Si è svolto ieri, quattordici gennaio, a
Solofra, città natale in provincia di Avellino, il primo convegno
internazionale di studi sulla figura del sacerdote, e letterato, Michele (Michael) Ricciardelli.
L’incontro ha avuto luogo nell’antico
Palazzo Orsini, oggi sede municipale, nella prima mattinata, con la folta
presenza dei giovani studenti del Liceo Scientifico Statale “V. De Caprariis”
sede distaccata di Solofra, accompagnati dai loro docenti. Sono convenuti il
chiarissimo professore Mario Mignone e Luigi Fontanella, della Stony Brook
University of New York; e il
chiarissimo professore Sebastiano Martelli della Università degli Studi di
Salerno. Erano presenti i famigliari dello scomparso e le autorità civili e
religiose.
Lugi Fontanella (sx) e Sebastiano Martelli |
Vincenzo D'Alessio (sx) e Mauro Mignone |
Promotore della manifestazione il Centro
Studi “Pascal D’Angelo” di Mercato San Severino, diretto dal dottore Antonio
Corbisiero, moderatore del convegno e dal Gruppo Culturale “F. Guarini”, di
Montoro Inferiore, il quale ha chiesto ed ottenuto la collaborazione della Casa
Editrice “Fara” di Rimini, che ha inviato delle pubblicazioni in dono agli
studenti partecipanti al convegno; della rivista internazionale “Sinestesie”;
del Premio Letterario “Civetta di Minerva”; del “Centro Studi della Poesia del
Sud”; del mensile “Solofra Oggi”; della biblioteca pubblica “Monsignor Michele
Ricciardelli”; dei poeti che l’hanno conosciuto nelle edizioni del PremioNazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra”.
Il maggiore contributo umano e
letterario è stato portato dal professore Mario Mignone, oggi direttore della
rivista “Forum Italicum” fondata nel 1967 da don Michele negli Stati Uniti
d’America, il quale ha fatto conoscere ai presenti al convegno l’immensa forza
creativa del Nostro in campo letterario, le amicizie sincere tenute con i maggiori
scrittori, poeti e critici letterari del Nocevento, non solo italiano, e
l’umiltà che promanava dalla sua figura di sacerdote retto e generoso,
fiducioso nell’Umanità redenta dalla Fede Cristiana, pronto a farsi da parte
per consentire ai suoi giovani studenti, ai neo scrittori, di aprirsi una
strada di lavoro e di conoscenza nella vita.
Mario Mignone ha tracciato, come non
era accaduto a dodici anni dalla scomparsa del Nostro, i lineamenti di un
meridionale tenace e solare, nell’America degli anni Sessanta, capace di
mediare Due Mondi a
confronto:figlio di una Italia povera e tormentata, dopo il Secondo Conflitto
Mondiale, alle prese con la ricostruzione e l’America delle promesse e speranze,
non facili da realizzare. L’intervento di Mignone ha rafforzato l’immagine di
don Michele quale uomo puro, sincero, e letterato di grandissime qualità, ancora oggi tutte da scoprire e tramandare in una solida monografia. “UNA LUNGA FEDELTÀ” alla missione
spirituale, letteraria e umana, tanto è emerso dal primo intervento nel
convegno.
Il chiarissimo professore Luigi
Fontanella, poeta, scrittore, critico letterario di fama internazionale, ha
tracciato anch’egli la figura di letterato di don Michele, specificando di non
averlo mai conosciuto di persona, soltanto di avere scambiato più di una
telefonata, che ha permesso di
elaborare alla sua fervida immaginazione questa figura: “Essenzialmente schivo,
Ricciardelli, mi suggeriva l’immagine di un uomo di altri tempi, con una sua
dirittura morale che egli aveva saputo ben coniugare con l’attività di docente,
di religioso, e di solerte direttore editoriale.”
Fontanella ha dedicato alla memoria di don Michele, a
conclusione del suo intervento, dei versi stupendi che riportiamo per interno:
Da Buffalo a Solofra ancora svolazzano,
amico sconosciuto, sogni pensieri
illusioni…
Come me e tanti altri
nostri gemelli
non fosti tu a
intraprendere quel viaggio,
tu che seguisti
nell’Altro il cammino del sole
facendo della tacita
sofferenza
la tua umana
condizione.
Letteratura e Vita
non sempre camminano insieme
e le parole non dette
sono, purtroppo,
un diario aperto a
qualunque interpretazione,
anche truffaldina e
crudele,
contro il
Tempo-assassino, contro ogni destino.
Oggi però non
zittiscono quelle illusioni, quelle
che tu, Ricciardelli,
sconosciuto amico,
sapevi accendere con
i tuoi silenzi
e la tua scarna
parola.
Gli studenti del Liceo “De Caprariis”
hanno dato luogo al dibattito e i famigliari di don Michele hanno concluso con
un affettuoso intervento, chiedendo alla Città di Solofra di onorare la memoria
del parente scomparso e di fare tesoro dell’esperienza dell’emigrazione vissuta,
dallo stesso, nel lavoro che oggi
lo rende un’anima bella nel panorama internazionale dei Giusti.
Libri di Fara e del Grappolo. Accanto a Vincenzo D'Alessio:
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Monsignor
Michele Ricciardelli: l’uomo.
Abbiamo conosciuto don Michele Ricciardelli dopo il catastrofico terremoto del 23 novembre 1980. Egli era nato a Solofra il 9 agosto 1923, in via della Fortuna, il padre Michele era conciapelli e la madre Nocera Maria Teresa era casalinga. Emigrò in giovane età negli Stati Uniti d’America dove venne consacrato sacerdote l’8 dicembre 1952 dal vescovo Claudio Colling. Fu inviato come missionario in Brasile dove lavorò per circa cinque anni. Successivamente chiese ed ottenne di insegnare Lettere nelle Università di Stato americane.
La motivazione che spinse don Michele a
tornare nella sua città natale fu il dolore di fronte alle vittime del
terremoto e la profonda consapevolezza che il suo aiuto sarebbe valso a
sollevare, dallo stato di frustrazione
e smarrimento, i giovani. Principalmente a loro si rivolse l’impegno sociale
del Nostro: iniziò tenendo dei corsi di inglese gratuito coadiuvato
dall’Accademia Solofra; migliorò, con profonde innovazioni strutturali, la
biblioteca civica Renato Serra; fondò l’Associazione “Orizzonte 2000”; offrì in profonda
umiltà la sua vasta Cultura alle associazioni presenti in quel momento sul
territorio. Tra queste c’eravamo noi del Gruppo Culturale Francesco Guarini
nato pochi anni prima, nel 1976.
Quell’incontro ha segnato, per me, una
svolta unica nella conoscenza:
avevo davanti un professore universitario, portatore di una vastissima Cultura,
umile al punto da farsi semplice uomo in mezzo ad uomini più giovani di lui. Fu
così che don Michele realizzò la presentazione alla prima antologia poetica del
Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra” nel 1984, giunto alla
quinta edizione, sottolineando con queste parole l’impegno: «È mio dovere
premettere che trovo oltremodo utile, interessante, lodevole, ed esemplare,
l’iniziativa – per quanto io sappia la prima in sede di premi letterari – del
Gruppo Culturale “Francesco Guarini” benemerito patrocinatore del Premio, di
pubblicare una antologia con una o due poesie di ogni poeta che ne ha sottomesse
più di due, senza distinzione tra vincitori e non vincitori.»
Negli anni, il Nostro, mi permise di
seguire da vicino le sue intense attività letterarie, consentendomi di seguirlo
in incontri nazionali dove convergevano i migliori autori della nostra
Letteratura Italiana. Indico soltanto alcuni autori conosciuti in questi
incontri: i poeti Silvio Ramat, Piero Bigongiari, Giorgio Caproni, Maria Luisa
Spaziani, Margherita Guidacci, Roberto Mussapi, Luciano Erba e Benito Sablone.
Gli scrittori Michele Prisco, Giose Rimanelli e Giorgio Bassani. Inoltre i chiarissimi professori Sebastiano
Martelli e Luigi Fontanella, seduti oggi
qui, nella città natale del Nostro, per ricordarlo insieme.
Sono tanti i ricordi, le emozioni e i
dolori che accompagnano i quasi vent’anni di vita di don Michele in mezzo a
noi. Vorrei ricordare, senza stancarvi, solo alcuni aneddoti peculiari legati
al connubio letterario con il Nostro. Il primo è legato alla sua infanzia,
quando avendo lo zio calzolaio, portava le scarpe finite ai loro proprietari.
Egli doveva attraversare stradine strette tra grandi sagome di case antiche,
dove l’unica luce fioca era quella delle lampade a gas pubbliche. Per vincere
la paura fischiettava. Due signorine aristocratiche, che abitavano proprio in
uno di questi palazzi, attendevano il passaggio, avvertite dal fischiettio, per
lasciar cadere dal balcone i liquidi puzzolenti che avevano lasciati in quel
luogo. Don Michele mi ripeteva con amarezza: “L’America mi ha fatto professore,
altrimenti sarei rimasto per queste persone il nipote del calzolaio!”
Un altro episodio che ricordo
lucidamente capitò il giorno in cui andammo a colazione insieme in un
ristorante di Serino. Ordinammo un primo piatto: ci fu servita una bella
pastasciutta fumante. Don Michele iniziò a mangiarla con l’ausilio di una fetta
di pane. Fu la sola portata che consumò. All’uscita dal ristorante mi permisi
di chiedere, non senza imbarazzo, il perché avesse mangiato solo quello e per
giunta con il pane: “Caro Vincenzo, lo faccio per ricordare del tempo in cui il
primo piatto era l’unico pasto della giornata!” Molti altri episodi mi raccontò
della sua esistenza ma non è questo il momento per riportali.
Infine va ricordato il suo impegno
letterario. Il testo più autorevole, e non unico, che ha realizzato per la sua
città natale è Il Minuto più lungo della vita pubblicato nel decennale del
terremoto dell’ottanta, dove ancora una volta si evincono i motivi che avevano
spinto don Michele a tornare a Solofra. Così recita l’epigrafe posta all’inizio
del libro, mutuata dal poeta solofrano canonico teologo Antonio Giliberti,
nell’opera Pantheon Solophranum del 1886: “Solofra: Che vivano in questo
luogo / i tuoi figli continuamente / una vita felice e nello stesso tempo /
rifioriscano i costumi e la Religione / degli Antenati.”
A conclusione di questo breve
intervento, vorrei ricordare che don Michele Ricciardelli moltissimo ha dato alla sua città natale e agli uomini del suo tempo,
gratuitamente, senza ricevere alcun segno di riconoscenza. Oggi dal suo avello disposto, per sua volontà, lontano dalla città natale, promana
l’energia di quegli” uomini forti” che i versi del Foscolo rendono alla memoria
dei contemporanei come “immortali”.
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