martedì 2 marzo 2010

LECTIO SAN MINIATO ~ 1 ~ Giovedì 18 Febbraio 2010


Darfur ( دار فور, Dār Fūr, il "paese dei Fur") - fotografia di Francesco Zizola




meditazione spirituale:
la via della croce
sabato 6 marzo, ore 15.30


Carissime e carissimi amici della Lectio divina,

questi nostri giorni quaresimali sapranno almeno un poco di sabbia, di fame e di silenzio? Ce la faremo a resistere con Gesù anche per qualche istante fra le dune dorate della tentazione? E poi riusciremo a dar via qualcosa di noi e di nostro senza sperare nulla in cambio? A noi viandanti distratti la parola del Maestro, scolaro del deserto, tutto ci insegna per riportare al Padre le linee spezzate dei nostri pensieri e delle nostre azioni...
Lui, in quella immensa e scintillante solitudine, ha imparato a confidare nel Padre e a scansare potere, sortilegi e ambizioni... Una via maestra che lo conduce però alla morte, e alla morte di croce. Vittorioso nel deserto, trasfigurato sul Tabor, osannato a Gerusalemme, subito dopo incontra, subisce e sceglie la croce! Perché? E a noi cosa accade se accogliamo sul serio l'invito a seguire un Maestro crocifisso? Che c'entra con la nostra vita quello strumento di morte? E, infine, dove può portarci la via della croce?

Vi ricordo inoltre che giovedì prossimo 4 marzo, alle ore 18.40 vi aspettiamo per la nostra consueta Lectio divina. Con Stefano animeremo una collatio: sarete dunque voi, con le vostre domande e attese, a farci rileggere gli ultimi testi lucani commentati insieme, che sono versetti di grande bellezza e intensità, il cui tentativo di commento, qui allegato, Alba ha saputo sintetizzare dopo il nostro ultimo incontro.


Infine vi ricordo che ogni venerdì di Quaresima, dopo la celebrazione eucaristica delle ore 18.30, percorreremo in Basilica come ogni anno la Via crucis.

Con il caro e grato saluto di tutti noi, assieme a Stefano
Vi abbraccio di cuore,

bernardo
lectio.divina@libero.it

La Lectio Divina del nostro ultimo incontro:



ABBAZIA DI SAN MINIATO AL MONTE
lectio.divina@libero.it
LECTIO SAN MINIATO ~ 1 ~ Giovedì 18 Febbraio 2010

"Vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo..." (Luca 21,11)
Luca 21, 5-38
5Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: 6"Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?".
8Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine".
10Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.
20Ma quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate allora che la sua devastazione è vicina. 21Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano ai monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli in campagna non tornino in città; 22saranno infatti giorni di vendetta, perché tutto ciò che è stato scritto si compia.
23Guai alle donne che sono incinte e allattano in quei giorni, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. 24Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri tra tutti i popoli; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani siano compiuti.
25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
27Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".
29E disse loro una parabola: "Guardate il fico e tutte le piante; 30quando già germogliano, guardandoli capite da voi stessi che ormai l'estate è vicina. 31Così pure, quando voi vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto. 33Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
34State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".
37Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all'aperto sul monte detto degli Ulivi. 38E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo.


Giovedì 18 Febbraio 2010 Riflessioni sul Vangelo di Luca 21, 5-38

“La forza della nostra testimonianza sarà misura del volgere del tempo”
Durante questo tempo liturgico della Quaresima, spazio di grazia in compagnia del Signore Gesù nel deserto, luogo essenziale nel quale anche un semplice suono è un tracciato da seguire, mettiamoci in profondo ascolto della Parola perchè, anche se non riuscissimo a coglierne in pienezza il dono, il suo semplice suono, ciò che riecheggia in quest’atlante della memoria e del futuro che è la Scrittura, ci indicherà la direzione.

Io amo Gesù che ci ha detto:
Cielo e terra passeranno.
Quando cielo e terra passeranno,
resterà la mia parola.
Qual è stata, Gesù, la tua parola?
Amore? Perdono? Carità’?
Tutte le tue parole sono state
una parola: Vegliate.

(Antonio Machado  Canzoniere Lirica 21)

Questa poesia del poeta andaluso Machado ben ci introduce ai versetti oggetto della nostra riflessione che, volutamente, indicano l’inconsistenza del cosmo, perlomeno la sua provvisorietà, subordinandolo a un tempo nuovo nascosto nel mistero che si può immaginare e condensare nella Parola stessa di Gesù:
Luca 21, 33: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Non deve sconcertare che più che immaginare paradisi o regni ultramondani, sia la Parola di Gesù la prospettiva che resta di tutta l’esperienza che possiamo fare della realtà; non meraviglia perché Dio ha creato il cosmo con la Parola e Gesù stesso si fa carne dalla Parola; essa non è solo respiro provvisorio, ma è la consistenza di Dio nella nostra vita. Attraverso la Parola che non passerà, si apre per noi la porta verso un’interpretazione più profonda della nostra vita, degli spazi che viviamo, della ricerca di Dio stesso e della via misteriosa che vogliamo intraprendere seguendo Gesù; altrimenti corriamo il rischio di saziarci semplicemente di ciò che al massimo è, se pur bellissimo, l’involucro della Parola, il suo scenario. La stessa Basilica di San Miniato, che appare un miracolo di bellezza, lo stesso tempio di Gerusalemme, che nobilissimo e mirabile doveva essere stato dopo la grande ricostruzione voluta da Erode, sono solo involucri della parola del Signore. Dopo lo squarciarsi dell’ultimo velo del Sancta Sanctorum apparve il nulla a significare l’eccedenza della presenza di Dio, della sua Parola che rimanda a un Altro, irraggiungibile dal nostro sguardo, superiore alle nostre misure.
Dobbiamo osare anche noi squarciare il velo e guardare oltre le belle pietre del nostro tempio, della nostra Basilica, alla ricerca di ciò che non sarà mai distrutto, ed entrare in una dinamica di fede per cui, nell’attesa dell’ultima Parola, massima consistenza possibile per l’uomo, lo scorrere del tempo, le avversità, le persecuzioni, le divisioni non ci devono più far paura. Dobbiamo familiarizzare con un senso nuovo di ciò che Dio realmente è, troppe volte ridotto a un semplice paciere a misura delle nostre piccole affettività, delle nostre limitate psicologie. Ancora una volta ci soccorre il poeta Machado, come fosse un mistico, perché i poeti lo sono, abituati a disossare le parole per cercare la parola, e ci regala un’immagine bellissima:

Ho sognato Iddio come una fucina
di fuoco, che tempera il ferro,
come fucinatore di spade,
come brunitore di acciai,
che firmava sulle lame
di luce: Libertà - Impero.

(Antonio Machado Canzoniere Lirica 33)

Immagine straordinaria di uno spazio, di un cuore di Dio che è una fucina di fuoco in cui però si fabbricano armi. E’ un Dio che ci dona lame di luce che sembrano forgiate proprio per distinguere, per separare Libertà e Impero. I versetti di questo capitolo di Luca col fragore che li accompagna, il clangore che li ritma, ci educano a discernere proprio tra libertà e impero: la libertà della grazia, della fatica, del mistero dell’obbedienza al Signore nell’avventura del nostro deserto dove cerchiamo una strada per arrivare a Lui; l’impero delle piramidi, delle ziggurat, delle stesse autostrade, tutti templi nei quali le autorità mondane si fanno adorare attraverso visibilissimi percorsi fatti apposta perché l’uomo s’intontisca ammirando la complessità di pietre su pietre nell’illusione di un’inesistente perennità.
La sciabolata di luce del Signore Gesù non esita ad abbattere anche le pietre del tempio affinchè l’uomo impari a interpretare la storia, certo la sua gloria, ma anche la sua provvisorietà, come luogo ed esperienza in cui, nei tempi misteriosi che Lui solo conosce, si afferma la Sua volontà di libertà sulla nostra vita.
Gesù, il Cristo, il Messia, il nuovo Re è venuto per inaugurare un Regno di profondissima libertà e ci consegna le armi per difenderla e custodirla; non dobbiamo aver paura, come non ci deve spaventare dover subordinare a questa libertà di sequela anche le relazioni più intime e profonde.
Luca21,16-17: “16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti per causa del mio nome”.
Al primato di libertà dato dalla scoperta di una relazione filiale, profonda e responsabilizzante fra il nostro Dio in Cristo e il nostro cuore è subordinata ogni altra relazione, anche quelle più carnalmente rassicuranti: i legami familiari, quelli sociali.
Il Vangelo ha in sè un fuoco sovversivo se ribadiamo il primato, la signoria di questo Dio nella nostra storia, contro quella di ogni impero, non solo politico, anche se il testo sembra prestarsi anche a un’interpretazione politica: chi allora contemplava la stabilità del tempio di Gerusalemme si illudeva che il potere antico di Israele potesse resistere alla forza della nuova potenza romana, ma supporre che il Messia fosse venuto a instaurare un regno terreno che potesse sostituirsi agli antichi dominatori di Israele, sarebbe stato estremamente riduttivo, ed ecco che Gesù scardina le coordinate temporali.
Luca 21, 6-9 “ Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta". 7Gli domandarono: "Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?”.
8Rispose: "Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine”.

A seguito della sua profezia sulla distruzione del tempio, immediatamente gli viene rivolta l’umanissima domanda su quando avverrà e su quale sarà il segno che la annuncerà. Il Signore subito allontana da se stesso e da chi vorrà veramente seguirlo il rischio di un fallace utilizzo della sua memoria, della sua passata presenza: molti si arrogheranno un legame con Lui, una parentela, una rappresentatività: non sarà quello il segno, non andranno seguiti. Neanche guerre e rivoluzioni saranno segni premonitori, dovranno accadere, ma non sarà la fine. I tempi paiono arrotolarsi su stessi. Poi la prospettiva si amplia e dallo sguardo sul tempio di Gerusalemme la visione si allarga e appare cosmica.
Luca 21, 10-11 “10Poi disse loro: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo”.
Questa è la sua risposta, ma perché l’uomo non si disperda e non diluisca la sua responsabilità in scenari cosmici che non sembrerebbero riguardarlo direttamente, come accade anche a noi quando non prestiamo attenzione a cataclismi lontani, il Signore richiama la nostra responsabilità.
Luca 21, 12-13 “12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13Questo vi darà occasione di render testimonianza”.
Gesù dà un’indicazione temporale vaga: prima di tutto questo; ma soprattutto richiama la nostra responsabilità di testimonianza. S’intersecano i piani a significare che la sua non è solo profezia sul futuro in un calendario disteso degli eventi. Volutamente Egli confonde spazi e tempi per dirci che la storia è un grande mistero, tuttavia non estraneo alla nostra responsabilità poiché ne saremo attori protagonisti nella misura in cui testimonieremo il Suo Regno tra noi; la forza della nostra testimonianza sarà misura del volgere del tempo. Occorre però ricordare quell’imperativo fondamentale: “ Vegliate” che Machado ha posto come centro della predicazione di Gesù, perché solo e soltanto nella veglia, cioè nello sguardo attento che scruta i segni dei tempi è possibile raccordare l’orizzonte stabile e instabile del cosmo, l’orizzonte mirabile e contingente delle opere dell’uomo e allo stesso tempo le circostanze precise in cui ognuno è chiamato responsabilmente ad agire.
Quando i primi lettori di Luca lessero questi versetti, la distruzione di Gerusalemme dell’anno 70 per volontà dell’imperatore Vespasiano, era ormai compiuta; è anche ragionevole pensare che Luca abbia scritto post eventum; erano anche già stati sacrificati i primi martiri cristiani, chi leggeva aveva dunque la prova dell’affidabilità profetica di Gesù.
Egli è un vero profeta che prevede la verità nella storia e a noi si affida per una testimonianza che si giochi completamente sulla sua Parola sanzionata dal supremo martirio sulla Croce.

Luca 21, 14-15 “14Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere”.
Gli eventi narrati negli Atti degli Apostoli parrebbero smentire queste parole. Stefano, il protomartire, non si è potuto difendere, non ha avuto l’ispirazione dal cielo di parole con cui dibattere e salvarsi, evidentemente è un’altra la lingua e la sapienza che il Signore ci dona per resistere a ciò che ostacola il pieno adempiersi del Regno nella nostra storia: è l’educazione che deriva dalla consuetudine con una lingua e una sapienza che ci conducono all’obbedienza alla vita e alla morte, all’amore e alla donazione e, recuperando le parole apparentemente scartate da Machado, al perdono e alla carità. Modello ne è il Signore Crocifisso, colui che ha vinto il peccato rimanendone sconfitto, divenendo peccato egli stesso per noi, secondo l’affermazione di San Paolo. In questo senso davvero Gesù Cristo è il mistero in cui la debolezza e la forza, la vita e la morte, in Dio sono così intrecciate da essere allo stesso tempo immagine della nostra sofferenza ma anche della nostra speranza.
Sono questi il fascino, la ricchezza e l’apparente inconciliabilità per cui a San Miniato si venerano nella cripta, un Cristo crocifisso, col volto sofferente e gli occhi chiusi e pochi metri sopra, nell’abside, il grande Cristo pantocrator del mosaico dorato che esprime un volto imperiale del Regno che Gesù, con così grande umiltà, è venuto ad annunciare nella periferia di Gerusalemme, nottetempo, pregando, e poi alla luce del giorno, con l’audacia di questa predicazione nel tempio di Gerusalemme.

Luca 21, 37-38: “37Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all'aperto sul monte detto degli Ulivi. 38E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo”.
Nonostante il Signore dia della storia un’interpretazione sofferta fatta di cataclismi, di segni, di terremoti, di divisioni, tuttavia la gente va nel tempio di buon mattino per ascoltarlo. E’ significativa quest’annotazione perché evidentemente il popolo anche di buon mattino va ad ascoltare nel tempio chi, pur non sottacendo le prospettive angoscianti che Gesù rivela a chi intende seguirlo fino in fondo, ha l’audacia di proporre un’interpretazione complessiva della storia con una lettura che offre agli uomini la possibilità di vivere una quotidianità inscritta in un progetto divino. Così anche le esperienze più catastrofiche, le sofferenze più insopportabili, il mistero stesso, si lasciano abbracciare da una presenza affidabile perchè è il corpo di Gesù il luogo nel quale ogni profezia distesa nell’arco della storia sarà inscritta. Noi dovremo brandire una spada tesa per separare l’impero, cioè l’idolo, ciò che ci rende schiavi, dalla libertà stessa, ma sappiamo che un’altra spada entrerà nel corpo di Cristo, chiodi trafiggeranno le sue mani e i suoi piedi, una lama spaccherà il suo cuore: su questa passione di un amore senza fine si basa l’affidabilità delle parole di Gesù.
Gesù pregando di notte sul Monte degli ulivi impara a confidare nel Padre e torna poi nel tempio per educare anche noi all’obbedienza al mistero della storia inscritta solo nella volontà di Dio.

Luca, 18-19 “18Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.
Dio è attentissimo all’uomo, lascia che tutto accada, ma ha a cuore solo la sua salvezza, chiede in cambio la perseveranza, la vigilanza, l’affidamento al Signore, non a caso, dopo la sua morte, si squarcia il velo del tempio, la terra si oscura, avviene un gran terremoto: Gesù nel suo stesso corpo ha registrato gli eventi apocalittici, per questo niente ci deve far più paura.
Possiamo leggere questo capitolo come una grande introduzione alla passione di Cristo e così interpretarlo nel segno di un amore così grande da manifestarsi anche nell’apparente instabilità del cosmo perchè si affermi l’unico vero dominio. Non gli elementi della natura, non l’impero, non Roma, non il tempio di Gerusalemme son destinati all’eterno ma Colui che si è fatto carne nella fragilità di Cristo.
Gesù profetizza usando il linguaggio proprio della letteratura apocalittica che non risparmia all’immaginazione tempi, luoghi e spazi che saranno sovvertiti con clangore. L’apocalittica non ha mai risparmiato sconcerto nei suoi lettori con le possenti visioni rivelatrici del futuro; il libro dell’Apocalisse di Giovanni è un grande atlante d’immagini in cui si recensiscono eventi grandiosi tra la storia, la geografia, la fantasia, dove però l’uomo di ogni tempo può trovare qualche traccia di ciò che vive nella storia perché egli possa ricordarsi che tutto è sottoposto e orientato dalla signoria di Dio sul tempo. E’ una dimensione che evoca la paura dell’uomo, ma in realtà se questi testi sembrano spaventare è perché solo nello spavento si possono apprezzare la grazia e la consolazione di un Dio che si è fatto uomo proprio per insegnare alla nostra piccolezza a non temere il fragore del cosmo. Non è cosa da poco perché, se per noi il cosmo non è una riserva di mistero, nel mondo antico anche il tuono era una divinità da adorare e da temere. Anche in questo senso il Signore Gesù è un liberatore: non vanno temuti e vanno desacralizzati gli eventi catastrofici perché non determinano la storia e non si deve credere a chi, fondandosi sulla Sua memoria, pretende di interpretarli arrogandosi letture di fondo e sbizzarrendosi sull’approssimarsi dei tempi ultimi, cosa purtroppo attuale fuori della Chiesa ma anche ai suoi confini.
Una pagina del Padre Gesuita Armido Rizzi può aiutarci a meglio comprendere questi passaggi del Vangelo di Luca:
L’intreccio tra profezia e apocalittica nella predicazione e azione di Gesù può essere sintetizzato come segue: rendendo presente il regno di Dio e chiamando i contemporanei a prendere posizione, Gesù conosce e testimonia a un tempo la fecondità presente, puntuale e sempre precaria, del Regno, e la sua definitiva e irreversibile attuazione futura.
Il Regno presente in mezzo a noi ha sempre una dimensione di precarietà, il Signore sa che il germe del regno, come il seme della parola lanciata qua e là, a volte cade su una strada su cui nulla attecchisce, a volte su rovi dove fa fatica, ma può crescere, altre volte laddove germoglia. L’esperienza stessa dei martiri ci dice la precarietà del regno per cui quella sapienza che Gesù assicura in realtà tace e diventa carne ferita e uccisa, ma è proprio nel martirio stesso, in quel gesto d’amore estremo a radicale imitazione di Cristo, che il Regno si manifesta.
Ma questi aspetti che noi isoliamo, per amore e necessità di analisi e di chiarezza concettuale, sembrano per Gesù costituire un’unità salda e non problematica: Più che differenziare i due momenti del Regno come risultanza(presente e futuro), egli afferma la presenzialità del Regno come interpellazione; se Dio bussa alla porta della storia umana con il dono della sua giustizia, si tratta di aprirgli,non di discutere sulle scadenze di consegna del dono.
Concettuale la distinzione fra la dimensione apocalittica, la fragilità del regno presente e l’attuazione futura del Regno: per Gesù e in Gesù tutto confluisce in un’unità salda e non problematica. Il Signore annoda in modo inestricabile presente e futuro e par quasi volere renderlo mistero, si rileva dalla contrapposizione: “Verranno giorni i cui - ma prima metteranno le mani su di voi”, s’intersecano i piani e si confondono le idee.
La domanda fattagli sulla fine dei tempi non ottiene risposta né deve da noi esigerla. Intuito che la parola di Gesù porta frammenti di amore, di giustizia, di perdono, di carità, di senso, di speranza, va accolta e testimoniata senza pretendere altro, senza chiedergli quando, in una tensione a cui solo la veglia predispone: “Vegliate”, ha detto il poeta.
In questo senso Gesù è fondamentalmente profeta: parla in nome di Dio e a partire da Dio; può anche eventualmente supporre che la fine del mondo sia vicina, ma ciò che gli preme non sono le scadenze bensì la loro qualità: che esse siano sotto il segno della volontà di grazia e non della collera di Dio. E’ alla luce di questa vocazione profetica di Gesù che vogliamo ora sostare per rileggere alcune sfaccettature della sua parola e della sua presenza.
Non interessa più la domanda su quando tutto accadrà, è la qualità l’aspetto essenziale di questo reciproco manifestarsi del Regno da parte di Dio e da parte nostra nella misura in cui lo accogliamo. Per questo il Signore dice:
Luca 21, 25-28 “25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.27Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.
I versetti danno il senso di un’inimmaginabile vocazione alla libertà che torna a essere il tema centrale. Il Regno di Dio si manifesterà sotto il segno della Grazia, non della collera, atteggiamento irrazionale e capriccioso dell’uomo, che non è un sentimento di Dio. Egli ha una volontà di grazia e una sua ragionevolezza nella pedagogia della storia, è questo il motivo per cui anche i segni estremi e i momenti più dolorosi, letti e vissuti nella fede, come eventi mai voluti e mandati da Dio, possono essere vissuti con obbedienza e disponibilità. Ci fidiamo di un Dio non collerico che ha una volontà di salvezza per ciascuno di noi; la malattia e la morte sono nemiche del progetto di Dio sull’uomo e quello che Lui ci dona è lo Spirito Santo per accettare malattia e morte con l’abbandono fiducioso insegnatoci dal Signore Gesù.
La signoria di grazia di Dio sugli elementi, sul cosmo, sul peccato dell’uomo, sulla nostra irrazionalità, tutto orienta nella direzione del bene; sta a noi, attraverso la fede, l’abbandono, la perseveranza, riconoscere e percorrere il sentiero arduo e difficile tracciato da Cristo per anticipare il bagliore del Regno sulla penombra nei nostri giorni.

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