martedì 15 gennaio 2008

GUIDO CAGNACCI FRA SACRO E PROFANO

in mostra dal 20 gennaio al 22 giugno 2008
al Museo San Domenico - Piazza Guido da Montefeltro – Forlì

(servizio a cura di Davide Argnani)



(Guido Cagnacci: Cleopatra, part.)

GUIDO CAGNACCI (Santarcangelo di Romagna 1601 – Vienna 1663)

Perché porre il Nostro fra MICHELANGELO MERISI detto il CARAVAGGIO (Caravaggio (?) 1571, Porto Ercole-Grosseto, 1610) e GUIDO RENI (Calvenzano di Vergato, Bologna, 1575-Bologna 1642)? Guido Cagnacci nasce a Santarcanelo di Romagna nel 1601(l’anno dopo che il poeta Giovan Battista Marino viene incarcerato¹ a Napoli per falso in atto pubblico), e muore a Vienna nel 1663, quando in Italia incominciano nuove avventure e nuove conquiste grazie al metodo scientifico di Galilei, alla rinnovata indagine storica del Muratori e alle mutate interpretazioni dei fatti umani a opera del Vico… In mezzo a questo contesto il Cagnacci ci sta bene in quanto è uomo del suo tempo e genio innovatore dell’arte.
Tra il neoraffaellismo, se così si può dire, e un’ispirazione nettamente classica di Guido Reni e la lezione rivoluzionaria, antimanieristica di Michelangelo Caravaggio, il romagnolo-santarcangiolese Guido Cagnacci trova una strada tutta sua. Giovane focoso, ama la vita e le donne, soprattutto l’arte sacra e la pittura sono la sua vita, e le donne la sua ispirazione, poetica e carnosa. Guardando le sue opere questo è il primo pensiero che ci viene in testa. E come poteva non amare le donne con sì perfette modelle? Madonne dalla materia viva e dalle forme ben sode su sfondi alati di intenso turchino che anche al poeta maledetto Giambattista Marino scatenavano nei suoi versi una contemplata “guerra di baci”:

“Feritevi, ferite,
viperette mordaci,
dolci guerriere ardite
del Diletto e d’Amor, bocche sagaci!
Saettatevi pur, vibrate ardenti
l’armi vostre pungenti!
Ma le morti sien vite,
ma le guerre sien paci,
sien saette la lingua e piaghe i baci.”¹



(Guido Cagnacci: Lucrezia, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. 6590)

Muse fitte nell’azzurro, sensuali, lucenti e beate, ma che fanno soffrire di grande tensione l’uomo e l’artista che non mancherà mai di rincorrere la “beltà crudele” così ben incisa nelle sue numerose opere pittoriche, a simbolo di una assoluta e delicata visione sacra dell’immenso.
La vivacità maliziosa, la ricerca di grazia, la morbida letizia del colore si placano nei ritratti in cui il linguaggio si è fatto più plastico e l’immagine sublime poesia, come direbbe il poeta conterraneo Raffaello Baldini: “la pèla féina cmè la sàida, / i cavéll cmè ch’ la fóss sémpra scavcèda” (la pelle fina come la seta,/i capelli come fossero sempre spettinata…(da E’ solitari).
Ecco insomma la Maddalena portata in cielo con grazia e intensa passione spirituale come una maestosa signora, la Sgnòura della Colleggiata baldiniana che

“L’è stè sempra una sgnòura, fina tl’eultum,
la dmènga, quant la avnéva
a la mèssa dagli óngg tla Colegèta,
dop, te scapè, la tuléva una vtéura,
la piò granda, la Lancia ad Rosolino,
ch’u la tnéva cmè un spèc…”

(È stata sempre una signora, fino all’ultimo,/la domenica, quando veniva/alla messa delle undici nella Collegiata,/dopo, all’uscita, prendeva una vettura di piazza,/la più grande, la Lancia di Rosolino,/che la teneva come uno specchio…” (da La nàiva) e che possiamo paragonare ai calessi o alle carrozze dei signori ai tempi del Cagnacci.
Per l’artista del ’600 vige ancora la tradizione arcaica del rito sacro dell’immagine rivolta al cielo e non ancora quella rudimentale e realistica del mondo terreno. Non esiste la pubblicità di massa e l’Autorità del tempo ricorre ai colori e ai segni di pittori e scultori per diffondere al popolo l’immagine sacra del potere. Il ribelle Cagnacci non viene censurato dalla Chiesa ma dal 1644 circa, gli verrà rifiutata ogni committenza ecclesiastica. Da allora la sua vita non avrà più pace e dovrà nascondersi prima a Venezia e poi a Vienna e la propria fortuna terrena si salverà grazie alla bellezza della sua arte profana e sacra allo stesso tempo, così ben descritta dal critico Antonio Paolucci, curatore della mostra insieme a Daniele Benati: “…Venerata religione, estasi mistica, concitata eloquenza, malinconico e compulsivo erotismo, percezione della fatalità della storia, violenza e dramma nelle umane passioni. Ecco ciò che occupa i quadri di Cagnacci. Questo universo magmatico, tumultuoso e già moderno, nessuno come lui, nel suo secolo, è riuscito a metterlo in figura.”. Segnale indiscusso di un genio provocatore delle nuove e future espressioni artistiche. Anche se nel suo tempo l’arte è ancora legata e ispirata solo alla sacralità religiosa, l’artista sfugge alle regole e va a interpretare il fascino sacro secondo ispirazione, sentimento e idee proprie, avviso di nuovi cambiamenti dell’arte futura. Insomma, come scrive Daniele Benati: “GUIDO CAGNACCI è una delle personalità più affascinanti e misteriose del Seicento italiano.” e prendendo in prestito altri versi di Giovambattista Marino possiamo proprio dire che

“… è del poeta in fin la meraviglia,
parlo dell’eccellente e non del goffo,
chi non sa far stupir, vada alla striglia!”

(¹) (Ps: numerose opere di Giovan Battista (o Giovambattista) Marino, per esempio I baci, dal 1624, l’anno prima della sua scomparsa, fino al 1966 sono risultate messe all’Indice dalla Chiesa; si veda Libri Proibiti di Benito La Mantia e Gabriella Cucca, Stampa Alternativa, Viterbo 2007)



Guido Cagnacci: Gloria di San Mercuriale
Forlì, Pinacoteca Civica


IL MUSEO SAN DOMENICO
L’esposizione “Guido Cagnacci. Protagonista del Seicento tra Caravaggio e Reni”, è organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì. È collocata all’interno del complesso monumentale del San Domenico (nuova sede della Pinacoteca e dei Musei Civici) dove già si sono tenute le precedenti esposizioni dedicate a “Marco Palmezzano. Il Rinascimento nelle Romagne” e a “Silvestro Lega. I Macchiaioli e il Quattrocento”. La costruzione del primo nucleo del San Domenico risale al XIII Secolo, allorché i domenicani provenienti dalla grandiosa casa bolognese vi si installarono per diffondersi in tutte le Romagne.
Le trasformazioni e le aggiunte compiute nel Rinascimento, e poi completate definitivamente agli inizi del XVIII Secolo, ne hanno modificato l’impianto originale, accrescendone la monumentalità. Il complesso monumentale, formato dalla chiesa (in fase di restauro) e dal convento articolato su due chiostri, inaugurato dopo il restauro del dicembre 2005, ritorna oggi all’antico splendore. E la mostra di GUIDO CAGNACCI sarà, per l’ennesima volta, ottima occasione per goderne la visione in un’atmosfera magica e così ben illuminata dalle opere di un verro maestro dell’arte del Seicento italiano, anzi romagnolo di Santarcangelo di Romagna e artista di singolare valenza europea.

La Mostra è posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, ed è organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì

Per informazioni: Mostra Tel: 199.199.111
E-mail: servizi@civita.it
www.guidocagnacci.com


Guido Cagnacci: Gloria di San Valeriano
Forlì, Pinacoteca Civica

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