lunedì 16 gennaio 2012

Due Mondi per Michael Ricciardelli

dr. Vincenzo D’Alessio e G.C. “F. Guarini”

Si è svolto ieri, quattordici gennaio, a Solofra, città natale in provincia di Avellino, il primo convegno internazionale di studi sulla figura del sacerdote, e letterato, Michele (Michael) Ricciardelli.
L’incontro ha avuto luogo nell’antico Palazzo Orsini, oggi sede municipale, nella prima mattinata, con la folta presenza dei giovani studenti del Liceo Scientifico Statale “V. De Caprariis” sede distaccata di Solofra, accompagnati dai loro docenti. Sono convenuti il chiarissimo professore Mario Mignone e Luigi Fontanella, della Stony Brook University of  New York; e il chiarissimo professore Sebastiano Martelli della Università degli Studi di Salerno. Erano presenti i famigliari dello scomparso e le autorità civili e religiose.



Lugi Fontanella (sx) e Sebastiano Martelli


Vincenzo D'Alessio (sx) e Mauro Mignone


Promotore della manifestazione il Centro Studi “Pascal D’Angelo” di Mercato San Severino, diretto dal dottore Antonio Corbisiero, moderatore del convegno e dal Gruppo Culturale “F. Guarini”, di Montoro Inferiore, il quale ha chiesto ed ottenuto la collaborazione della Casa Editrice “Fara” di Rimini, che ha inviato delle pubblicazioni in dono agli studenti partecipanti al convegno; della rivista internazionale “Sinestesie”; del Premio Letterario “Civetta di Minerva”; del “Centro Studi della Poesia del Sud”; del mensile “Solofra Oggi”; della biblioteca pubblica “Monsignor Michele Ricciardelli”; dei poeti che l’hanno conosciuto nelle edizioni del PremioNazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”.
Il maggiore contributo umano e letterario è stato portato dal professore Mario Mignone, oggi direttore della rivista “Forum Italicum” fondata nel 1967 da don Michele negli Stati Uniti d’America, il quale ha fatto conoscere ai presenti al convegno l’immensa forza creativa del Nostro in campo letterario, le amicizie sincere tenute con i maggiori scrittori, poeti e critici letterari del Nocevento, non solo italiano, e l’umiltà che promanava dalla sua figura di sacerdote retto e generoso, fiducioso nell’Umanità redenta dalla Fede Cristiana, pronto a farsi da parte per consentire ai suoi giovani studenti, ai neo scrittori, di aprirsi una strada di lavoro e di conoscenza nella vita. 
Mario Mignone ha tracciato, come non era accaduto a dodici anni dalla scomparsa del Nostro, i lineamenti di un meridionale tenace e solare, nell’America degli anni Sessanta, capace di mediare  Due Mondi a confronto:figlio di una Italia povera e tormentata, dopo il Secondo Conflitto Mondiale, alle prese con la ricostruzione e l’America delle promesse e speranze, non facili da realizzare. L’intervento di Mignone ha rafforzato l’immagine di don Michele quale uomo puro, sincero, e letterato di grandissime qualità, ancora oggi tutte da scoprire e tramandare in una solida monografia.  “UNA LUNGA FEDELTÀ” alla missione spirituale, letteraria e umana, tanto è emerso dal primo intervento nel convegno.
Il chiarissimo professore Luigi Fontanella, poeta, scrittore, critico letterario di fama internazionale, ha tracciato anch’egli la figura di letterato di don Michele, specificando di non averlo mai conosciuto di persona, soltanto di avere scambiato più di una telefonata, che  ha permesso di elaborare alla sua fervida immaginazione questa figura: “Essenzialmente schivo, Ricciardelli, mi suggeriva l’immagine di un uomo di altri tempi, con una sua dirittura morale che egli aveva saputo ben coniugare con l’attività di docente, di religioso, e di solerte direttore editoriale.”
Fontanella ha dedicato alla memoria di don Michele, a conclusione del suo intervento, dei versi stupendi che riportiamo per interno:
Da Buffalo a Solofra ancora svolazzano,
amico sconosciuto, sogni pensieri illusioni…
Come me e tanti altri nostri gemelli

non fosti tu a intraprendere quel viaggio,

tu che seguisti nell’Altro il cammino del sole

facendo della tacita sofferenza

la tua umana condizione.

Letteratura e Vita non sempre camminano insieme

e le parole non dette sono, purtroppo,

un diario aperto a qualunque interpretazione,

anche truffaldina e crudele,

contro il Tempo-assassino, contro ogni destino.

Oggi però non zittiscono quelle illusioni, quelle

che tu, Ricciardelli, sconosciuto amico,

sapevi accendere con i tuoi silenzi

e la tua scarna parola.

L’intervento del chiarissimo professore Sebastiano Martelli ha tracciato gli anni che don Michele ha trascorso a Solofra, dopo il suo rientro nel 1980, mettendosi in contatto con l’Università degli Studi di Salerno, scegliendo Martelli quale interlocutore privilegiato con il quale scambiare progetti e i disagi di una società  italiana tanto diversa da quella “americana” lasciata alle spalle.
Gli studenti del Liceo “De Caprariis” hanno dato luogo al dibattito e i famigliari di don Michele hanno concluso con un affettuoso intervento, chiedendo alla Città di Solofra di onorare la memoria del parente scomparso e di fare tesoro dell’esperienza dell’emigrazione vissuta, dallo stesso,  nel lavoro che oggi lo rende un’anima bella nel panorama internazionale dei Giusti.
Libri di Fara e del Grappolo. Accanto a Vincenzo D'Alessio:
Maria De Chiara e Raffaella De Maio, archeologa
 
Monsignor Michele Ricciardelli: l’uomo.

Abbiamo conosciuto don Michele Ricciardelli dopo il catastrofico terremoto del 23 novembre 1980. Egli era nato a Solofra il 9 agosto 1923, in via della Fortuna, il padre Michele era conciapelli e la madre Nocera Maria Teresa era casalinga. Emigrò in giovane età negli Stati Uniti d’America dove venne consacrato sacerdote l’8 dicembre 1952 dal vescovo Claudio Colling. Fu inviato come missionario in Brasile dove lavorò per circa cinque anni. Successivamente chiese ed ottenne di insegnare Lettere nelle Università di Stato americane. 
La motivazione che spinse don Michele a tornare nella sua città natale fu il dolore di fronte alle vittime del terremoto e la profonda consapevolezza che il suo aiuto sarebbe valso a sollevare, dallo  stato di frustrazione e smarrimento, i giovani. Principalmente a loro si rivolse l’impegno sociale del Nostro: iniziò tenendo dei corsi di inglese gratuito coadiuvato dall’Accademia Solofra; migliorò, con profonde innovazioni strutturali, la biblioteca civica Renato Serra; fondò l’Associazione  “Orizzonte 2000”; offrì in profonda umiltà la sua vasta Cultura alle associazioni presenti in quel momento sul territorio. Tra queste c’eravamo noi del Gruppo Culturale Francesco Guarini nato pochi anni prima, nel 1976.
Quell’incontro ha segnato, per me, una svolta unica nella  conoscenza: avevo davanti un professore universitario, portatore di una vastissima Cultura, umile al punto da farsi semplice uomo in mezzo ad uomini più giovani di lui. Fu così che don Michele realizzò la presentazione alla prima antologia poetica del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra” nel 1984, giunto alla quinta edizione, sottolineando con queste parole l’impegno: «È mio dovere premettere che trovo oltremodo utile, interessante, lodevole, ed esemplare, l’iniziativa – per quanto io sappia la prima in sede di premi letterari – del Gruppo Culturale “Francesco Guarini” benemerito patrocinatore del Premio, di pubblicare una antologia con una o due poesie di ogni poeta che ne ha sottomesse più di due, senza distinzione tra vincitori e non vincitori.»
Negli anni, il Nostro, mi permise di seguire da vicino le sue intense attività letterarie, consentendomi di seguirlo in incontri nazionali dove convergevano i migliori autori della nostra Letteratura Italiana. Indico soltanto alcuni autori conosciuti in questi incontri: i poeti Silvio Ramat, Piero Bigongiari, Giorgio Caproni, Maria Luisa Spaziani, Margherita Guidacci, Roberto Mussapi, Luciano Erba e Benito Sablone. Gli scrittori Michele Prisco, Giose Rimanelli e Giorgio Bassani. Inoltre i   chiarissimi professori Sebastiano Martelli e Luigi Fontanella, seduti oggi  qui, nella città natale del Nostro, per ricordarlo insieme.
Sono tanti i ricordi, le emozioni e i dolori che accompagnano i quasi vent’anni di vita di don Michele in mezzo a noi. Vorrei ricordare, senza stancarvi, solo alcuni aneddoti peculiari legati al connubio letterario con il Nostro. Il primo è legato alla sua infanzia, quando avendo lo zio calzolaio, portava le scarpe finite ai loro proprietari. Egli doveva attraversare stradine strette tra grandi sagome di case antiche, dove l’unica luce fioca era quella delle lampade a gas pubbliche. Per vincere la paura fischiettava. Due signorine aristocratiche, che abitavano proprio in uno di questi palazzi, attendevano il passaggio, avvertite dal fischiettio, per lasciar cadere dal balcone i liquidi puzzolenti che avevano lasciati in quel luogo. Don Michele mi ripeteva con amarezza: “L’America mi ha fatto professore, altrimenti sarei rimasto per queste persone il nipote del calzolaio!”
Un altro episodio che ricordo lucidamente capitò il giorno in cui andammo a colazione insieme in un ristorante di Serino. Ordinammo un primo piatto: ci fu servita una bella pastasciutta fumante. Don Michele iniziò a mangiarla con l’ausilio di una fetta di pane. Fu la sola portata che consumò. All’uscita dal ristorante mi permisi di chiedere, non senza imbarazzo, il perché avesse mangiato solo quello e per giunta con il pane: “Caro Vincenzo, lo faccio per ricordare del tempo in cui il primo piatto era l’unico pasto della giornata!” Molti altri episodi mi raccontò della sua esistenza ma non è questo il momento per riportali.
Infine va ricordato il suo impegno letterario. Il testo più autorevole, e non unico, che ha realizzato per la sua città natale è Il Minuto più lungo della vita pubblicato nel decennale del terremoto dell’ottanta, dove ancora una volta si evincono i motivi che avevano spinto don Michele a tornare a Solofra. Così recita l’epigrafe posta all’inizio del libro, mutuata dal poeta solofrano canonico teologo Antonio Giliberti, nell’opera Pantheon Solophranum del 1886: “Solofra: Che vivano in questo luogo / i tuoi figli continuamente / una vita felice e nello stesso tempo / rifioriscano i costumi e la Religione / degli Antenati.”     
A conclusione di questo breve intervento, vorrei ricordare che don Michele Ricciardelli moltissimo ha dato alla sua città natale e agli uomini del suo tempo, gratuitamente, senza ricevere alcun segno di riconoscenza. Oggi dal suo avello disposto, per sua volontà,  lontano dalla città natale, promana l’energia di quegli” uomini forti” che i versi del Foscolo rendono alla memoria dei contemporanei come “immortali”.

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