che succede?” e dunque mi ripeto: “se butto questo oggetto
appartenuto a mia mamma, o a mio padre, che succede?”
Nulla, proprio nulla, è solo una
forma di pensiero che mi sono costruita da sola.
Scrivo queste righe e mi accorgo
che sono quasi ad uso esclusivo della sottoscritta, per imparare a modificare
il mio pensiero e riuscire finalmente ad alleggerire i miei armadi, le
credenze, i solai. Con questa consapevolezza, ho anche pensato che forse, per
qualcuno costantemente nel dubbio come me, la concretezza del pensiero sopito,
riportata in parole, potrebbe aiutare a prendere drastiche decisioni.
Comincerò domani? Chissà, magari
ci faccio un pensierino!
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