con un certo ritardo Vi invio le ricche sintesi delle ultime nostre sessioni di Lectio divina, tutte dedicate alla Passione di Cristo narrataci dal Vangelo di Luca. Anche i nostri ultimi due incontri per questo "anno pastorale", giovedì 11 giugno e giovedì 1° luglio alle ore 18.40, saranno ancora dedicati alla narrazione lucana della Pasqua del Signore.
Vi comunico inoltre che il giorno 23 giugno, vigilia della Natività di San Giovanni Battista, patrono di Firenze, il nostro sagrato ospiterà alle ore 18.30 una rappresentazione teatrale liberamente ispirata alla lirica di Mario Luzi «Siamo qui per questo», mirabile componimento dedicato dal grande Poeta a San Miniato al Monte e alla intera città di Firenze. L'evento è stato organizzato assieme al Comune di Firenze e vedrà impegnati numerosi attori della compagnia VENTI LUCENTI e STAZIONE TEATRO URBANO, diretti dalla regia di Manu Lalli. Vi invierò presto ulteriori informazioni e altro materiale.
La sera successiva, come ogni anno, con Stefano e con l'intera Comunità Vi attendo per ammirare insieme i tradizionali "Fochi di San Giovanni". Infine una memoria importante: lo scorso 21 maggio, all'indomani del nostro intenso pellegrinaggio alla Sacra Sindone, è morto a Firenze un grandissimo maestro di studi medioevali e un luminoso testimone del Vangelo, Claudio Leonardi, il cui esempio e il cui magistero tanto hanno contribuito alla consapevolezza della mia scelta cristiana e monastica. A lui si deve, fra l'alro, un importante saggio sulla letteratura agiografica relativa a San Miniato, primo martire di Firenze, le cui reliquie sono custodite nella nostra cripta. Lo vogliamo ricordare proponendovi in allegato la lettura della sua ultimissima pagina, dedicata ad Angela da Foligno, altissima mistica francescana del secolo XIII.
Nella speranza di poterVi più volte abbracciare in questo mese, con l'affetto mio e di Stefano Vi saluto caramente,
Bernardo
lectio.divina@libero.it
La vita mistica della beata di Foligno
Leggere Angela con Angela
di Claudio Leonardi
Ma l'indagine di monsignor Benedetti ha un altro e singolare merito: in ogni pagina la sua esposizione teologica sull'esperienza mistica di Angela è accompagnata in apparato da una lunga serie di testimonianze di molti Padri, greci e latini, tra i molti si ricordano Origene e Agostino, ma anche Simeone il Nuovo Teologo e Gregorio Magno; come da una serie di teologi e mistici medievali: da Anselmo d'Aosta a Bonaventura e Tommaso, da Isacco della Stella e Francesco d'Assisi a Guglielmo di Saint-Thierry. Questo corpus testuale (assieme a relativamente poche citazioni da studiosi moderni) viene a costituire una frontiera di confronto importante, e mai sinora proposta, alla comprensione di Angela.
Lei era ignorante: la sua cultura era quella di un'analfabeta intelligente, che faceva proprio quanto udiva nella liturgia e nella predicazione. Questi testi non sono certo le sue fonti, non è ricorrendo ad esse che Angela ha dettato i suoi resoconti, che sono invece esclusivamente mistici, sono ispirazioni, locuzioni, illuminazioni e visioni, tutte di origine divina. Quello che viene da lei viene da Dio, non da testi precedenti, neppure dalla Bibbia. Ma questo corpus vuole mostrare come nella tradizione cristiana, dal ii secolo di Ireneo di Lione in poi, la vita di Dio e in Dio che Angela ha sperimentato, ha riferimenti possibili e accettabili.
Il pregio maggiore di questa monografia, che gli studiosi di Angela non potranno trascurare, è tuttavia quello di avere costruito una vera e propria biografia della mistica di Foligno, sulla base naturalmente del suo Liber (composto dal Memoriale e dalle Instructiones), che viene continuamente citato, ma accompagnandolo continuamente con la riflessione teologico-spirituale, con grande attenzione a spiegare, fin dove è teologicamente possibile, la vita mistica altissima di Angela.
Questo tipo di biografia – si potrebbe dire quasi un leggere Angela con Angela – non era mai stato tentato in termini così sistematici e convinti. Il volume entra subito in medias res, dopo una breve prefazione di un altro folignate, l'arcivescovo Giuseppe Betori, e una preziosa premessa storica dovuta a Mario Sensi, l'attuale maggiore storico della città, che traccia anche la primissima fortuna del Liber (pp. xi-xx), e dedica tutta la prima parte del lavoro alla “conversione” di Angela.
Può sorprendere che si intenda come periodo della conversione un periodo così lungo, dal 1285 ad oltre il 1291, e oltre il suo pellegrinaggio ad Assisi. Angela sperimenta già Dio, in questo periodo, secondo due modalità, quella del dolore e quella dell'amore. Del dolore perché si sente attratta dal Crocefisso, da Gesù passionato, come lo chiama, il Cristo della passione e della morte. Il suo sempre più pieno immedesimarsi a Cristo passionato equivale a una sempre più piena trasformazione di Angela in Cristo (la parola trasformazione torna spesso nel suo linguaggio): ella avverte che la sua anima con il dolore entra in Dio e il suo corpo partecipa a questa condizione di dolore.
Una delle tante citazioni possibili: “mentre stavo pregando, Cristo mi si manifestò sulla croce con maggiore chiarezza (…) Mi chiamò e mi disse di avvicinare la mia bocca alla ferita del costato e mi sembrava di vedere e di bere il suo sangue, che usciva proprio in quel momento (…) Desiderai che per amor suo tutte le mie membra patissero una morte diversa dalla sua, cioè più spregevole” (p. 133), e ancora: “quando l'anima contempla l'ineffabile dolore del Dio e uomo Gesù Cristo, tanto si addolora e viene trasformata in dolore” (p. 151). Questa centralità cristica, in particolare del dolore di Cristo viene affiancata ben presto da un altro sentimento, l'amore per il Cristo. Il suo punto di origine o almeno di giustificazione è nella frase che Cristo un giorno rivolge ad Angela: ma non sai che mi sono incarnato per te, “per te ho sofferto tutto questo?” (p. 57).
La conversione, come viene qui descritta, è un lungo percorso tra il dolore-morte e l'amore-vita. Infatti per essere un solo spirito con Dio, come ha affermato Cristo stesso, è richiesto di rinunciare a se stessi.
Questa non è tuttavia opera possibile all'uomo, ma solo a Dio, che ha mandato il Figlio tra gli uomini e ha loro donato lo Spirito per aderire alla sua chiamata. Il sentimento profondo del dolore di Cristo crocefisso, che diventa il dolore di Angela, rappresenta questo “odio” e si associa sempre più all'amore per Cristo che è dato dallo Spirito: sono questi due doni che portano Angela a essere una con il Cristo e con il Verbo, la “via del dolore” e la “via dell'amore”: “il mio cuore è il cuore di Dio” (p. 11); “tu sei per me e io sono per te” (p. 34). La conversione non sta dunque solo nella rinuncia al peccato o all'egoismo, sta nella morte a se stessi, che si realizza in un attimo ma richiede anche molti anni per realizzarsi pienamente.
In realtà l'esperienza di Angela è insieme cristologica e pneumatologica, e dunque sin dall'inizio implicitamente trinitaria, come lo sarà esplicitamente alla fine della sua esperienza. Ma ogni vera esperienza mistica è e non può che essere trinitaria: è solo per virtù di Spirito santo che l'uomo può unirsi a Dio e solo così diventare suo figlio, altro Verbo-fatto-carne, e in tal modo riconoscere il Padre celeste come proprio Padre.
Nel volume si nota che Angela è stata via via, sino alla prossimità della morte, colta dal dubbio che non fosse Dio che le parlava e che la presenza di Dio nella sua anima non fosse sempre tale. Ma era di volta in volta esplicitamente rassicurata. Certo la sua vita "da convertita" è una vita spirituale meravigliosa, di grandissima gioia e straordinaria dolcezza di spirito (che dice la presenza dello Spirito santo), con momenti di sgomento quando questa presenza sembra venire meno. Ma un giorno risponde al frate confessore: è in me "un fuoco d'amore dolcissimo e io non ho alcun dubbio, quando tale fuoco è nell'anima, perché l'anima conosce con sicura certezza che solo Dio può operare in quel modo e nessun altro" (p. 199).
In questa condizione tre aspetti in particolare mi sembra di dover segnalare per la loro eccezionalità. Il primo è raccolto nella frase: "questo mondo è pieno di Dio", dove tuttavia il latino praegnans può essere tradotto con "incinto": questo mondo è incinto di Dio (p. 224). La frase non è da intendere umanamente, come il creato potesse generare Dio nell'uomo, ma solo secondo un registro divino, per cui l'anima resa divina contiene in se il mondo e partecipa al desiderio di Dio di salvarlo. Una parola profonda e altissima.
Il secondo aspetto – che monsignor Benedetti egualmente sottolinea – è una problema più delicato per la teologia. Ha goduto Angela della visione di Dio? Ha visto veramente lui? Sono molti i passi in cui Angela racconta di vedere Dio, di vedere l'essenza divina, e almeno una volta si sente dire: “guardami” (p. 265), e allora guarda e vede Dio “con maggiore chiarezza di quanto si vede un altro uomo”. Sarà una forma diversa, da quella propriamente paradisiaca, di visione beatifica, ma certo pare di dovere affermare che la gloria di Dio ha fatto parte dell'esperienza di Angela (una mistica del secolo scorso, Lucia Mangano, aveva quasi come missione la testimonianza che la visione beatifica è possibile anche su questa terra).
Il terzo aspetto è il rapporto di Angela con il Padre divino. Negli ultimi anni della sua vita mistica Angela va aldilà dell'esperienza del dolore e dell'amore, di questa inebriante vita di partecipazione al Cristo e allo Spirito: ha l'esperienza del Padre, che è un fatto non comune nella tradizione mistica: Angela vede ora Dio nella tenebra, non vede più il Crocefisso e non vede più neppure il suo Amore, vede “quella realtà indicibile” (p. 237), così che “l'anima è in modo perfettissimo in Dio” (p. 267). La tenebra le dice che Dio è oltre ogni conoscenza, ma proprio il vederlo nella tenebra, come le è concesso, è di per sé un abisso di conoscenza, una conoscenza e un amore oltre ogni conoscenza e ogni amore.
La coscienza di sé che ora Angela avverte, di essere per questo diventata “non-amore” (p. 291) è di fare l'esperienza del nulla, Dio le appare infatti come il “nulla sconosciuto” (p. 276), che è certo una purificazione (p. 282 e sgg.), ma è soprattutto un'esperienza mistica altissima, come in Teresa del Bambin Gesù: la tenebra che l'avvolge è infatti una tenebra divina. Ma questa tenebra si schiude infine nella consapevolezza di essere “avvolta nella divinità, raccolta pienamente nel Padre”: il Padre “mi raccolse tutta in se stesso” (p. 302). Non solo Angela “giace nella Trinità”, ma in lei “riposa tutta la Trinità” (p. 308).
Questa straordinaria vicenda di Angela riemerge continuamente dalle pagine di monsignor Benedetti, che riesce a raccontarla seguendo ogni momento della sua esperienza con le parole stesse di Angela. Caterina da Siena è stata per la sua straordinaria statura proclamata patrona d'Italia: perché non affiancarle Angela da Foligno? Non c'è un caso più alto in Italia di esperienza e di scrittura mistica. Può darsi che il semplice cristiano sia perplesso di fronte a una vita come quella di Angela, tanto più considerando la propria. Ma c'è un punto, ed è quello fondamentale, in cui lo splendore divino di Angela è proposto a tutti: tutti sono chiamati a passare dalla fede in Dio all'esperienza di Dio, che comincia sempre con il pentimento dei peccati e l'offerta di sé alla volontà di Dio. Questo basta a portare ogni cristiano in quella trasformazione non solo psicologica ma per dono di Dio anche ontologica: da uomo a uomo-in-Dio, a figlio di Dio, ad altro Verbo. Lo studio di monsignor Benedetti è un chiaro invito anche in questo senso.
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