Intervista di Renzo Montagnoli a Mohamed Ghonim per Colombe raggomitolate, edito da Fara.
Devo dire che il titolo mi ha incuriosito, perché supponevo che servisse a rappresentare qualche cosa e non mi sono sbagliato. La lettura, peraltro, è stata piacevolissima, tanto che nella mia recensione ho scritto della docile forza con cui lei canta della vita. In effetti i suoi versi sono pervasi da una grazia delicata, soffusa, ma non sono incerti, anzi fluiscono determinati mirando diritti allo scopo rendendo partecipe il lettore. Ho anche rilevato che questo si inserisce nell’ambito della poesia araba che, soprattutto in un passato non recente, ha avuto dei grandi artisti. Che cosa l’ha spinta a scrivere poesie?
Scrivere corrisponde al respiro; tessere il filo del fuso tra me e gli “altri” per annientare il nulla… perché ho da dire parole che meritano di essere lette…scrivo perché ci sono alcune anime al di là della sponda che attendono i miei versi.
L’essere figlio di tre civiltà; l’esperienza teatrale; i racconti di mio padre come nelle tradizioni orali arabe;ed un amore platonico adolescenziale costituiscono il primo passo fondamentale per l’avvicinamento ad un mondo poetico-letterario.
La civiltà faraonica è quella che costruisce, che erige, ed è quella che ha strutturato la mia corazza esteriore;quella islamica è quella che mi ha costruito interiormente (mio padre mi assillava sempre di pensare… e il primo insegnamento dell’islam è “leggi”).
C’è stato un momento, da ragazzo, che l’avvicinarsi all’esperienza teatrale ha costituito, per me, un passo determinante per il percorso della mia vita e dove inconsapevolmente la lettura e la riflessione hanno costituito l’inizio di un incessante cammino verso il linguaggio poetico-teatrale e letterario sconfinato.
L’amore per la scrittura e per il profumo dell’inchiostro ha fatto sì che il mio bagaglio culturale iniziasse ad espandersi e che il viaggio nella memoria accrescesse; successivamente ho seguito la redazione del giornale scolastico ”La cultura” e mi sono appassionato alla lettura, è così che avviene l’incontro tra cultura occidentale e quella orientale.
L’ avvicinamento alla scrittura avviene dopo tutto ciò, quando ho vissuto un amore adolescenziale platonico che ha reso necessario vivere questa forma d’amore sublimata attraverso delle lettere nelle quali esprimevo le mie sensazioni, i miei sentimenti solo e soltanto attraverso i miei scritti.
Un amore che escludeva la mera dimensione sessuale e che quindi mi ha obbligato a viaggiare dentro me stesso; tutte quelle forze contraddittorie dentro di me mi hanno portato alla conoscenza di un livello d’amore superiore, sublime, che mi ha dato la possibilità di addentrarmi nella filosofia stessa.
È possibile dire, quindi, che si comunica tramite la poesia, ma anche che è il mezzo per esplorare se stessi, per entrare nell’anima, passo dopo passo, per cercare di arrivare all’Assoluto. Oggi più di ieri la poesia, non avendo uno sbocco commerciale uguale alla narrativa, viene considerata una forma espressiva secondaria, anche se invece è il contrario. È una caratteristica questa del mondo occidentale, oppure interessa, vista la globalizzazione, anche il mondo arabo?
Come sappiamo nelle culture orali, il poeta era il detentore del sapere, perché con la poesia si metteva in opera uno sforzo mnemonico per convogliare e trasmettere un patrimonio culturale della comunità. Con il passare degli anni c’è stata una trasformazione sia del concetto di poesia che della figura stessa del poeta; infatti già dal Settecento la letteratura e la poesia assumono una funzione estetica e nasce il concetto del “gusto” ma con il tempo c’è stata una svalutazione del poeta…
In questo periodo la poesia già come prodotto non si vende, né in occidente né a oriente; ciò accadrà solo nel corso del Novecento dove verrà accompagnata dalla musica. Gli studiosi di documenti e arte antica asseriscono ora la superiorità della poesia vista come conoscenza di se stessi, di saggezza, di filosofia e di passaggi ripetuti dalla realtà all’immaginazione e viceversa. Detto questo mi piace ricordare che il Premio Nobel Montale fece un discorso mentre ritirava il premio, sulla tesi che “solo la poesia conserva quello che il progresso distrugge.” Il problema sostanziale oggi è che come mezzo di comunicazione per diffondere certi valori, la poesia non è molto efficace anche perché le tecniche comunicative si sono evolute, abbracciando un mondo informatico come quello di Internet con annessi e connessi… I mezzi di comunicazione producono infine se vogliamo essere precisi ciò che i possessori di tali mezzi gli consentono. I possessori dei mass-media hanno degli interessi precisi a diffondere dei miti che si identificano in un’ideologia consumistica.
“Lo stomaco degli uomini di ieri riusciva a digerire ogni tipo di cibo grasso, mentre quello di ora è malsano ed ha difficoltà a digerire il cibo sgrassato; questo è accaduto al nostro cervello” perciò abbiamo l’alienazione dell’uomo da se stesso che ha indebolito la sua memoria, l’uomo di oggi non riesce a masticare e ad assimilare più niente ed è qui che entra in gioco la figura del poeta che con il suo linguaggio, con i suoi contenuti, con la sua sensibilità intellettiva cerca di creare un’apertura mentale.
Credo che il poeta arabo come in altre epoche possa ancora dare un apporto spirituale ed ideologico.
Per quanto riguarda il mondo culturale arabo, in sintesi, si può affermare che anche lì i romanzi hanno raggiunto in meno di un secolo quello che nessun genere letterario ha raggiunto e corre oggi parallelo alla cultura poetica. Per quanto riguarda la poesia possiamo confermare la sua solida tradizione antica di un certo spessore; trasposizione di una “voce” individuale molto importante e frutto di una incalzante prosperità come è sempre stato da millenni.
(Oggi anche nei paesi arabi il romanzo è il genere più richiesto).
Concordo senz’altro su quanto ha risposto in ordine alla chiusura mentale dell’uomo moderno e alla funzione essenziale della poesia. Ora passo al suo libro, a Colombe raggomitolate, che mi ha piacevolmente sorpreso. Infatti, in due delle tre sillogi che lo compongono, si respira un’aria di primavera, una gioia di vivere positivamente contagiosa. Viceversa le poesie dei migranti sono un richiamo a una realtà sofferente, vista comunque con un senso di profonda pietà. Ho notato, fra l’altro, un variare di forme espressive non comune (basti pensare al dialogo de Il mio canto), ma soprattutto mi hanno colpito le allegorie, così indovinate e veramente di grande effetto presenti nella piccola silloge La donna. Sono frutto di un erotismo trascendente, di una quasi divinizzazione del soggetto femminile, con quei seni visti come colombe raggomitolate.
E allora arrivo alla domanda: che cosa rappresenta la donna per Ghonim?
La maggior parte dei poeti islamici ha fatto sempre più uso dell’allegoria indebolendo la propria pietà, la misericordia e accrescendo i dissensi, usata con un risultato immediato ed evidente per tutti, come vediamo nelle poesie di Ibn al Farid, di ibn Arabi, di el Khayyam, per quello che non è evidente, solo un filosofo come Al Ghazali e chi come lui reinterpreta le allegorie possono oltrepassarne il significato servendosi delle dimostrazioni.
Anche nelle mie poesie sulla donna, il suo sguardo acuto ne ha sottolineato la divinazione perché io la interpreto non come una mera figura corporea ma come una allegoria, una metafora, una sublimazione di quello che ella rappresenta con la sua presenza fisica…
La vita è articolata fra due estremi come il giorno e la notte, il bene e il male, la vita e la morte, l’anima e il corpo, la terra e il cielo… La Terra non vive senza il sole come il fiume non scorre senza acqua… È un cammino di amore e di sofferenza .. È un cammino di ritmo e melodie e di sogni. Un immenso viaggio notturno nella pacatezza del suo incantesimo.
.. Lei (la donna) è come una mela sospesa tra il cielo e la terra, ogni qualvolta mi avvicino sono ancora troppo lontano..quindi provo nuovamente ad avvicinarmi, ma scopro che il suo segreto è l’essere sospesa in questa dimensione per la continuità della vita e per una costante e ininterrotta ricerca.
Le donne sono il medicamento e la malattia, una cura per le ferite .. una malattia che a volte è inevitabile...
Costituiscono il cammino verso me stesso; per conoscermi meglio devo intraprendere un cammino introspettivo attraverso di essa e indirizzarmi verso la sua soglia da attraversare, anche per raggiungere una conoscenza universale.
Per questi motivi considero la donna più che un corpo; è una profondità, un’essenza, è l’esistenza stessa e rappresenta il perno, il punto focale che costituisce nella mia ricerca un punto di partenza.
Molto belle queste sue parole e devo dire che mi trovano concorde, perché anch’io vedo la donna come lei l’ha descritta. Ha citato dei poeti arabi, peraltro da me non conosciuti, ma non è un caso, perché generalmente la cultura occidentale ha scarsa attenzione per voci che non siano locali. Questo riferimento ad altri autori mi ispira una domanda. Considerato che anche in poesia per scriverne è indispensabile averne lette, quali sono i poeti che più l’hanno influenzata e che hanno contribuito alla sua formazione artistica?
(… sono cadute parole diverse
che portano il significato della fertilità
ma pareti resistenti le ostacolano
involucri d' ogni specie le velano
perché non tolgano la ruggine
dal petto della ragione.) da “La pioggia”
C’è veramente una scarsa attenzione verso le voci di altre culture, come giustamente lei afferma e sente a differenza, invece, e parlo per esperienza personale, di quello che si respira in altri luoghi dove Dante, Ariosto, Boccaccio, Shakespeare, Goethe, Petrarca, Kafka, Machiavelli, Voltaire sono punti chiave dello studio della letteratura; si figuri che io già nel corso della scuola primaria ho rappresentato delle opere di Pirandello che conoscevo a memoria. Questo per quanto riguarda alcuni tra gli innumerevoli autori occidentali; d’altro canto ci sono i poeti e direi con la p maiuscola, arabi, poeti e scrittori, grandi letterati che, come Abu Tayyib Mutanabbi, Ahmed Shawqi chiamato “il principe dei poeti” che introduce il genere della poesia epica alla tradizione della letteratura araba (uno dei più importanti del ventesimo secolo), Hafez Ibrahim, Nizar Quabbani, Adonis, e poi i classici Gibran Khalil Gibran, Ahmed Rami (i suoi testi sono stati cantati dalla voce melodiosa della più famosa cantante araba di tutti i tempi, Omm Kalthum) e un’infinità che non basterebbe un’enciclopedia intera per raccoglierli tutti.
Le caratteristiche del villaggio dove sono nato (il contatto con la natura, la quiete, il mare, la genuinità della gente del posto), l’esperienza teatrale giovanile e le innumerevoli letture hanno creato dentro di me un’impronta personale, un mio stile che riassume il mio vissuto.
Ecco, a noi occidentali manca in genere la conoscenza dei numerosi poeti arabi, fatta eccezione per Khalil Gibran. E’ un difetto questo, una presunzione di maggiore capacità che rifiuta il confronto. Comunque ora arrivo all’ultima domanda che, per certi aspetti, è la più difficile. Quando si viene intervistati c’è sempre qualche argomento che interessa di più. Quante volte l’intervistato si dice “Magari mi rivolgesse questa domanda…”.
Quel che le chiedo è semplice: quale è la domanda che le piacerebbe le fosse rivolta? Sono sicuro che c’è e allora la prego di formularla e di fornire la relativa risposta.
Qual è il contenuto della silloge?
La Ricerca del contenuto della silloge Colombe raggomitolate corrisponde alla ricerca di un senso che riassume la condizione umana sulla faccia della terra. Colombe raggomitolate o più precisamente “contratte” perché quello che scorge l’umano sono le immagini inquietanti che ci colpiscono e ne feriscono l’animo; come le lacrime delle madri e l’urlo dei bambini che piangono in silenzio e che fanno tremare la roccia ma non intaccano i sentimenti umani di quelli che trasformano la vita in un inferno. Questo è lo stimolo che mi spinge a cercare le “mie colombe” raggomitolate a causa del timore e del panico per la perdita di tutti i bei significati della vita;quelli che sollevano l’umanità in un’atmosfera eterea e in un concerto sottile e melodioso che è costituito dal linguaggio universale della natura preludio di una suggestiva immagine di colombe che svolazzano in cielo in pace e in libertà.
In una lirica contenuta vi è un urlo verso mia madre per farle aprire uno spazio nel suo petto e farmi avvolgere dal suo polso caldo, dopo che tanti cuori si sono assopiti ;
chiedo anche al petto di estendersi ad ogni labbra per far sorsare amore; le unghie che strofinano piacevolmente;le gambe che mi conducono in una patria dove non trovo amore o dove lo semino per raccogliere i suoi frutti; trasporto le mie speranze e i miei sogni ovunque, per dialogare con qualunque uomo ci sia.
Dunque ho cercato di trovare una via percorribile da tutti per unire i nostri punti di vista e intrecciarli verso un unico obbiettivo dal quale rimuovere le maschere della falsità.
Grazie, Sig. Ghonim, per l’interessante colloquio e per la disponibilità che mi ha riservato. La saluto con un arrivederci alla prossima raccolta poetica che sono certo è nei suoi programmi.
Colombe raggomitolate
di Mohamed Ghonim
Introduzione di Alessandro Ramberti
Fara Editore
Poesie raccolta
Collana TerrEmerse
Pagg. 66
ISBN: 9788887808568
Prezzo: € 7,00
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