martedì 9 marzo 2010

Intervista ad Emilia Bersabea Cirillo


di Antonietta Gnerre

Emilia Bersabea Cirillo, architetto, vive e lavora ad Avellino. Sue prose sono apparse sul «Semplice» n. 3 (Feltrinelli 1996) , nell’Antologia Racconti di fine millennio (Rimini 2000), Gli esiliati (Avagliano editore 2002), su «A.D.» gennaio 2003, Le parole dei luoghi (Avagliano 2007). Ha pubblicato la raccolta di racconti Fragole (Napoli 1996), Il Pane e l’argilla. Viaggio in Irpinia (Napoli 1999) e,  Fuori Misura (Diabasis Reggio Emilia 2001), giunto finalista al Premio Chiara 2002. Con il racconto Il sapore dei corpi, si era aggiudicata il Premio Arturo Loria 1999 per il miglior racconto inedito. Con il racconto Il violino di Sena,  ha vinto il premio internazionale di narrativa "Lo Stellato 2002". Un suo racconto, Angels, è stato inserito nell’antologia: After the War. A Collection of Short Fiction by Post-War Italian Women (Italica Press, N.Y. 2004). Il suo romanzo  L’ordine dell’addio (Diabasis, Reggio Emilia 2005)  è stato finalista al premio Domenico Rea 2005. È presente nelle antologie di racconti M'AMA? (Il Poligrafo edizioni, Padova 2008) e  Le frane ferme (Edizioni Mephite 2010). Un suo romanzo Una terra spaccata è di prossima pubblicazione presso le Edizioni San Paolo. Un narrare quello di  Emilia denso di fascino, che  inventa e osserva con stile ed eleganza il tempo che scorre sulle pagine della vita, ne parliamo insieme in questa intervista:

Che ruolo ha la scrittura oggi?Quello che ha avuto sempre per chi scrive, raccontare il proprio mondo, attraverso le parole. La scrittura salva tutto, dice Maria Attanasio, scrittrice siciliana. Non è importante solo la trama, l'intreccio, ma è importante lo stile, il ritmo della narrazione, la musica che sottende la parola. Ecco, scrivere è proprio questo, trovare una musica alle parole, senza tradire il contenuto della storia.

Quali sono i suoi autori preferiti?
Dei classici Gustave Flaubert, Jane Austen. E poi Virginia Woolf, il grande Marcel Proust, Chaim Potok, Cesare Pavese, Ernest Hemingway, Faulkner. Infine Fabrizia Ramondino, grandissima scrittrice.

Lei crede nei premi letterari?
Ci sono premi seri e premi già assegnati. I premi "importanti" di solito vengono decisi dai due gruppi editoriali italiani più consolidati. La Mondadori e l'Einaudi. I premi piccoli a volte, hanno giurie che credono nella onestà del loro lavoro e cercano davvero di premiare chi merita. In fondo i premi sono lo specchio dell'Italia di oggi. Vedi San Remo.

Secondo lei esiste una scrittura al "femminile"?
Esiste la scrittura. E temi femminili che solo le donne possono trattare.

Qual è il suo rapporto quotidiano con la scrittura?
Vivo  periodi di pausa tra un libro ed un altro. In cui appunto qualcosa, quasi un diario.
 Quando comincio una nuova storia scrivo quotidianamente, e se non scrivo correggo.La scrittura di un romanzo porta via anni.
 

Come nascono i suoi libri?
Di solito da un inizio che mi viene in mente, da qualcosa che ho visto e mi ossessiona, da una emozione provata che mi ritorna a cercare. Comincio a scrivere su quaderni grandi con la spirale e sempre a matita. Di solito scrivo molte pagine, quasi un quadernone, prima  di passarlo al computer e stampare. Scrivo tutta la prima stesura e la leggo, ci ritorno su, scrivo una nuova stesura, e poi rileggo, quando sono abbastanza sicura la faccio leggere a due amici che mi danno il loro parere. A volte ritorno di nuovo a scrivere una successiva stesura. Il mio ultimo libro è stato scritto sei volte. Perché bisogna sapersi mettere in discussione, per scrivere.

Quali sono gli elementi giusti per un buon libro?
L'intreccio, sicuramente, ma anche la novità della scrittura, il modo con cui la storia viene narrata.E poi un buon libro non può essere "costruito" a tavolino, perché un buon lettore se ne accorge.Un buon libro è quello che non vorresti che finisse mai, o è un libro che rileggi nel tempo, che ti accompagna. Fiesta, di Hemingway,  la signora Dalloway di V.Woolf, l'arpa di Davta di Potok, l'Urlo e il furore di Faulkner sono libri che rileggo spesso.

In che modo riesce a calarsi nella psicologia degli uomini e delle donne di cui racconta?
Sentendomi loro. Accogliendoli e cercando di farli vivere dentro di me.

Quali sono i passi che lei segue per arrivare alla stesura finale di un libro?
Leggo ad alta voce tutto e sento se tiene. Se tutti i fili tesi diventano alla fine una treccia, se i personaggi sono coerenti con la loro psicologia, se i protagonisti hanno agito secondo le premesse, se si sente l'amosfera che volevo, se dentro ci sono le parole giuste, insomma. Perché in un romanzo, in un racconto, i luoghi sono importanti come i personaggi, così  le voci secondarie. I particolari, i sorrisi o un'improvviso starnuto, possono caratterizzare una scena più di una parola.

Quando uscirà il suo prossimo libro?
Il mese prossimo, a marzo, per le Edizioni San Paolo.

Di cosa parla?
Si intitola "Una terra spaccata". È una storia ambientata in Irpinia, come tutte le mie storie. Di più non dico, per non togliere il gusto della lettura.

Cosa recita la quarta di copertina?
Non lo so ancora. Sarà una sorpresa anche per me.

Cosa rappresenta questo libro per lei?
Un passo avanti nella mia carriera di scrittrice. È una storia che mi ha appassionato scrivere ed è molto piaciuta a chi, sinora,  l'ha potuta leggere.


 
 

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