lunedì 5 dicembre 2011

Su AA.VV., Il valore del tempo nella scrittura

a cura di Alessandro Ramberti, Fara Editore, 2011
recensione di Vincenzo D'Alessio
Il nuovo percorso temporale ha avuto inizio undici anni fa: nuovo perché l’Umanità ha bisogno di un passato, del presente e del futuro, da vivere. Ha necessità di fissare i propri ricordi in formule scritte, foto, video. Uno dei modi più belli, e qualche volta vanitoso, di fissare le memorie sono i libri: fogli di carta assemblati in sequenza, con un inizio e una fine, di contenuto vario. Il libro è divenuto nel corso dei secoli il simbolo del Sapere, della conoscenza, della rivelazione, della Cultura di una popolo.
L’Antologia Il valore del tempo nella scrittura, curata dall’editore-poeta Alessandro Ramberti di Rimini, assurge a questo compito: tramandare le azioni, le voci, i pensieri, degli uomini e donne che si sono ritrovati in un luogo, Fonte Avellana, sacro perché consacra le memorie di chi l’ha fondato e abitato, rinnova lo Spirito creativo perché ispira, agli uomini chiamati, oggi, ad abitarlo (seppure momentaneamente) nel profondo senso osmotico tra energia “Naturale” ed “Energia di ogni  Essere Vivente”.
Questa operazione, di affidare  alle pagine di un libro le singole energie del pensiero, diviene una elaborazione spazio/temporale che si va a sommare alle energie assenti che hanno preceduto il pensiero umano nelle  aspirazioni verso l’IO cosciente.  Scrive in tal senso il Curatore dell’opera nella presentazione: “Il tempo è lo spazio della nostra libertà e la scrittura un modo di incapsularlo in messaggi il cui valore dipende da lettori partecipi che in tali messaggi riscontrino bellezza e verità.”

La metafora contenuta nella frase riportata propone alla mente l’oceano immenso e la bottiglia contenente il messaggio scritto, da uno sconosciuto, affidato al tempo e allo spazio immenso degli eventi naturali. Parallelamente l’oceano è l’Umanità e il pensiero/messaggio del singolo, proposto (attraverso la parola scritta) al lettore partecipe  rivela, e trasmette, l’identità dello sconosciuto scrittore del messaggio al resto dell’Umanità.
Questa Antologia è la trasmissione scritta del coro di voci che intendono affidare il loro pensiero ad una Umanità attenta allo scorrere del proprio tempo. Spicca, in questo coro, una voce solista: l’assolo! – che più di ogni altro rappresenta l’errare, in forma d’anima incapsulato in un corpo, dell’energia che conduce l’essere per la strada del vero attraverso la parola. Un eremita in seno ad un eremo, dove altri si sono soffermati alla fonte Avellana per dissetare lo spirito, egli ha incontrato altra arsura alla sua sete.

Scrivo di Massimo Sannelli  uomo di lettere, compreso in questa Antologia, che con il suo scritto ha donato al testo la sagacia del filosofo, l’elegia del poeta, la valenza spazio/temporale della parola. Interprete, umile, del contributo paradigmatico chiesto ai convenuti a Fonte Avellana: “Il valore del tempo nella scrittura”. Il Nostro affronta il tema portando il suo contributo sull’opera immortale di Dante Alighieri, la Comedìa. Lo fa titolando il suo intervento “Le rane”. Torna alla mente la satira del Re Travicello, di Giuseppe Giusti: “piovuto ai ranocchi / io piego i ginocchi” e i Prolegomeni  della Batracomiomachia di Giacomo Leopardi. Scrive in tal senso Sannelli: “Ragazze e ragazzi. Fratelli. Amici, amiche. Siamo stati a Fonte Avellana, e qui ho trovato i miei – cioè i Suoi – spazi di silenzio” (pag. 257). Il vocativo, utilizzato dal Nostro, è una esortazione cronotipa di ciò che è stato nello spazio vissuto; del presente scaturito dagli eventi; della ricerca, incompiuta, di quel “Santo” che un giorno sarà “UNO”, Dio certo e uguale, per la Natura e per  gli esseri pensanti. Per i convitati al banchetto culturale di Fonte Avellana, Dante è lo spirito guida, il pensiero perturbante del silenzio circostante; degli spazi da far vivere con l’uso della Parola: unico strumento immortale di fronte al Tempo.
Scrive ancora Sannelli nell’intervento incluso nel testo: “Non sempre chi viene prima è più grande di chi viene dopo” (pag. 260). Il prima e il dopo del tempo non sono misure reali, sono sfere sensoriali immesse nel Kronos per evitare il Caos che circonda l’ultraterreno. Continua il Nostro nella stessa pagina: “Il precursore è fondamentale, ma non si eterna: se vive ancora, è perché il successore emerge e prevale.”
Ne consegue che questa Antologia è un anello della catena. L’esecuzione di un coro dove prevalgono delle voci, oggi antesignane, se domani ci saranno prosecutori del pensiero e della parola contenute: “Una difficile singolarità, che poi si fonde con il mondo largo:così Dante” (pag. 261).
È
questo un nuovo contributo letterario verso la conoscenza del percorso difficile verso la conoscenza del Vero. Una inesausta sete che Fonte Avellana ha cercato di dissetare, in chi legge, in chi crede, in chi ricerca, alle radici della Parola. Proprio come ha scritto Sannelli alla fine del suo intervento citando il filosofo genovese Raffaele Perrotta: “e so che senza le parole nelle parole la mia vita avrebbe da vivere una vita assai poco vigorosa” (pag. 262).

Nessun commento: